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conferenza collusi palermoFoto e Video
di Francesco Bertelli - 28 maggio 2015

Pochi libri riescono a definire e far capire perchè in questo Paese tutto cambia per poi rimanere come prima, in puro stile gattopardo. “Collusi” è uno di questi. Il nuovo libro che Nino Di Matteo e Salvo Palazzolo hanno scritto è stato presentato il 28 maggio presso il Palazzo delle Aquile a Palermo. Insieme a loro anche il Procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, il Questore di Palermo Guido Longo e il giornalista Gianni Minà. Li definisce “pugni nello stomaco” i passaggi del libro il moderatore della giornata Rino Cascio. E di pugni ce ne sono molti. Ma come sostiene Cascio e tutti coloro che hanno potuto leggere questo libro, siamo di fronte ad un fatto che non accadeva da tempo. Tornare a parlare dei fatti, dei silenzi, dei rapporti taciuti per molti anni ,“tenuti nascosti dentro ad un cassetto”.

Il lavoro di Nino Di Matteo è stato quello di riaprire tali cassetti e riportare alla luce insieme a Palazzolo ciò che per troppo tempo è stato dimenticato. Si va a fondo alle dinamiche del problema di fondo che caratterizza la storia del nostro Paese da sempre: il legame (quasi indissolubile) tra mafia e politica. Ed è Vittorio Teresi spiegarci che in Collusi si fa estrema attenzione a riportare persone, fatti ed entità con il loro nome contestualizzando il tutto in modo da dipanare davanti al lettore una metastasi per troppo tempo tenuta nascosta e volutamente dimenticata. Teresi aggiunge un altro punto alla sua analisi : “non c'è dubbio sulla grande lungimiranza che hanno avuto coloro che anno introdotto il 416 bis nel 1982. Però da lì non è cambiato niente”. Infatti quel sistema di accaparrasi il voto per cui il mafioso si appropria del politico di turno, accompagnandolo per far capire all'elettore chi deve votare, rappresenta la forza intrinseca del potere mafioso. Ed ecco perchè oggi la mafia non ha più bisogno di intimidire esplicitamente. Segno evidente che è più forte di prima.
Un altro “pugno allo stomaco” messo in evidenza da Cascio riguarda un passaggio di Di Matteo in cui si sottolinea la forsennata ubriacatura di alcuni politici ad acquistare potere da Cosa Nostra. Per certi versi si tratta anche spesso e volentieri di politici che sono convinti di non aver allacciato alcun legame con il mafioso in quanto hanno rapporti con l'intermediario.
Quando tocca a Gianni Minà dare un contributo alla serata l'analisi si fa ancora più amara. Il punto di fondo, ci spiega il giornalista, è il crollo della borghesia. La classe media non esiste più. “La fascia intermedia della società è fallita”. “Com'è possibile che i discorsi che Sciascia mi fece per quattro ore seduto nel mio studio di Blitz, oggi le senta qui a questa presentazione?” “Fa schifo oggi la presunta democrazia in Italia. La vera democrazia è un'altra cosa”. Finchè non siamo in grado di fare i conti con il nostro passato è impossibile che in Italia approdi una vera e sincera democrazia.
Perchè la democrazia presunta si trasformi in Vera Democrazia, occorre che a livello istituzionale non si abbassi mai la guardia. A dircelo è il Questore di Palermo Guido Longo. Questo perchè la ,mafia pur non agendo come nel passato, “c'è ancora. E ciò lo si vede dai capitali che sono in circolo nel mondo economico e finanziario-imprenditoriale”. “Dire che la mafia non c'è è pericolosissimo” perchè significa “arrendersi”. “I segnali ci sono, basta essere in grado di coglierli, altrimenti è una guerra persa i partenza”. Fare in modo che “il passato non ritorni, [...] perchè io ero a Palermo in quei terribili anni e non voglio più riviverli”.

