Striscione di Scorta civica nei pressi della stele di Capaci
di AMDuemila
“Presidente, chi ha finanziato la mafia non può essere gradito al Quirinale”. E’ questo il testo di uno striscione apparso nella notte su un cavalcavia a pochi metri dalla stele di Capaci che ricorda la strage del 23 maggio in cui persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo ed i tre agenti di scorta (Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo). Un messaggio, appeso da alcuni membri di Scorta civica, rivolto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che chiaramente fa riferimento a Silvio Berlusconi, già pregiudicato dopo la condanna in via definitiva a quattro anni (di cui tre condonati dall'indulto) per frode fiscale nel processo Mediaset. In questi giorni il Capo dello Stato è impegnato nelle consultazioni per il nuovo governo e già ha ricevuto anche l’ex premier. Berlusconi, ad oggi, non è mai stato condannato per mafia e più volte in questi anni ha sempre ribadito di non aver “mai pagato Cosa nostra” e che le indagini nei suoi confronti, sui legami con l’organizzazione criminale, sono sempre state archiviate.
Scorta civica però, con questo messaggio, ha voluto ricordare quanto sancito nella sentenza che ha condannato Marcello Dell’Utri, il suo braccio destro, a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. I giudici definiscono l’ex senatore come il garante “decisivo” dell’accordo tra Berlusconi e Cosa nostra e “la sistematicità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro da Marcello Dell’Utri a Gaetano Cinà sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all’accordo al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di Cosa nostra”. La Suprema corte ricorda che il “perdurante rapporto di Dell’Utri con l’associazione mafiosa anche nel periodo in cui lavorava per Filippo Rapisarda e la sua costante proiezione verso gli interessi dell’amico imprenditore Berlusconi veniva logicamente desunto dai giudici territoriali anche dall’incontro, avvenuto nei primi mesi del 1980, a Parigi, tra l’imputato, Bontade e Teresi, incontro nel corso del quale Dell’Utri chiedeva ai due esponenti mafiosi 20 miliardi di lire per l’acquisto di film per Canale 5".
La Suprema corte parla dunque di un “patto di protezione andato avanti senza interruzioni”. Dell’Utri garantì “la continuità dei pagamenti di Silvio Berlusconi in favore degli esponenti dell’associazione mafiosa, in cambio della complessiva protezione da questa accordata all’imprenditore”. Insomma lo storico braccio destro di Berlusconi si ritrovò a svolgere un ruolo di “rilievo per entrambe le parti: l’associazione mafiosa, che traeva un costante canale di significativo arricchimento; l’imprenditore Berlusconi, interessato a preservare la sua sfera di sicurezza personale ed economica”.
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