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carabinieri marescialli 610 effI marescialli che denunciarono gli ostacoli nella ricerca dei boss latitanti
di AMDuemila
E' stato rinviato al prossimo 6 dicembre il processo per i marescialli Saverio Masi e Salvatore Fiducia, accusati di aver calunniato gli ufficiali dell'Arma Gianmarco Sottili, Francesco Gosciu, Michele Miulli, Fabio Ottaviani, Gianluca Valerio e Biagio Bertodi. Dopo che il gip Vittorio Alcamo respinse la richiesta di archiviazione, decidendo per l'imputazione coatta, i due imputati erano stati chiamati a comparire davanti al gup Lorenzo Iannelli. Si è però dovuti procedere al rinvio poiché Fiducia ha scelto un nuovo avvocato, l'ex pm Antonio Ingroia, al posto del precedente legale Giorgio Carta. Ingroia ha quindi chiesto un termine per lo studio del fascicolo processuale, che ha determinato la necessità di fissare una nuova data per l'udienza.
I due marescialli raccontarono di essere stati ostacolati nella ricerca dei boss Bernardo Provenzano – poi arrestato l'11 aprile 2006 – e Matteo Messina Denaro. Tra i vari episodi raccontati da Masi, il maresciallo aveva parlato degli appostamenti in un casolare per individuare Provenzano, nella disponibilità di alcuni soggetti ritenuti vicini al boss corleonese, spiegando il suo intento di mettere sotto osservazione l'edificio con una telecamera. Cosa che non sarebbe stata permessa e in seguito, quando l'inchiesta fu portata avanti insieme al Ros, non si riuscì nemmeno a piazzare delle microspie. Mentre in un'altra occasione, sempre prima dell'arresto di Provenzano, un capitano dei Carabinieri avrebbe detto a Masi di non insistere sulla cattura del boss di Corleone. Da parte sua, Fiducia aveva poi dichiarato di aver presentato, nell'ambito delle indagini su Provenzano e Messina Denaro ma in un filone investigativo separato da quello del maresciallo, più di una relazione poi ignorata o depistata. Gli episodi di cui aveva parlato risalgono al periodo tra il 2001 e il 2004 quando, a un passo dalla cattura di "Binnu", avrebbe ricevuto inspiegabili ordini di non proseguire le indagini. Ordini che il luogotenente si sarebbe sentito ripetere nel 2011, quando era impegnato nella ricerca del covo del boss latitante Messina Denaro.

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