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intercettazioni-bigSi manifesta lo spettro di una “legge bavaglio”. A rischio trasmissioni come “Report” e “Le Iene”
di Aaron Pettinari - 25 luglio 2015
L'hanno chiamata norma anti-Iene o anti-Report, il dato di fatto è che l'emendamento a firma del deputato Alessandro Pagano di Area Popolare (Ncd-Udc), inserito nel ddl sulla riforma del processo penale che è stato approvato in Commissione giustizia suona tanto come un nuovo tentativo di bavaglio per la stampa con un forte ridimensionamento sulle intercettazioni.
L'emendamento, già riformulato dal governo, cita testualmente: “Chiunque diffonda, al fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui, riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentemente effettuate, è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni”.
Così come è scritto è ovvio che programmi come Le Iene, Report, Striscia la Notizia o altri talk di inchiesta che usano le telecamere nascoste per svelare truffe o carpire rivelazioni, avrebbero dei guai seri, e il loro lavoro finirebbe imbrigliato.
Immediatamente i rappresentati del Movimento 5 Stelle sono saliti sulle barricate.
Nei giorni scorsi c'è stata la denuncia da parte di Giulia Sarti: “Legge bavaglio? Sta accadendo quello che doveva accadere nel governo Berlusconi e realizza oggi il governo Renzi. E’ stato appena approvato in commissione giustizia questo ddl sulla riforma del processo penale e in questo provvedimento c’è anche l’articolo per limitare l’uso delle intercettazioni. Questa è una delega al governo. Con questa nuova legge sulle intercettazioni, ad esempio, sarebbe stato più difficile scoperchiare mafia capitale e molte conversazioni non le avremmo mai potute leggere sui giornali”.
E poi ancora: “Siamo stati bloccati in commissione giustizia perché ci stavamo opponendo a questa cosa e il presidente ci ha intimato di smettere, togliendoci la parola. Questo è un bavaglio nei confronti della stampa, è una stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni, in commissione ci sono stati momenti di tensione, speriamo che ci sia una reazione della stampa, questo provvedimento è pericoloso, stiamo dando mandato al governo di scrivere quello che vuole. No al bavaglio per la stampa sulle intercettazioni”.
“Senza le intercettazioni – denunciano i grillini – i cittadini non sarebbero mai venuti a conoscenza dei casi Mose, Expo, Soldi alla Lega Nord, Mafia Capitale, Rolex e lavori al figlio di Lupi, consigli di politici su come eludere le leggi, ma soprattutto il ricatto di Matteo Renzi per salire a Palazzo Chigi”. Intanto il web si è scatenato da quando il blog di Beppe Grillo ha lanciato la campagna, #NoBavaglio, con tanto di deputati fotografati con un cartello in mano ed invitano gli italiani a fare altrettanto su Twitter.
Il Ddl, che lunedì arriverà in aula per la discussione generale, ha creato qualche imbarazzo anche al Guardasigilli Andrea Orlando che si è detto perplesso sugli effetti che produrrebbe e frena: “Questo è un emendamento che dovremmo valutare nell'impatto complessivo, perché in generale sono contrario alle sanzioni che prevedono il carcere per veicolazione di informazioni. La norma punta a colpire chi carpisce informazioni in via fraudolenta, tuttavia non è l'orientamento del governo prevedere la galera per i giornalisti: c'è ancora il bicameralismo, vedremo il testo finale”.
Un percorso che è ancora lungo in quanto solo ad approvazione definitiva del provvedimento, che arriverà al Senato in autunno, il governo potrà esercitare la delega e scrivere le regole per disciplinare l'uso delle intercettazioni da parte dei magistrati in tutti i provvedimenti (arresti, sequestri, perquisizioni) e soprattutto pianificare la pubblicabilità delle intercettazioni. Intanto all'interno del Pd c'è chi apre ad eventuali correzioni della norma, anche se, dopo i fatti più recenti, appare evidente l'intento della politica di dare un freno allo strumento.

Non solo le intercettazioni
Nel ddl che verrà discusso ci sono anche altri punti da tenere sott'occhio e che già allarmano i magistrati. Si comincia, ad esempio, dalla norma che obbliga il pm “a esercitare l’azione penale o a richiedere l’archiviazione entro il termine di tre mesi” dalla scadenza delle indagini preliminari. Se così non sarà il procuratore generale dovrà disporre “con decreto motivato l’avocazione delle indagini” ed il pm perderà l'inchiesta.
Un’altra norma, contro i pm che iscrivono con ritardo un reato nel registro delle indagini, prevede di rendere obbligatoria e immediata l’azione disciplinare e chi ha compiuto una denuncia potrà chiedere conto dei passi avanti compiuti dal magistrato. Un'altra norma interviene poi sull'azione di quei Gip che non accolgono la richiesta di archiviazione dei pm. In base alla nuova normativa ciò sarebbe possibile solo una volta dopodiché, qualora il pm insistesse chiedendo l'archiviazione, il giudice dovrà per forza accettare la richiesta. Non solo. I gip perderebbero anche la possibilità, durante l’udienza preliminare, di chiedere al pubblico ministero un supplemento di indagine. Temi complessi che saranno affrontati in un'estate già calda a causa degli scandali che continuamente si manifestano. Come sempre accade, i temi più importanti vengono toccati quando il cittadino è distratto, preso dalle vacanze, lontano dal pensiero della difesa della Costituzione e dei propri stessi diritti. 

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