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di AMDuemila - 8 aprile 2015
Arrestati sedici soggetti legati alle due famiglie mafiose
Sono sedici gli arresti emessi dal gip ed effettuati dai Carabinieri di Catania nei confronti di altrettante persone considerate appartenenti a due gruppi mafiosi del territorio di Paternò, legati alle famiglie Santapaola e Laudani. I reati contestati a vario titolo sono associazione mafiosa, omicidio, tentato omicidio ed armi Indagini dei militari dell'Arma su un delitto e un tentativo di omicidio avvenuti nella provincia etnea nell'estate del 2014 hanno consentito di delineare le dinamiche dei due sodalizi criminali, ricostruendone le strutture e le modalità di gestione delle 'casse comuni', ma anche di scongiurare una escalation criminale per l'affermazione dell'egemonia sul territorio e sequestrare numerose armi e munizioni.

Punto focale del'inchiesta è stato l'agguato del 27 giugno 2014 commesso nel grosso centro agricolo etneo: due sicari armati di pistola uccisero l'ex ergastolano Salvatore Leanza, 59 anni, ritenuto ex sicario del clan Alleruzzo-Assinnata, e ferirono gravemente sua moglie, Barbara Bonanno, di 58. I carabinieri collegarono il fatto al ritorno sul territorio di un elemento dal passato criminale di notevole spessore che avrebbe scalato il vertice del gruppo legato alla cosca Santapaola. Alla sua ascesa era contrapposto lo storico clan locale dei Morabito, vicino ai Laudani. L'escalation tra le due fazioni contrapposte, facenti capo a famiglie appartenenti a Cosa nostra etnia, aveva poi portato all'agguato nei confronti di Antonino Giamblanco, risalente al 30 luglio 2014, ma il presunto uomo di fiducia di Leanza sfuggì ai killer. Salvatore Leanza, un curriculum criminale di tutto rispetto, era stato condannato per omicidio ed era considerato un sicario del clan mafioso di appartenenza. Dopo essere stato condannato all'ergastolo la pena era stata commutata in 30 anni di reclusione. Grazie ai benefici di legge era tornato libero e nel 2013 era rientrato a Paternò. Un ritorno, è quanto avevano ipotizzato carabinieri e Dda della Procura di Catania, che avrebbe influito sugli equilibri criminali del territorio.

Fonte ANSA


AGGIORNAMENTO - Ore 12:33
Accusato di essere il mandante dell'agguato in cui fu assassinato Leanza e ferita la moglie dell'ex ergastolano è Alfio Rapisarda. Secondo la Dda della Procura di Catania l’uomo aveva un duplice movente: vendicare la morte del fratello Alfio, ucciso dalla vittima nel 1980, ed eliminare il capo di un gruppo criminale rivale. Rapisarda, infatti, è considerato dai carabinieri il boss del gruppo Morabito-Rapisarda, legato alla cosca Laudani, contrapposto al clan Alleruzzo-Assinnata a sua volta collegato alla famiglia Santapaola. I carabinieri hanno accertato che dopo l’agguato Rapisarda, temendo rappresaglie, non usciva più da casa, e gestiva la sua attività di titolare di un parcheggio dall’abitazione senza andare a lavorare. Il 15 luglio 2014 è stato arrestato per scontare un residuo pena di una precedente condanna, e gli investigatori lo hanno intercettato nella sua cella del carcere di Bicocca. Quindici giorni dopo è scattato il secondo agguato contro Antonino Giamblanco, uomo di fiducia di Leanza: un commando di fuoco lo ha bloccato mentre era in auto, ma non è riuscito a centrarlo e l'uomo è riuscito a fuggire illeso. Per tentato omicidio, sempre come mandante, è indagato Salvatore Rapisarda, in correo con il figlio Vincenzo Salvatore, e Francesco Peci, arrestato dai carabinieri lo scorso 16 ottobre perché trovato in possesso di numerose armi, compresa quella utilizzata nel tentativo di omicidio di Giamblanco. Sequestrato inoltre un altro arsenale, nel corso delle indagini, in un ovile di proprietà di Giuseppe Tilenni Scaglione, legato al gruppo Leanza. Dei due agguati si è autoaccusato, come esecutore materiale, Franco Musumarra, collaboratore di giustizia dallo scorso anno che ha contribuito con le sue dichiarazioni all'operazione 'En plein' della Dda di Catania, coordinata dal procuratore Giovanni Salvi.

Blitz 'En plein’: i nomi degli arrestati
Il provvedimento riguarda Antonino Barbagallo di 39 anni, Alessandro Giuseppe Farina, di 30, Rosario Furnari, di 37, Antonino Giamblanco, di 50, Antonio Magro, di 40, Vincenzo Morabito, di 55, Giuseppe Parenti, di 33, Vincenzo Patti, di 36, Francesco Peci, di 38, Salvatore Rapisarda, di 60, Vincenzo Rapisarda, di 27, Sebastiano Scalia, di 41, Pietro Giovanni Scalisi, di 58, Angelo Sciortino, di 41, Giuseppe Tilenni Scaglione, di 39, Salvatore Tilenni Scaglione, di 49.

Fonte ANSA


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