Presentato a palermo il libro “Il mio nome è Zoccola. Per la camorra sono un figlio di puttana”
di Aaron Pettinari
Ci sono storie di gente comune, che sceglie da che parte stare. Storie vere di persone vere che ci rendono orgogliosi di essere italiani. Storie come quella di Benedetto Zoccola, un commerciante di Mondragone (CE) che ha rifiutato di pagare il pizzo alla camorra e che ha denunciato il tutto alle autorità di competenza. Non solo. La camorra non si è fatta attendere e Benedetto è stato vittima di numerosi vessazioni, tra cui un attentato, che lo ha privato della vista e dell’udito dall’occhio e orecchio destro. La sua storia viene raccontata nell’ultimo libro di Ismaele La Vardera, giornalista de “Le Iene” inviato a “Open Space” e Presidente Associazione Nazionale Verità scomode, “Il mio nome è Zoccola. Per la camorra sono un figlio di puttana”, con tanto di prefazione di Roberto Saviano. Una pubblicazione che è stata presentata ufficialmente ieri a Palermo, presso l’aula magna di Giurisprudenza, all’incontro organizzato da Forum Lybra e l’associazione universitaria “Fare Università”.
“Oggi vi parlerò di storie di persone normali - ha detto La Vardera rivolgendosi ai tanti ragazzi presenti - Perché voi dovete sapere che in questo Paese non ci sono eroi ma solo persone che scelgono da che parte stare”. Dopo aver raccontato la propria esperienza personale che a 17 anni lo ha visto denunciare, nell’ambito di un’inchiesta giornalistica, poi trasmessa su Telejato, le irregolarità nella scelta degli scrutinatori per le elezioni europee. “Ciò è stato possibile grazie ad una registrazione di una conversazione con un consigliere comunale - ha ricordato il giovane giornalista - Quelle irregolarità piombarono come un macigno sull’intera amministrazione comunale, che però si difese e restò in carica. Qualche mese dopo però la svolta. “Le Iene”, dedicano un servizio all’inchiesta ed è così che lo stesso giorno della messa in onda del servizio il sindaco di Villabate con tutta la giunta hanno rassegnato le loro dimissioni”. “I giorni successivi - ha proseguito - non è stato facile. Tutti ti guardavano come se avessi la scabbia. Ci sono state anche alcune persone che si sono avvicinate alla mia famiglia ma quello che voglio dirvi è che noi ragazzi non possiamo rimanere inermi. Scegliere di non scegliere è già una scelta. E noi non possiamo permettercelo. Non è possibile che per essere assunto devi conoscere qualcuno in Comune. Non è possibile che deve essere normale non il merito ma la scorciatoia. Questo non è un Paese che ha bisogno di eroi ma di persone che fanno il proprio dovere”.
Ed è così che vengono portati i due esempi di Gianluca Calì, altro imprenditore siciliano con una storia incredibile sulle spalle, e Benedetto Zoccola. “Benedetto ha subito quattro attentati intimidatori, il più clamoroso una bomba dentro al suo ufficio. Eppure posso dire che oggi respira più lui quel fresco profumo di libertà meglio di chi, diversamente da lui, vede e sente da entrambi gli occhi e le orecchie”. La Vardera ha poi spiegato l’assurdità per cui Zoccola, oggi vicesindaco a Mondragone, si trova a non essere considerato dallo Stato come un testimone di giustizia. Questo nonostante i rischi che ancora oggi corre nel suo ruolo.“Mi hanno chiesto di andar via dalla mia terra per veder riconosciuto quello status - ha detto poi lo stesso Benedetto Zoccola - ma io non volevo essere un fantasma. Io credo che siano i camorristi ed i mafiosi a dover abbandonare queste terre non io che ho avuto il coraggio di fare il mio dovere di cittadino”. Poi ha raccontato la propria storia, “che parte dal settembre 2012, all’età di trent’anni. La mia famiglia stava facendo delle opere di urbanizzazione su alcuni terreni. Ed è già in quell’occasione che viene la prima intimidazione con la foratura di quattro pneumatici. Poi arriva la lettera minatoria dove mi si contesta la scelta della ditta a cui erano affidati i lavori. In quel momento capii. Il 10 settembre, uscendo dallo studio dove svolgo la professione di commercialista un uomo, dal sedile posteriore della mia macchina mi punta una pistola e mi dice di partire. Poi mi mettono dentro il bagagliaio. Quando esco quattro affiliati mi malmenarono riducendomi in uno stato fisico e materiale assurdo. Quella stessa notte la prima cosa che ho fatto è stata raggiungere la caserma dei carabinieri.
Feci la denuncia e mi proposi anche per collaborare all’arresto di queste persone. Così finsi di accettare le loro richieste, di accettare il pagamento dell’estorsione che in un primo momento doveva essere di 50mila euro e poi, dopo un colloquio con il boss, è scesa a 25mila euro. Tutte cose che venivano registrate dalle cimici che avevo addosso. A dicembre 2012 ci fu il blitz. Io ricevetti la scorta, ed inizia un periodo durissimo dove io mi barricai in casa finché il sindaco della mia città mi chiese di entrare in giunta. Ci pensai molto e alla fine accettai ricevendo deleghe importanti come quella sui rifiuti. Fu una nuova battaglia”. Nel suo lavoro, infatti, Zoccola scopre gli interessi dei clan per i rifiuti, le assunzioni mirate che venivano fatte fino a quel momento. Poi, quando tutto sembrava tranquillo. Nel gennaio 2015 ecco la vendetta della Camorra con un’autobomba davanti alla finestra dello studio di Zoccola. “Nonostante tutte le difficoltà, la vita blindata oggi sono contento - ha concluso - Perché mi sento un uomo libero”.
All’incontro sono poi intervenuti anche Gianluca Calì, che ha portato la sua testimonianza di imprenditore che sceglie di non pagare il pizzo, ed Elisa Martorana che ha presentato il progetto del tour #ilsilenzioedolo. Un incontro emozionante in cui non sono mancate domande ed interrogativi. Se poi ci sono riflessioni come quelle della giovane Roberta, che da grande vorrebbe fare il magistrato antimafia, la promessa di una speranza è davvero possibile: “Indignarsi è giusto e normale ma all’indignazione deve accompagnarsi il fare. Per poter cambiare qualcosa è giusto riconoscere i limiti di ciò che abbiamo di pronte e in questo momento storico dobbiamo riconoscere la crisi etica che è presente nel nostro Stato. Una volta che siamo consapevoli di questo tocca a noi. Lo Stato è debole ma è composto da tanti piccoli uomini che siamo noi e può cambiare solo se ognuno fa la propria parte”.