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Di Matteo in un convegno a Milano: "La mafia non dimentica"

Il primo segnale di revoca della scorta per Antonio Ingroia, avvocato ed ex pm di Palermo, arriva a inizio maggio: una lettera del prefetto di Palermo comunica infatti che - d’accordo con il prefetto di Roma - nei suoi confronti non sussiste più “una concreta e attuale esposizione a pericoli o minacce”. Due giorni dopo - a scriverlo è Il Fatto Quotidiano - ai fatti fanno seguito le parole e per Ingroia si concludono 27 anni di vita perennemente sotto scorta, iniziati all’epoca in cui era il giovane collaboratore di Paolo Borsellino.
Da allora il magistrato si è occupato, tra gli altri processi, di quello sull’uccisione del giornalista Mauro Rostagno, quindi il primo grado a carico dell’ex capo del Sisde Bruno Contrada, il processo a Marcello Dell’Utri (condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa), per poi avviare le indagini sul processo trattativa Stato-mafia, successivamente seguito dai pm Nino Di Matteo, Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, e concluso con le condanne in primo grado per esponenti delle istituzioni (Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno, Marcello Dell’Utri) e boss di Cosa nostra (Leoluca Bagarella e Antonino Cinà). Proprio dai rappresentanti della pubblica accusa al processo - che ha accertato le responsabilità di alcuni degli “attori” di quel dialogo intercorso tra Stato e mafia a cavallo delle stragi - si levano dichiarazioni preoccupate: “La mafia e i potenti che colludono con la mafia non dimenticano” è il commento di Di Matteo durante una manifestazione alla Camera del Lavoro di Milano. “Ci sono personaggi della politica che restano sotto scorta”, aggiunge il sostituto procuratore nazionale antimafia, “e alcuni da anni non hanno più alcun ruolo pubblico. Ingroia invece è lasciato senza protezione”. “La revoca della protezione a Ingroia fa orrore”, aggiunge Del Bene, sottolineando che “possono passare gli anni, ma Cosa Nostra non dimentica”. Per Nando dalla Chiesa, ugualmente ospite all’evento milanese, “sembra che sotto la decisione burocratica di revocare la scorta a Ingroia ci sia una rappresaglia nei confronti di un magistrato che ha dato fastidio”. La scorta dell’ex pm di Palermo era cambiata nel tempo, passando dal secondo livello di rischio al quarto, e fino a maggio consisteva nella protezione da parte di due uomini che lo scortavano in tutti i suoi movimenti.

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Dopo l’effettiva revoca della scorta, il 16 maggio Ingroia scrive a Marco Minniti, allora ministro dell’Interno, e a Franco Gabrielli, capo della Polizia. Affinché rimanga traccia, pur non contestando la scelta degli organi competenti, della sua sorpresa e del dissenso nei confronti di una decisione che non tiene conto dei pericoli che, precisa Ingroia, sono ancora presenti. E il passato del magistrato, per Cosa nostra, non viene dimenticato. Fu lui, insieme all’attuale procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, a indagare sui “Sistemi criminali” (inchiesta poi archiviata) e sulle connivenze tra mafia, politica e ambienti deviati dei servizi segreti e della massoneria che già all’epoca aprirono uno squarcio sul livello di penetrazione di Cosa nostra nel mondo del potere. Poi ci furono le indagini sulla trattativa tra Stato e mafia, che lo scorso 20 aprile hanno portato alle condanne in primo grado per uomini delle istituzioni e di Cosa nostra. Totò Riina stesso, intercettato in carcere, definiva Ingroia “il re dei cornuti”. E nel 2015 il collaboratore di giustizia Carmelo D’Amico, al processo trattativa, aveva parlato senza mezzi termini di un progetto di attentato contro Ingroia e Di Matteo: “Era stabilito che il dottor Di Matteo doveva morire - aveva dichiarato - Rotolo mi ha raccontato che i servizi segreti volevano morto prima il dottor Ingroia, poi non ci sono riusciti. Per questa cosa avevano mandato l’ambasciata a Provenzano, ma Provenzano non voleva più le bombe, quindi Ingroia e Di Matteo dovevamo morire con un agguato e non con le bombe”.
Ma ancora prima il pentito Marco Marino aveva raccontato che nel 2011 Cosa nostra e la 'Ndrangheta stavano preparando un attentato per uccidere Ingroia - che all’epoca stava portando avanti proprio le indagini sulla trattativa Stato-mafia - con venti chili di esplosivo. Il racconto di Marino fu ascoltato da Giuseppe Lombardo, oggi procuratore aggiunto di Reggio Calabria e colui che attualmente rappresenta la pubblica accusa al processo “’Ndrangheta stragista”, al centro del quale ruotano i rapporti tra mafia siciliana e calabrese per l’organizzazione degli attentati contro i Carabinieri nel 1994. Proprio per l’uccisione degli appuntati Antonino Fava e Vincenzo Garofalo Ingroia, oggi, è avvocato di parte civile. A riprova che non è solo il passato a costituire un rischio per l’ex pm di Palermo.
Il 4 giugno Ingroia manda poi un’ulteriore lettera al neo ministro dell’Interno, Matteo Salvini, alla quale fa seguito una seconda missiva, datata 21 giugno, indirizzata anche al sottosegretario M5s Carlo Sibilla, chiedendo di poter fornire personalmente delle spiegazioni. Alle lettere, però, non fa seguito alcuna risposta, se non si conta la “controproposta” di una “protezione di vigilanza dinamica a orari convenuti” che comporterebbe, dietro comunicazione via email degli orari degli spostamenti, una macchina della polizia sotto casa dell’ex pm quando Ingroia esce di casa. Un tipo di protezione che resta privo di una reale efficacia di fronte a rischi elevati. E a sostenerlo è anche lo stesso ex pm: “Due giorni fa mi hanno comunicato che il comitato per l'ordine e la sicurezza di Palermo ha deciso una forma di vigilanza, che ritengo abbastanza inutile. Quando esco da casa, verrà una volante a fare un controllo, poi andrò via da solo. E i mafiosi saranno liberi di muoversi. Dopo 27 anni di vita sotto scorta e di pesanti condanne ottenute per i boss mi tocca questo. Ma non sono preoccupato - dice ancora Ingroia - tutte le mie preoccupazioni le ho però espresse nella lettera che adesso ho inviato anche al nuovo ministro dell’interno Salvini”.

La redazione di ANTIMAFIADuemila esprime ad Antonio Ingroia la più completa solidarietà, auspicando una rapida ripristinazione della scorta affinchè non vengano dati ulteriori segnali di isolamento.

Foto © Imagoeconomica

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