Era stato querelato dai familiari del boss. Sentenza in nome dell’articolo 21 della Costituzione
di Aaron Pettinari
Non solo la mafia in generale. Da oggi, se si parla in un certo contesto e si dimostra con i fatti il motivo della propria affermazione, anche il singolo mafioso può essere definito pezzo di merda. Il giudice monocratico del Tribunale di Trapani, Gianluigi Visco, ha infatti assolto “perché il fatto non sussiste” il giornalista trapanese Rino Giacalone accusato di aver diffamato la reputazione del boss mafioso Mariano Agate.
Giacalone era finito sotto processo per avere scritto in un articolo pubblicato sul sito Malitalia.it, scritto nel giorno in cui il boss era deceduto, che con la morte del boss Agate era morto un “gran bel pezzo di merda” parafrasando la famosa frase di Peppino Impastato, “la mafia è una montagna di merda”.
Giacalone non si era fermato a quella sola parola. Nel pezzo infatti ripercorreva la “carriera mafiosa” e “giudiziaria” dell’Agate, ed era arrivato a quella considerazione dopo avere dimostrato la forte appartenenza dell’Agate a Cosa nostra ed alla parte più sanguinaria dell’associazione mafiosa. La vedova, signora Rosa Pace, e due dei tre figli Paolo e Vita, lo avevano quindi querelato e la Procura di Trapani, con il pm Franco Belvisi, ne aveva disposto per la citazione diretta in giudizio. Dopo alcune udienze, la prima nel febbraio 2015, oggi si è svolta la discussione e poi è stata pronunciata la sentenza.
“Durante la discussione accusa e difesa di parte civile, che hanno chiesto la condanna a 4 mesi e 600 euro di risarcimento, avevano insistito sulla necessità di riconoscere un minimo di reputazione anche per chi aveva avuto una condanna grave - ha spiegato l’avvocato di Giacalone Carmelo Miceli (assieme a lui Domenico Grassa in sostituzione dell’avv. Enza Rando ndr) - citando della giurisprudenza in tal senso ed anche per dimostrare l’oggettiva offensività della parola ‘merda’. Noi invece ci siamo difesi dicendo che è vero che andava riconosciuta un minimo di reputazione ma che la stessa era comunque minima. Nella bilancia della giustizia andava messa anche la libertà d’espressione e la funzione sociale dell’articolo appartenente ad un’attività giornalistica. Quindi andava anche considerato il contesto con cui il giornalista prova a descrivere attenendosi alla sua funzione sociale. La valutazione, dunque, non poteva essere solo astratta ma oggettiva e andava valutata caso per caso”. “La reputazione sarebbe stata violata - ha aggiunto - se alla fine del discorso si sarebbe utilizzata un'altra espressione ingiuriosa ma così non è se si racconta la storia di Mariano Agate, dimostrando che lo stesso aveva rappresentato un pezzo importante della storia di Cosa nostra. Se poi si scrive, nel giorno del decesso, che ‘è morto un gran bel pezzo di merda’, parafrasando Peppino Impastato, di fatto non si fa altro che svolgere la propria funzione sociale di ‘controllo sul potere e di sviluppo delle coscienze’”.
Fatto importantissimo è che nel pronunciare la sentenza il giudice ha espressamente citato l’articolo 21 della Costituzione riconoscendo il lecito esercizio del diritto di critica e di libertà di stampa. “E’ importante per tutti - ha aggiunto Miceli - perché significa che il giornalista si può spingere, sempre inserendo i fatti in un contesto e dimostrandoli, fino a un punto tale che certe parole possono essere dette non solo contro la mafia in generale ma anche verso il singolo mafioso. Così viene sdoganata, di fatto, la frase di Peppino Impastato”.
Ovviamente soddisfatto al termine dell’udienza lo stesso Rino Giacalone: “Oggi, se vogliamo, abbiamo vinto tutti. Può sembrare inusuale la citazione in un dispositivo della sentenza dell’articolo 21 della Costituzione ma assume un grandissimo valore. Questo non era un processo normale, ma da oggi credo che tutti possano essere più coraggiosi”.
Presenti in aula questa mattina sia Don Ciotti di Libera che il sen. Gianrusso della commissione antimafia ed altri rappresentanti della società civile.
Mariano Agate ''un gran bel pezzo di merda'' si può dire. Assolto Rino Giacalone
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