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di Sonia Cordella
Sit-in di sostegno per il giornalista Luciano Mirone con L'ANAAM e ANTIMAFIADuemila

Un sit-in di solidarietà al giornalista Luciano Mirone si è svolto ieri a Galati Mamertino, un piccolo e suggestivo centro montano dei Nebrodi in provincia di Messina, che ha chiamato i suoi cittadini nell'aula consiliare “Turiddu Carnevale” dedicata a Salvatore Carnevale, bracciante e sindacalista socialista assassinato dalla mafia e sua madre Francesca Serio una delle donne icona dell'antimafia. A moderare l'evento, organizzato dall'A.N.A.A.M. (Associazione Nazionale Amici di Attilio Manca), lo scrittore Luciano Armeli Iapichino che apre la manifestazione a sostegno del giornalista, reo di aver diffamato il leader politico Alfio Papale. Lo scorso 22 febbraio, infatti, il Giudice della Quarta sezione penale del Tribunale di Catania, Domenico Stilo, ha condannato Luciano Mirone a pagare una multa di duemila euro (pena sospesa), una provvisionale immediatamente esecutiva di euro diecimila in favore della parte civile, le spese processuali di circa quattromila euro e la pubblicazione di un estratto della sentenza sul periodico www.linformazione.eu e sul quotidiano “La Sicilia”. Il reato è quello di diffamazione relativo ad un articolo risalente a tre anni sull'abusivismo edilizio e la cementificazione selvaggia nel territorio dove Papale è stato sindaco, assessore e consigliere comunale per trent’anni. Per quell'articolo il deputato regionale aveva presentato querela, costituendosi parte civile nel processo.
Nella sala gremita del municipio immancabile è la presenza dei genitori di Attilio Manca, Gino e Angela “esempio di resistenza civile e morale in difesa di Verità e Giustizia” come recita la tessera ad onorem consegnata alla madre di Attilio a fine serata dal vice presidente provinciale dell’ANPI. Presenti anche tanti partigiani simbolo della Resistenza che hanno dato la loro vita per la libertà di tutti gli italiani durante la seconda guerra mondiale. Resistenza che deve proseguire su vari fronti non ultimo quella per una libera informazione di cui Mirone è un chiaro esempio nella sua forma etica di fare giornalismo.



