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2di Aaron Pettinari
Dal “caso Saguto”, ed il conseguente terremoto interno presso il Tribunale misure di prevenzione, all'aumento dei casi di prescrizione e dei reati contro la pubblica amministrazione. Considerazioni, dati e numeri snocciolati quest'oggi, alla presenza del Ministro della Giustizia Orlando, all'apertura dell'Anno giudiziario a Palermo.
Esaminare quanto avvenuto all'interno del Tribunale in materia di assegnazione e confisca dei beni era inevitabile e il presidente della Corte di Appello di Palermo, Gioacchino Natoli, ha deciso di iniziare proprio da questo punto nella sua analisi: “Se le criticità emerse dai controlli seguiti alle vicende legate all'inchiesta sulla sezione misure di prevenzione di Palermo dovessero essere confermate, occorrerebbe riflettere sulla sorveglianza esercitata dalla dirigenza locale e dal consiglio giudiziario”. Il magistrato ha inoltre affermato che “la prevenzione di certi episodi parte dai controlli a cominciare dalla valutazione della professionalità”, ammettendo che nella gestione della sezione c'erano “criticità e inefficienze nella durata dei procedimenti, nell'organizzazione e nella distribuzione degli incarichi”.
In particolare, scrive il Presidente della Corte d'appello nella sua relazione, nell'anno passato c'è stata “una preoccupante escalation” nel settore dei reati contro la pubblica amministrazione, sia sul piano numerico sia sul piano della gravità intrinseca e dell'intensità dell'allarme sociale. I reati sono passati da 2.853 a 3.561 con un aumento percentuale del 25%. In rialzo soprattutto il peculato passato da 100 a 142 casi. “Le indagini investigative e i mass media - scrive Natoli - evidenziano un crescente, desolante quadro di illegalità diffusa e in espansione, tanto nelle modalità di esercizio di pubbliche funzioni, nella gestione della cosa pubblica e nell'impiego delle risorse ad essa assegnate, quanto nei rapporti dei singoli cittadini con la pubblica amministrazione e nella fruizione, spesso indebita e fraudolenta, di prestazioni economiche e servizi da parte di pubbliche strutture”.

Mafia e droga
“Per quanto attiene il reato di associazione mafiosa - scrive Natoli - non può sottacersi che Cosa nostra continua ad esercitare il suo diffuso, penetrante e violento controllo sulle attività economiche, imprenditoriali e sociali del territorio, anche se il dato statistico registra un decremento pari al 10% del fenomeno rispetto al precedente periodo di tempo preso in considerazione”.
Altro reato in crescita riguarda il traffico di stupefacenti. Dalle indagini è provato che il anche consumo di droga è aumentato in maniera rilevante. In rialzo la domanda di cocaina, il cui consumo è ormai dilagato in tutte le fasce sociali nonostante gli alti costi (60-80 euro al grammo). Non si registra viceversa un significativo incremento di altre droghe cosiddette pesanti (come l'eroina), che negli anni scorsi sembravano essere tornate in auge. Lo stesso vale per quanto riguarda le droghe sintetiche (anfetamine ed ecstasy), il cui consumo appare in costante decrescita.

Casi di prescrizione in crescita
Altro aspetto evidenziato è la crescita dei casi di prescrizione. Nell'anno passato sono stati 1.692 i procedimenti eliminati dai Gip o Gup con pronunzie di prescrizione (5% del totale dei processi definiti); e 1.569 i processi eliminati dai Tribunali e 280 in Corte di Appello. Per la maggior parte si è trattato di fatti che hanno richiesto lunghe attività d'indagine o una lunga istruttoria dibattimentale in primo grado. Per l'appello, il fattore determinante è stato il ritardo nel deposito della sentenza o nella trasmissione del fascicolo del primo giudice. “E' stato più volte sottolineato - dice Natoli - che i termini di prescrizione dovrebbero decorrere ex novo a ogni passaggio processuale, senza limiti temporali massimi, se non quelli correlati alla fase o al grado di processo in corso”.
Per Natoli “talune scelte del legislatore si sono rivelate in sostanziale contro-tendenza rispetto ad ogni concreto piano di recupero della ragionevole durata del processo”. Un esempio per il presidente della Corte d'Appello di Palermo è la nuova disciplina sulle ferie dei magistrati, che, “muovendo dal dichiarato obiettivo di aumentare la produttività del sistema giudiziario con la riduzione del periodo di riposo, in realtà, in un singolare (e perverso) processo di 'eterogenesi dei fini', ha comportato un reale rallentamento dell'attività ed una diminuzione della produttività”.
Anche il Guardasigilli Andrea Orlando ha ammesso che “il dato relativo alle prescrizioni, pur attestandosi sui livelli dello scorso anno, continua a destare preoccupazione. Le proposte del Governo per una congrua sospensione della prescrizione dopo la condanna in primo e secondo grado sono già state approvate dalla Camera e sono all’esame del Senato”. D'altra parte però non si può non registrare il dato di fatto che la riforma è rimasta impantanata alla Commissione Giustizia di Palazzo Madama.


