Commissariato arresta anche l'ex capo del Demanio
di AMDuemila
Un vero e proprio “sistema corruttivo” che coinvolgerebbe il dirigente dell'assessorato regionale al Territorio e ambiente, avrebbe garantito all'imprenditore Giovanni Cimino il controllo e la gestione quasi totale del tratto più bello di spiagge di Cefalù.
Sono quattro le persone accusate di corruzione propria aggravata: Antonino Di Franco, dirigente dell'assessorato regionale al Territorio e ambiente ed ex responsabile del settore demanio marittimo di Palermo e provincia assieme all'imprenditore Cimino sono ora agli arresti domiciliari; mentre Salvatore Labruzzo, funzionario istruttore dello stesso assessorato assieme al braccio destro di Cimino, Bartolomeo Vitale, presidente dell'Associazione operatori balneari Cefalù hanno il divieto di dimora nella provincia di Palermo e nel comune di Cefalù.
Secondo gli inquirenti Di Franco, “capo indiscusso del Demanio” avrebbe gestito il settore per interessi e fini personali consentendo a Ciminio di gestire quasi l'80 % delle spiagge di Cefalù, (tramite familiari e prestanome). In cambio l'imprenditore avrebbe fatto favori ai funzionari corrotti come assumerei figli negli stabilimenti.
Con l'operazione “Spiagge libere” si spiegherebbe anche il tanto interesse di Di Franco per il sequestro del lido Poseidon di Cimino avvenuto per ordine del commissario Manfredi Borsellino (in foto) lo scorso anno. “Questo giudicino Borsellino quanto pagherà di indennità adesso... di danno all’immagine, sono tutte cose a posto” avrebbe detto al telefono il dirigente dell’assessorato regionale di Territorio. Infatti l'ex capo del demanio marittimo si sarebbe schierato dalla parte dell'imprenditore nonostante “l'amico” fosse accusato di abusi sul litorale. La polizia nell'atto d’accusa sottolinea come “Il dissequestro del Poseidon sarebbe diventata quasi un’ossessione per” Di Franco “quasi che a violare leggi e regolamenti fossero stati il commissariato o la stessa autorità giudiziaria piuttosto che il gestore dello stabilimento”. Il gip Angela Lo Piparo sostiene che con una nota protocollata il 22 maggio il capo del Demanio marittimo provò a smontare le argomentazioni che avevano portato la procura a chiedere il sequestro.
L'indagine durata oltre un anno, è partita anche grazie ad un titolare di un piccolo stabilimento che vedendosi rifiutare una richiesta fatta alla Regione si rivolse alla polizia di Cefalù.Prima è stata coordinata dal procuratore aggiunto Dino Petralia e dal sostituto procuratore Maria Teresa Maligno e poi è stata trasferita per competenza alla procura di Termini dove se ne è occupato Alfredo Morvillo.