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de mauro mauroDepisitate le motivazioni della sentenza. "Aveva notizie sulla morte di Mattei"
di Aaron Pettinari
La condanna a morte di Mauro De Mauro, giornalista de “L'Ora”, “fu decisa ed eseguita da uomini di 'Cosa Nostra' e la relativa causale è individuabile nelle informazioni riservate di cui la vittima era entrata in possesso in relazione alla sua attività professionale verosimilmente, anche se non certamente, riconducibili, secondo le risultanze del processo di merito, al coinvolgimento di esponenti mafiosi nella morte di Enrico Mattei, più che nella vicenda relativa al tentativo di golpe cosiddetto Borghese”. Così è scritto nero su bianco nelle motivazioni della sentenza della Cassazione che il 4 giugno 2015 ha assolto Totò Riina, accusato di essere il mandante dell'omicidio del cronista siciliano rigettando il ricorso del Pg di Palermo.
Secondo la Suprema corte “gli elementi di prova raccolti sia di natura storico-dichiarativa che di natura logico-indiziaria, che sono stati puntualmente e congruamente analizzati e valutati, nella loro valenza singola e complessiva, da entrambe le sentenze di merito (anche in primo grado, nel 2011, Riina era stato assolto da tale accusa, ndr), all'esito di una disamina scrupolosa che costituisce il risultato congiunto delle ampie argomentazioni spese dalle Corti territoriali di primo e di secondo grado, non hanno tuttavia permesso di accertare un ruolo diretto o indiretto dell'imputato nel delitto”, e la conseguente conclusione assolutoria (per non aver commesso il fatto) “risulta coerente a una corretta lettura delle emergenze processuali ed è perciò incensurabile in sede di legittimità”.

La Cassazione ritiene “inaffidabili” le dichiarazioni rese in appello dal pentito Francesco Di Carlo il quale al processo d'appello aveva riferito che De Mauro sarebbe stato ucciso perché aveva appreso del golpe Borghese. In particolare Di Carlo aveva raccontato di avere accompagnato Riina nell'abitazione del capomafia Giuseppe Giacomo Gambino per un summit tra boss qualche settimana prima del rapimento di De Mauro. Sia Riina sia il mafioso Stefano Bontade gli avrebbero raccontato che proprio nel corso di quella riunione, alla quale lui non avrebbe partecipato, sarebbe stato deliberato il delitto in quanto c'era l'ordine da Maletti e dal generale Miceli “di impedire che fossero divulgate” le informazioni in possesso del giornalista. Questo dettaglio in passato non era stato riferito da Di Carlo.
Per la Cassazione, non è assolutamente provata l'esistenza di un "triumvirato" preposto al governo di Cosa nostra, del quale nel 1970 avrebbero fatto parte Bontate, Badalamenti e Riina, dal momento che la maggior parte dei collaboratori (Buscetta, Mutolo, Calderone, Grado e Mannoia) hanno attribuito al solo Bontade, e non al Riina - che all'epoca era un personaggio secondario nell'organigramma mafioso - l'organizzazione dell'omicidio di De Mauro.
A compiere il delitto furono proprio uomini di Bontade, Emanuele D'Agostino, Girolamo Teresi e Antonino Grado.
Inoltre, sempre altri pentiti, hanno indicato nell'indagine sulla morte del presidente dell'Eni Mattei come la causale dell'omicidio. Secondo la Cassazione dunque rimangono “insuperabili” dubbi “sull'individuazione degli autori della deliberazione omicida” e sulla sua “genesi concreta”. Un bollo definitivo su un caso che, a oltre 45 anni di distanza, sembra davvero essere destinato a rimanere senza una completa verità.

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