Silenzio su Di Matteo
Sarebbe stato bello se il Ministro della Giustizia, oltre a promettere interventi in merito e per ridefinire le regole “che disciplinano il fenomeno migratorio per il superamento del reato di immigrazione clandestina”, avesse speso una parola di sostegno nei confronti dei pm che cercano la verità su quanto avvenuto negli anni delle stragi, per andare avanti senza se e senza ma. Niente di tutto ciò. Nel lungo elenco di tabelle, statistiche e numeri snocciolati dagli intervenuti alla cerimonia sono state giustamente spese parole in memoria del sacrificio di tanti magistrati uccisi dalla mafia nel corso degli anni, ma non si può non registrare l'assoluto silenzio su chi oggi rischia la vita ed è oggetto di una vera e propria condanna a morte da parte di Riina. Neanche una parola o un pensiero è stato detto a sostegno di Nino Di Matteo. L'unico a ricordare la presenza di “sistemi criminali destabilizzanti che continuano ad operare nell’ombra con progetti di attentati” è stato il Procuratore generale Roberto Scarpinato, anch'egli colpito da pesantissime minacce di morte.  
“Avevamo sperato che quella stagione fosse davvero conclusa, ma la promessa di un reale cambiamento sociale non è stata mantenuta - ha detto il Pg - La crisi economica e la povertà diffusa non permettono di alzare la testa. Purtroppo si assiste a un arretramento della legalità e una disillusione nel futuro. Non è stata mantenuta la promessa di coniugare legalità e sviluppo”.

Lo Voi: “No a 'tabellarizzazione' dell'organizzazione delle Procure”
Tra le problematiche sollevate durante la cerimonia vi è quella della “tabellarizzazione” dell'organizzazione delle Procure di cui ha parlato il Procuratore capo di Palemro Francesco Lo Voi: “Circolano voci, mi auguro si tratti soltanto di voci ed infondate, di tentativi di reintrodurre una 'tabellarizzazione' dell'organizzazione delle Procure. Di far rientrare dunque dalla finestra ciò che chiaramente il legislatore ha fatto uscire dalla porta. E su questo bisogna fare molta attenzione, perché si rischia di imbrigliare il sistema di funzionamento degli uffici di Procura”. “La Procura - ha aggiunto - deve avere un ampio margine di flessibilità organizzativa ed operativa, che consenta di fronteggiare le diverse tipologie criminali: che sono diverse per aree geografiche, innanzitutto, e sono anche diverse per settori di intervento, settori che peraltro possono modificarsi nel corso dello stesso anno. Solo per fare un esempio, relativo a Palermo se non si fosse stato in grado di intervenire tempestivamente con i necessari spostamenti di sostituti, non sarebbe stato possibile fronteggiare nel 2015 l'improvviso ed inaspettato enorme afflusso di migranti sulle coste del nostro distretto ed a Palermo in particolare”. Ed infine su alcune riforme in materia di evasione fiscale: “
Non posso nascondere qualche perplessità - ha detto il magistrato - sull'effetto 'depenalizzante' delle recenti modifiche adottate in materia di legislazione fiscale e tributaria... Se da un lato l'inasprimento di alcune pene, nei casi connessi con attività fraudolente, sono da salutare con favore, mi chiedo se l'innalzamento della soglia di punibilità da 50 a 150 mila euro di imposta evasa per altre fattispecie di evasione fosse in questo momento effettivamente necessaria”. “Mi chiedo dunque - ha concluso - se, nel momento in cui la lotta all'evasione fiscale costituisce una delle assolute priorità del Paese il messaggio che queste recenti modifiche legislative introducono proprio sul terreno dell'evasione fiscale sia il giusto messaggio, il giusto segnale da inviare ai cittadini”.

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