“Le sentenze si rispettano” sostiene Luciano Armeli “ma ci sono sentenze e sentenze, e abbiamo l'impressione che questa sia una sentenza spropositata, di altre latitudini, di altri tempi”. Una sentenza quella contro il giornalista che, come Armeli ha sottolineato, mortifica il diritto di informazione e tutti quei diritti di cronaca, di opinione e di critica e limita la professione dell'esercizio giornalistico. “Una sentenza gravissima e violenta” dichiara Antonio Mazzeo esaltando il lavoro svolto in questi anni dall'ex redattore de “La Repubblica” nel ricostruire storie di tanti giornalisti uccisi per mano mafiosa e del depistaggio delle stesse istituzioni, ricordando che non è certamente un caso che Bel Passo, paese di Mirone, è un punto focale della mafia catanese. “Non si può pensare di liquidare i conflitti politici nelle aule giudiziarie” prosegue Mazzei sottolineando che vengono colpiti oggi i giornalisti che oltre a interessarsi della cronaca mettono in luce gli interessi che spingono a soluzioni facili per piani regolatori alla realizzazione di mega infrastrutture, centri commerciali, al tentativo di far passare omicidi di mafia per omicidi passionali o per droga. “La mafia non è sconfitta ma si è rinforzata a livello politico e istituzionale e le prime vittime sono i giornalisti che vengono attaccati attraverso la minaccia e la pressione della querela”. Mazzei evidenzia che nei grandi giornali italiani non vengono pubblicati articoli d'inchiesta e chi dimostra di avere la schiena dritta non ha diritto di cittadinanza nelle grandi testate, inoltre in altri paesi vi sono limiti che regolano la querela mentre in Italia esiste la libertà di querela”.
Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia Duemila definendo un offesa la sentenza di condanna a Mirone porta l'attenzione anche sui rappresentanti della legge: “Ci sono magistrati moderati, delle carte a posto, magistrati che attaccano la mafia e magistrati corrotti dalle mafie”. Tranne alcune eccezioni come Chinnici, Terranova, Costa, Falcone, Borsellino, Di Matteo (ancora vivo per fortuna) e pochi altri in Italia, la magistratura si dimostra timida nei confronti dei potenti e forte nei confronti dei deboli. “La magistratura è stata la maggiore colpevole dell'abbattimento dei suoi magistrati migliori allineandosi al potere” palesa Bongiovanni ricordando che i più grandi perseguitati dalla magistratura sono stati proprio Falcone e Borsellino. “I veri ipocriti vigliacchi e codardi sono i magistrati che isolano i propri colleghi, sono loro che, a volte, armano la mano degli assassini mafiosi” sostiene il direttore di Antimafia Duemila sottolineando che la politica è sempre stata alleata della mafia ma che la magistratura non può essere traditrice dei suoi martiri e deve avere il coraggio di affrontare la verità. Bongiovanni ricorda che spesso sono stati gli stessi giornalisti a dare alla magistratura elementi per poter aprire delle inchieste. La pericolosa ricerca della verità viene puntualmente fermata, che sia portata avanti da magistrati, forze dell'ordine o giornalisti liberi e coraggiosi. “Le mafe hanno un potere così grande - conclude Giorgio Bongiovanni - che per capire cosa sta succedendo dobbiamo capire che la mafia fa parte dello stato occupato da criminali. Ho intervistato il pm Gratteri in merito alle cosche dell'ndrangheta e mi ha detto che le mafie stanno comprando i mezzi di informazione, ecco quindi che Mirone viene preso di mira e minacciato in questa forma perché ha toccato determinati fili”. “Voglio fare un discorso onesto e anche con spirito critico” afferma Luciano Mirone spiegando che possono essere puniti i toni duri di un articolo ma che quando sono evidenti le prove che giustificano quei toni in quando il soggetto “diffamato” quantomeno non è ciò che vuole apparire di essere, la pena dovrebbe essere simbolica che punisca i toni duri ma che premi anche il coraggio di dire la verità del giornalista.


Mirone evidenzia il clima in cui oggi vivono i giornalisti che hanno a cuore la ricerca della verità, ricordando storie tutte italiane come quella tragica del docente universitario suicida Adolfo Parmaliana. “La giustizia spesso anziché marciare in un senso, marcia nell'altro” afferma Mirone “Ma io penso che non dobbiamo lasciarci condizionare. Continuerò a scrivere e lo farò con il sorriso sulle labbra”. Il diritto di informazione vuole opporsi a quella che è la mirata disinformazione. Il giornalista Antonio Mazzeo tocca lo scottante tema della disinformazione sulle manovre di guerra del nostro Paese, sul Muos e sui droni. “Quando si preparano le guerre l'uso della disinformazione è uno strumento fondamentale di guerra - sostiene - le guerre le vinci se hai creato un sistema interno in cui si è convinti di essere nel giusto”. Tutto questo crea la convinzione di portare aiuti, diritti, cultura quando invece si sta facendo la guerra. Dalla base di Sigonella, ha infatti spiegato il giornalista, da anni vengono portate avanti operazioni clandestine con l'uso dei droni vietate dal diritto internazionale mettendo a repentaglio la sicurezza delle popolazioni. “Oramai la storia si è ridotta e i tempi sono brevissimi o abbiamo il coraggio di dire -Non ci stiamo- e facciamo un passo avanti o il rischio è che una regione come la nostra non diventi solo ostaggio della mafia ma diventi anche ostaggio della guerra e la guerra che si sta preparando è una guerra nucleare, globale con una potenza distruttiva mai vista prima”. Per questo abbiamo il dovere di difendere le persone che lottano in prima linea per la difesa dei diritti umani, contro la mafia, contro la criminalità, contro la guerra, per la pace, la verità e la giustizia. L'unica possibilità per venire fuori dalla gravissima situazione di crisi che potrebbe condurci verso l'olocausto finale.

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