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lombardo longaro c rita rossidi Francesca Mondin - Foto
Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani. Sono voci distinte ma unite nell'impegno e nella memoria, quelle che leggono e chiamano questi uomini e donne i cui nomi sono impressi nel marmo del Reparto Scorte e Tutela della Caserma Lungaro. E' in quel corridoio in cui passarono quegli stessi uomini e donne prima dell'ultimo servizio che, cittadini, forze dell'ordine e famigliari di vittime di mafia si sono uniti in un abbraccio comune per “fare memoria assieme”. Un'azione che richiede, come ha detto il presidente del Siap (Sindacato italiano appartenenti polizia) Luigi Lombardo, “l'impegno di ognuno di noi, verso orizzonti comuni, così da riuscire finalmente a fare giustizia assieme”. E' questo il significato che ha avvolto l'evento svoltosi a Caserma Lungaro questa mattina in memoria dei 25 anni passati dalla strage di via d'Amelio.



Anni dolorosi e difficili per Salvatore Borsellino, Giuseppa Catalano, Luciano Traina, Vincenzo Agostino e la moglie presenti stamani assieme ad altri famigliari di vittime di mafia, che ancora non hanno avuto risposte definitive sulla morte dei loro cari. “25 anni in cui alcuni signori al potere ci hanno torturato con promesse senza darci poi alcun risultato” ha detto Luciano Traina, agente e fratello di Claudio, costringendoci “a sentire tanti silenzi o non ricordo”. Anni nei quali si è cercato di capire come mai, ad esempio, “dopo la strage di Capaci non è stato fatto nulla per proteggere Borsellino – ha detto Antonino Vullo, l'unico agente sopravvissuto alla strage. “Eravamo coscienti che Borsellino era solo e isolato ma eravamo contenti di stare con lui” ha aggiunto Vullo, e con la consapevolezza di “non avere gli strumenti per difendere il proprio protetto, oggi come allora” sono andati incontro alla morte. “Pronti a sacrificare la vita per servire lo Stato” ha evidenziato Salvatore Borsellino sottolineando l'amarezza di scoprire poi che “pezzi deviati dello Stato hanno partecipato alle stragi”. Da una parte ombre di collusioni e dall'altra persone tanto innamorate della vita da sacrificarla per quella degli altri. E' questo il forte contrasto che sembra racchiudersi nella parola Stato. Una parola che Giuseppe Antoci ha riscattato sottolineando che “lo Stato vero è quello rappresentato da queste persone, agenti delle forze dell'ordine che dedicano la loro vita al servizio per l'altro” e che alla fine sono “la grande vittima – ha aggiunto Renato, neo questore di Palermo, riferendosi alle forze dell'ordine – per tutti gli uomini e le donne che abbiamo perso” nel campo di battaglia. A sottolineare l'importanza della vicinanza tra forze dell'ordine e cittadinanza è stata la sorella di Antonio Catalano, Giuseppa, che ha ringraziato commossa tutti i presenti per non “averci mai lasciato soli” in un dolore opprimente e devastante. Agende Rosse, Siap, cittadini e autorità presenti hanno quindi posato dei fiori difronte ai nomi di questi “angeli”. Tra le note del “silenzio” suonato da un giovane sassofonista, l'esibizione teatrale di due studenti della scuola media di Borgetto e il travolgente ed emozionante monologo dell'attrice Annalisa Insardà si è respirato appieno il messaggio delle forze dell'ordine: “Non vogliamo essere arroccati, siamo fratelli, sorelle, padri e madri come voi”.

Foto © Rita Rossi

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