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cocaina-effdi Giulio Serra - 27 aprile 2015
Il 4 marzo 2009 "Il Piccolo" di Trieste titola a tutta pagina: «I narcos colombiani pronti a sbarcare a Trieste». Otto parole che in altre zone d'Italia avrebbero provocato lo squasso della terra, fatto detonare interrogativi, discussioni, approfondimenti. A Trieste, e in generale nel Nordest, nulla di tutto ciò accade, ma a chi le mafie le annusa da anni corre un brivido freddo lungo la schiena. Il quotidiano di Trieste parla infatti dell'operazione del Ros coordinata dal pm Pietro Montrone della DDA giuliana che il giorno precedente ha portato all'arresto di tredici persone, tra cui undici colombiani e due italiani, tutti coinvolti nella rete di spaccio di cocaina messa in piedi su queste terre dai narcos di Bogotà. Le procedure di scarico e dislocazione della merce, che sarebbe dovuta passare per il porto marittimo di Trieste, erano state discusse tempo prima da due emissari colombiani mandati in Italia a questo proposito.

Ma non pensiamo a riunioni tenutesi in bunker sotterranei o in gallerie clandestine: i due avevano pianificato la più grande operazione di scarico cocaina mai provata prima al Nordest standosene beatamente seduti al tavolino di un bar sulle Rive, mescolati ad altre decine di clienti e passanti, ignari che da queste parti i narcos possano respirare, camminare, dialogare, perfino bere un caffè in totale libertà. Il piano era stato deciso già nel 2007 da Cortes Gueso, ritenuto dalle Forze dell'Ordine tra i principali attori dello spaccio di stupefacenti a Nordest, e da altri quattro narcos suoi fedeli. Era un giovedì di luglio e il caldo a Trieste toglieva il respiro. E fu così che il cartello decise di sbrogliare la matassa dello scarico della merce all'aria aperta, al bar Gabbiano in Riva Grumula, assieme a un sesto uomo, probabilmente un portuale, di certo un "gancio". Ma perché i narcos avevano scelto il porto di Trieste? La risposta è evidente. Il porto marittimo di Trieste è il primo in Italia per traffico di merci. Ogni anno il traffico container arriva ad oltre 500mila TEU e risulta essere il secondo porto container di tutto l'Adriatico dopo Capodistria e prima di Venezia. Qui arrivano e partono i cargo delle principali compagnie mondiali, con un flusso continuo e meccanico in cui i bastimenti illegali sono di facile immissione. Anche oggi - adesso - uno o più container in arrivo dalla Spagna, dalla Turchia, dalla Svezia o dall'Argentina potrebbe contenere cocaina, hashish o chissà quale altro stupefacente o arma o merce contraffatta e per questo illegale. Ma tutto questo al Nordest non interessa, si cristallizza solamente nella testa di chi indaga queste storie, nella testa di chi - agli occhi altrui - pare un marziano sbarcato sulla terra.

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