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genovese francantonioLa legge Severino non si applica ai deputati
di Aaron Pettinari
Francantonio Genovese, deputato nazionale, passato dalle fila del Pd a quelle di Fi, condannato recentemente a 11 anni dal tribunale di Messina per associazione per delinquere, riciclaggio, peculato, frode fiscale e truffa, potrà tornare a svolgere il proprio mandato parlamentare.
Lo ha deciso il tribunale della libertà di Messina che ha accolto la richiesta dei suoi legali, e ha revocato la misura dell’obbligo di dimora cui Genovese era stato sottoposto il 25 novembre 2015, subito dopo la revoca degli arresti domiciliari per l’inchiesta su illeciti nella formazione denominata Corsi d’oro.
Accade anche questo in Italia, il Paese dove il politico casca quasi sempre in piedi rifiutando di assumere quella responsabilità che dovrebbe essere propria di chi riveste incarichi istituzionali.
E’ il paradosso della legge Severino (testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità, entrato in vigore nel novembre del 2012 durante il governo di Mario Monti) che stabilisce la sospensione dall’incarico di un amministratore pubblico, su richiesta del prefetto e del ministero dell’interno, per un periodo di almeno diciotto mesi per i condannati, anche solo in primo grado, per reati come corruzione, concussione, abuso d’ufficio, peculato.
La normativa, però, non si applica per i deputati nazionali ma solo a quelli regionali, considerati alla stregua degli amministratori locali.
Più volte i giuristi hanno messo in evidenza questa che appare come un’assurda disparità di trattamento.
Intanto, dopo la notizia del nuovo ingresso di Genovese a Montecitorio, tra le parti civili del processo Conca d’Oro esplode la rabbia. “La notizia che il tribunale del riesame di Messina gli ha revocato l’obbligo di dimora è una vera beffa per tutti noi - ha detto Clelia Marano, una delle insegnanti dell’ente di formazione Ial - Altro che uno scranno della Camera dei deputati, dovrebbe restare seduto a guardare le mogli e i figli dei dipendenti degli enti che si sono buttati giù da una finestra perché erano finiti sul lastrico”.
Non mancano le proteste e le indignazioni manifestate sui social network e c’è persino chi propone di presidiare Montecitorio il giorno in cui il politico di Messina varcherà la soglia di Montecitorio.
Sulla questione è intervenuto anche il sindaco di Messina Accorinti che ha così commentato: “Sono indignato. Genovese dovrebbe avere la dignità di fare un passo indietro, per il rispetto che è dovuto alle istituzioni e il ritorno in Parlamento di un condannato a 11 anni per associazione a delinquere è un messaggio che ha una valenza devastante”.
Nella requisitoria del procuratore aggiunto di Messina Sebastiano Ardita si evidenziava la "gravità dei reati, sia per le responsabilità pubbliche di chi li commette, sia perché sottraggono importati risorse in un settore strategico e vitale come la formazione professionale, con tanti giovani in cerca di lavoro", creando "effetti sociali e danni" che sono "immaginabili in una Sicilia martoriata dal disagio, dalla disoccupazione e dalle alternative illecite al lavoro negato". Il pm aveva parlato anche della "condizione di privilegio di quanti si sono arricchiti con facilità, attraverso coperture, complicità e forza istituzionale, a dispetto delle difficoltà nelle quali si dibattono i normali cittadini a cui quelle risorse sono state sottratte". Per questo, aveva concluso il pm, "tutte queste vicende meritano come risposta un processo normale e la normale applicazione delle regole previste per tutti i cittadini, con una pronuncia che tenga conto della gravità dei fatti, senza eccessi e senza sconti”.

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