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Operazione congiunta tra Roma e Messina
di AMDuemila
Due vere e proprie associazioni a delinquere dedite alla frode fiscale, reati contro la pubblica amministrazione e corruzione in atti giudiziari sono quelle scoperta dai magistrati di Roma e Messina che hanno ordinato l'arresto di 15 persone, tra cui l'ex pm di Siracusa Giancarlo Longo (in foto), gli avvocati siracusani Piero Amara e Giuseppe Calafiore e gli imprenditori Fabrizio Centofanti ed Enzo Bigotti, quest'ultimo già coinvolto nel caso Consip.
Le due indagini, scrivono in una nota congiunta le due procure, “hanno preso le mosse da distinti input investigativi convergendo sull'operatività dei due sodalizi criminali, consentendo la ricostruzione di ipotesi di bancarotta fraudolenta da parte di soggetti non riconducibili alla struttura delle organizzazioni”. In particolare il gip di Roma ha emesso misure cautelari personali oltre che per Amara, Centofanti e Bigotti anche per Luciano Caruso. Alcuni nomi, in particolare quello di Amara e Centofanti, compaiono anche nell'ordinanza emessa dal gip di Messina che ha disposto il carcere per Longo chiedendo l'applicazione di misure cautelari anche per Alessandro Ferraro, Giuseppe Guastella, Davide Venezia, Mauro Verace, Salvatore Maria Pace, Gianluca De Micheli, Vincenzo Naso, Francesco Perricone e Sebastiano Miano.

Il magistrato arrestato
Gli inquirenti hanno scoperto come l’ex pm di Siracusa Longo, accusato di associazione a delinquere, corruzione e falso, per anni avrebbe messo a disposizione la sua funzione giudiziale, in cambio di soldi, per aiutare i clienti dei due avvocati siracusani. I magistrati che ne hanno chiesto l'arresto parlano di "mercificazione della funzione giudiziaria". E aggiungono: "Longo usava le prerogative a lui attribuite dall'ordinamento per curare interessi particolaristici e personali di terzi soggetti dietro remunerazione. Tali condotte vengono riscontrate a partire dal 2013 e perdurano sino ai primi mesi del 2017". I metodi usati da Longo sarebbero stati tre: creazione di fascicoli "specchio", che il magistrato "si auto-assegnava - spiegano i pm che hanno condotto l'inchiesta - al solo scopo di monitorare ulteriori fascicoli di indagine assegnati ad altri colleghi (e di potenziale interesse per alcuni clienti rilevanti degli avvocati Calafiore e Amara), legittimando così la richiesta di copia di atti altrui, o di riunione di procedimenti; fascicoli "minaccia", in cui "finivano per essere iscritti - con chiara finalità concussiva - soggetti 'ostili' agli interessi di alcuni clienti di Calafiore e fascicoli "sponda", che venivano tenuti in vita "al solo scopo di creare una mera legittimazione formale al conferimento di incarichi consulenziali (spesso, radicalmente inconducenti rispetto a quello che dovrebbe essere l'oggetto dell'indagine), il cui reale scopo era servire gli interessi dei clienti di Calafiore e Amara".
Inoltre il giudice evidenzia che “a gravità delle condotte da lui (Longo) poste in essere in qualità di pubblico ufficiale che svendeva la propria funzione, concorreva alla redazione di atti pubblici ideologicamente falsi, si faceva corruttore di altri pubblici ufficiali, con piena accettazione da parte degli stessi, che venivano per giunta da lui remunerati con soldi pubblici, intratteneva una rete di rapporti dall'origine oscura e privi di apparente ragion di essere oltre che, in certi casi, contraria ai più elementari principi di opportunità, depone nel senso della assoluta insufficienza a contenere il pericolo di reiterazioni criminosa attraverso misure diverse e meno afflittive della custodia cautelare in carcere".

Fonte ANSA

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