Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

davigo piercamillo c ansaSecondo il rapporto Res è in aumento rispetto a Tangentopoli: in testa Campania, Lombardia e Sicilia
di AMDuemila
È la Campania la regione col maggior numero di reati legati alla corruzione politica, seguita dalla Lombardia e poi dalla Sicilia. Le regioni più virtuose sono Valle d'Aosta e Umbria. E se i reati contestati ai politici tra il 1980 e il 1994 erano 400, scesi a 317 tra il 1995 e il 2004, cioé dopo l'inchiesta su Tangentopoli, ora i reati commessi dai politici sono saliti a 517. Sono alcuni dei dati emersi dall'ottavo rapporto della fondazione Res sulla corruzione presentato oggi a Palermo, a palazzo Branciforte. Fonti della ricerca sono la banca dati delle sentenze della corte di Cassazione dal 1985 a oggi e i casi considerati nelle autorizzazioni a procedere del Parlamento. Nelle sentenze della Cassazione i reati più contestati risultano la corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (17%) e la concussione (11%). Il finanziamento illecito ai partiti è presente in misura minore (6%). Più rilevanti sono invece i reati associativi (l'associazione per delinquere e quella di stampo mafioso, che insieme raggiungono il 12%). I reati di corruzione in senso stretto restano tendenzialmente stabili nel tempo, mentre cala sensibilmente, dopo il 1994, il finanziamento illecito ai partiti (passato dal 29% al 7%) e salgono gli "altri reati" (tra cui, in particolare, i reati associativi): dal 35% al 46,5%. Questi ultimi sono in forte crescita nell'ultimo decennio, soprattutto al Sud, dove incidono per il 18%. I reati di corruzione sono maggiormente presenti a livello comunale (55%), mentre quelli associativi a livello regionale (46%).
Tra gli interventi a margine della presentazione quello di Piercamillo Davigo, presidente dell’Anm: "Il legislatore sembra non avere idea di cosa sia nella realtà la corruzione, dal momento che continua a scrivere leggi che hanno poco o nulla a che fare con i fenomeni da fronteggiare” ha dichiarato. "Abbiamo un numero molto elevato di fattispecie penali, come la corruzione funzionale, quella propria, il traffico di influenza, il millantato credito - ha quindi aggiunto il magistrato - La maggior parte dei processi non si fa per accertare se il privato ha dato o promesso denaro al funzionario pubblico, ma per capire in quale di queste caselle si iscrive il reato. Se venissero semplificate le fattispecie penali si farebbe un passo avanti. Diventa faticoso istruire dei processi perché poi non è facile ricondurre a fattispecie astratte quello che poi accade in concreto”. E ancora: "La corruzione è un reato sommerso, il numero di condanne che ci sono ogni anno in Italia riferito al numero dei suoi abitanti è inferiore alla Finlandia che è uno dei paesi meno corrotti al mondo, è evidente che qualcosa non va’’. Secondo il presidente dell’Associazione nazionale magistrati non si tratta di "un problema di codici etici, in politica sono stati introdotti strumenti come l'ineleggibilità, le decadenze, ma è un problema di costume più che di leggi. Nel dibattito pubblico sembra non vi sia idea della corruzione, quindi i rimedi si rivelano inadeguati. Basterebbe creare un'unica fattispecie penale. Ad esempio, c'è un reato militare che si applica solo ai militari della GdF che è il reato di collusione che punisce il militare con la reclusione da 2 a 10 anni e quella norma è stata ritenuta legittima. Quanto ci vuole a farla così per qualsiasi funzionario pubblico che collude con privati in danno dell'amministrazione pubblica? La presunzione di innocenza a cui spesso ci si appella - ha proseguito Davigo - ha senso nel processo penale: se io invito a cena il mio vicino e lo vedo uscire da casa mia con la mia argenteria, non è che aspetto la sentenza della Cassazione per non invitarlo più. Perché queste regole di buon senso che valgono nella vita di tutti i giorni non devono valere nel mondo politico?” si è chiesto, per poi commentare il caso Saguto e la gestione dei beni confiscati a Palermo: "Noi magistrati abbiamo dei meccanismi che in teoria dovrebbero servire come prevenzione, come il limite di permanenza decennale in una sezione, ma io sono sempre dell'idea che la prevenzione più efficace è la repressione, perché se uno viene condannato e mandato via è un esempio per tutti. Ma devo dire con soddisfazione che noi in genere i nostri che rubano li arrestiamo. Se facessero tutti così forse si darebbe un segnale forte".
Davigo ha poi ricordato il suo percorso in magistratura: "Nella mia personale esperienza di magistrato inquirente ho visto che le persone sottoposte a procedimento penale che hanno mantenuto il silenzio sono poi state premiate con folgoranti carriere politiche. Le indagini sulle falsità contabili sono state depotenziate perché l'attività principale di tutta la politica è stata non di rendere più difficile la corruzione di questo Paese, ma di impedire le indagini e i processi sulla corruzione. La differenza tra centrodestra e centrosinistra è che il primo le ha fatte così grosse e così male che non hanno funzionato, mentre il secondo ha agito in modo mirato ed encomiabile. Ad esempio, il centrosinistra ha cambiato la normativa sui reati tributari". Secondo il presidente dell’Anm si può ipotizzare che "il sistema corruttivo sia standardizzato da almeno 40 anni, per cui la legge Severino, che io chiamo sedicente anti corruzione, fa sorridere. Non c'è alcuna strategia nel nostro Paese nel contrasto alla corruzione, è del tutto casuale quello che avviene, possono anche mettere l'ergastolo, tanto non sapremmo a chi darlo perché non prendiamo mai nessuno. Non ci sono mai notizie di reato o sono rarissime’'. Davigo infatti ha criticato gli apparati per affrontare la corruzione, che sono "del tutto inidonei” in quanto il fenomeno è "seriale e diffusivo, un professionista che si vende, perché dovrebbe farlo una sola volta? E, vista la sostanziale impunità, perché non coinvolgere altri soggetti? - si è domandato - Insomma, in Italia delinquere conviene, perché non ci sono apprezzabili conseguenze per chi viola sistematicamente la legge. Nel nostro Paese il codice penale svolge una funzione simile a quella dello spaventapasseri: da lontano fa paura, ma poi quando ci si avvicina ci si rende conto che è innocuo".

Fonte ANSA

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos