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scarpinato c castolo gianniniIl Pg interviene a Insolvenzfest. Presente anche il presidente dell’Anm Davigo
di Aaron Pettinari
Un’”elite criminale” che affianca “pezzi di classe dirigente” si trova nella cabina di regia in cui si fanno leggi ad hoc e si decidono grandi affari, come le privatizzazioni dell’energia e dell’acqua: è la ‘massomafia’”. E’ questa l’opinione del procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, intervenuto quest’oggi a Insolvenzfest (la tre giorni di dialoghi pubblici tra giuristi, filosofi, economisti e giornalisti su temi di attualità quali la crisi, l'insolvenza, la corruzione, le mafie e il debito pubblico. Il magistrato è intervenuto alla quinta edizione descrivendo uno scenario particolarmente inquietante in ambito di lotta alla mafia e alla corruzione: “Gli strumenti giuridici che abbiamo sono stati costruiti per la mafia dei brutti sporchi e cattivi. Ma i mafiosi non sono più così: stanno diventano persone che ci assomigliano sempre di più. Va a finire che non si sa più se abbiamo davanti il concorso esterno di amministratori pubblici negli affari sporchi della mafia o il concorso esterno dei mafiosi negli affari sporchi dei colletti bianchi…”.
Questo accade in quanto “esaurito il carburante della spesa pubblica illimitata, l'organizzazione è diventata un’agenzia che offre sul mercato beni e servizi, dalla cocaina allo smaltimento illecito dei rifiuti, a un mondo di cittadini normali e di imprese che li vuole. Così si crea accettazione sociale. In più è emersa un’oligarchia che non si sporca le mani con la violenza ma tratta alla pari con i colletti bianchi dello Stato”.
Secondo il Pg di Palermo al cambio alla radice dell’universo mafioso ha influito nel tempo sia la globalizzazione che il trasferimento del controllo sui bilanci pubblici europei dai governi nazionali a Bruxelles con le attività quali le estorsioni che vengono lasciate alla manovalanza. La nuova criminalità organizzata offre al mercato tutto ciò che chiede, a prezzi concorrenziali. “Gestiscono eroina, cocaina, tabacchi di contrabbando, prostituzione, gioco d’azzardo - ha aggiunto Scarpinato - Beni che tanti normali cittadini vogliono. In più al Nord la ‘ndrangheta offre sul mercato servizi richiesti da migliaia di imprese perché consentono di abbattere i costi di produzione e massimizzare i profitti: se devi costruire un grattacelo in centro a Milano ma prima occorre demolire una palazzina piena di amianto, il colletto bianco della mafia te lo propone a un costo di 40 contro i 100 del mercato legale”.
Scarpinato punta anche l’indice su un “modus operandi” che porta ad una vera e propria accettazione sociale: “Non è paura: fanno leva sugli interessi personali. Il risultato è che i nostri strumenti di contrasto diventano inadeguati”. 
E anche i giudizi su fenomeni come quelli della presenza delle mafie al nord sono contrastanti anche all’interno dello stesso organo giudicante. “C’è un gap conoscitivo tra la nuova realtà della mafia e quello che l’opinione pubblica ma anche molti operatori di giustizia pensano - ha spiegato il magistrato- Ma se pensi che quando non ci sono una pistola puntata e una coppola storta non c’è mafia, c’è il pericolo di un disarmo progressivo”, avverte Scarpinato. “E’ un problema non solo da giuristi, ma criminologico, politico e sociale: occorre un ripensamento complessivo dell’intervento giuridico contro le mafie mercatiste, che tenga conto di questi confini sempre più sfumati”.
Scarpinato ha poi parlato della presenza di un “terzo livello”, in sostanza “nuove forme criminali che nascono dall’ibridazione di segmenti della classe dirigente che praticano in modo sistematico il crimine, per esempio attraverso la corruzione, e aristocrazie mafiose che confluiscono in nuove superstrutture, sistemi criminali, comunità di élite”. 
E per definirla il Pg parla apertamente di “Massomafia”. 
Secondo Scarpinato “la ‘Ndrangheta non esiste più. Adesso fa parte della massoneria, è sotto ha pero le stesse regole”. E per dimostrare quanto da lui sostenuto ha ricordato le parole di un boss intercettato nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Reggio Calabria, Mammasantissima: “Bisogna modernizzarsi: il mondo cambia e bisogna cambiare tutte le cose”. 
Questo fenomeno, ha poi sostenuto Scarpinato, è in crescita costante in quanto nel nostro Paese si è creato, di fatto, uno stato impunitario: “In carcere a espiare pene per reati contro la pubblica amministrazione non c’è praticamente nessuno perché ci sono leggi che hanno azzerato i rischi e il costo penale che paghi se vieni scoperto. La prescrizione massima è di sette anni e mezzo: in Sicilia si sta prescrivendo il processo per una delle maggiori truffe su fondi Ue per la formazione, il caso Ciapi. La riforma? Pannicelli caldi. Quest’anno io ho chiesto al ministro, per l’ennesima volta, di estendere il raddoppio dei termini di prescrizione che vale per i reati di mafia a quelli contro la pa. Ma non se ne fa mai nulla. Poi servono gli infiltrati. Ma anche di questo non si fa mai nulla. Così l’impunità è garantita”.
All’evento, che si è concluso oggi a Bologna, ha partecipato anche il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo. Quest’ultimo ha anche parlato della Riforma della giustizia ed in particolari dei contenuti del ddl sul processo penale, in discussione al Senato: “Riforme condivise sulla giustizia? No, nell’ipotesi migliore sono inutili se non dannose”.
Davigo ha criticato apertamente la misura che prevede che i procuratori generali debbano avocare i procedimenti se entro tre mesi dalla chiusura indagini non viene fatta richiesta o di archiviazione o di rinvio a giudizio. “Per esempio – ha detto Davigo evidenziando un vero e proprio paradosso – l’idea che scaduti i tre mesi, i procuratori generali debbano avocare a sé i procedimenti, significa che un numero enorme di procedimenti verrà trasferito dalle procure alle procure generali, le quali non hanno affatto i magistrati per farlo e quindi finiranno per dover applicare magistrati di primo grado. Quindi questi ultimi che non sono riusciti a fare i processi in procura, dovranno andare a non farli alla procura generale”. 
Altro tema caldo è poi quello della prescrizione, un punto da sempre particolarmente discusso tra gli addetti ai lavori: “La nostra posizione non cambia: se definiamo la prova la traccia che un reato lascia, è evidente che il passare del tempo disperde questa traccia. Una volta che le prove sono state acquisite non c’è ragione che decorra la prescrizione. Perché dopo la sentenza di primo grado deve decorrere la prescrizione? Ho provato più volte a spiegare ai colleghi stranieri questa curiosa situazione italiana per cui un condannato in primo grado che fa appello, perché non gli piace la sentenza, può guadagnare la prescrizione, ma non riescono a capirlo”.
Davigo ha dato atto al ministro della Giustizia Orlando di aver usato un linguaggio differente rispetto chi lo ha preceduto tuttavia ha ricordato gli insulti ricevuti dal Presidente del Consiglio Renzi. “Orlando non ci ha mai provocato né insultato e non ci ha mai mandato messaggio trasversali. Ma il presidente del Consiglio sì”. Due esempi su tutti sono il commento alle posizioni dell’Anm quando affermò “brr che paura” oppure la provocazione sul taglio delle ferie. 
Davigo ha ricordato al Premier che ha bisogno dei magistrati per fare le riforme e che se c’è uno scontro perpetuo questo non è possibile.
Il presidente dell’Anm ha spiegato che “il problema della giustizia in Italia è che è sommersa da una domanda patologica di giustizia. E se c’è un calo è solo per la sfiducia delle vittime: questa domanda patologica di chi vuol solo perdere tempo va contenuta”.

Foto © Castolo Giannini

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