FOTOGALLERY © Mike Palazzotto, ACFB e Linda Grasso


C'è poi un'altra frase del libro Collusi su cui riflettere. Nino Di Matteo scrive del germe dell'indifferenza. Impossibile non fare rimandi con Cose di Cosa Nostra di Giovanni Falcone, in cui il magistrato sottolineava il forte interesse dell'opinione pubblica verso l'uccisione di un servitore dello stato seguito poi dopo da una costante perdita di attenzione. Perdita che rimanda al germe dell'indifferenza.
Ed è con le parole di Nino Di Matteo che l'emozione della serata tocca il culmine. E' un Nino Di Matteo teso in volto quello che parla e che spiega il perchè dell'idea di scrivere questo libro. Un'idea che è nata nel momento più difficile della sua vita personale e familiare. “E' stato un modo per reagire alla delusione” a portarlo a scrivere il libro in modo tale che “rappresenti uno stimolo alla memoria per un Paese che ne è privo”. “Scriverlo perchè non si può restare in silenzio”. Eccola ,dunque ,l'esigenza di raccontare i fatti e riflettere. Riflessione amara che porta il magistrato a ripercorrere alcuni fatti stravolti volontariamente da chi ha voluto (nel mondo dell'informazione) indirizzare l'opinione pubblica in una determinata direzione. Come ad esempio la sentenza del processo ad Andreotti, passata da tutti (o da molti) come un'assoluzione, quando invece si tratta di prescrizione. Oppure la sentenza definitiva che ha portato alla condanna a sette anni per concorso in associazione mafiosa per Marcello Dell'Utri, definito l'intermediario tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi. “Il paradosso oggi è che chi enuncia i fatti è considerato rivoluzionario”. Ecco la nota amara che ritorna nell'analisi di Di Matteo.
Ma ciò che manca, ciò che doveva accadere in questi ventitre anni dalle stragi e che non è accaduto è l'allontanamento del mondo politico verso la formazione di rapporti costanti con il mondo mafioso.
E quindi “fare i nomi è sempre un qualcosa che porta esporti”. Così è accaduto alla Procura di Palermo in questi anni. “La Procura ha avuto un torto” dice Di Matteo. “Il fatto che su certi soggetti si potesse istituire un processo. E per questo la Procura è stata accusata di essersi mossa fuori dagli ambiti costituzionali. […] Accusati di aver violato e prerogative del Capo dello Stato. Di essere eversivi nei suoi confronti”. L'amarezza giunge dal fatto che nessuno si è schierato in difesa dei magistrati. “E i silenzi sono più assordati rispetto alle offese”.
Può esserci speranza? Certo che si. “L'unica speranza” continua Di Matteo “è la verità. Bisogna partire dalla verità. Da lì si trovano anche gli spunti di ottimismo”. Anche se alla luce delle ultime riforme c'è poco da stare speranzosi. La voglia di modificare la magistratura come noi ancora conosciamo; creando la figura del magistrato manager. Ogni riferimento alla legge sulla responsabilità civile ai magistrati è puramente intenzionale.
Palazzolo invece sottolinea l'avanguardia del Sistema Denaro , riferito a Matteo Messina Denaro. Miliardi che circolano e non si trovano. E “io ho la sensazione che Denaro” dice Salvo Palazzolo “ sia un po' più avanti di noi rispetto a noi. Lui è uno che ha in mano i segreti di Riina del passato. Ecco perchè rimane libero.”
“Rispetto al passato però c'è un vantaggio; oggi la società civile ha gli strumenti necessari per non ripetere gli errori del passato. E il modo è solo uno: tornare a raccontare i fatti”. Problema centrale quindi , come sostenuto anche da Minà, è l'informazione nel nostro Paese. “I nostri editori non ci permettono di fare il nostro lavoro, e la metà delle cose che raccontano è falsa”.
E' con Vittorio Teresi però che si ritorna a concludere accennando alla Trattativa e alla condizione in cui il pool di quattro magistrati (Teresi, Di Matteo, Del Bene e Tartaglia) lavorano. Isolati, schivati e percepiti anche dentro lo stesso Palazzo di Giustizia (non a caso definito ai tempi di Falcone e Borsellino “Il Palazzo dei veleni”) con un certo fastidio.
Non un quadro quindi sereno come era ovvio che fosse. Però con Collusi di Nino Di Matteo e Palazzolo c'è la speranza che molti arrivino a comprendere e conoscere qui fatti dimenticati, recuperando così quella memoria che ci serve per poterci definire Democrazia.

VIDEO Presentazione del libro "Collusi"

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