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09“Così nostro figlio torna a vivere”
di Aaron Pettinari - 16 dicembre 2014
“La mafia è un fenomeno in evoluzione. Da rozzo venditore il mafioso manda adesso i figli a scuola: si istruiscono a spese di questo Stato in cui loro stessi sono parassiti”. E' Nino Agostino, l’agente di polizia assassinato nel 1989 da un gruppo di sicari a Villagrazia di Carini insieme alla moglie Ida Castelluccio, a scrivere queste parole. E' quel che resta del suo memoriale di appunti, lasciati nell'armadio, in parte distrutti. Un piccolo testo impressa in un segna libro consegnato all'ingresso dell'istituto comprensivo Mantegna-Borsellino di Boccadifalco. E' qui che questa mattina, organizzato dal Dirigente Scolastico Carmelo Ciringione e dalla collaboratrice Vicaria Silvia Ruppi con il coordinamento dell'Associazione Cittadinanza per la Magistratura, è stata intitolata a Nino Agostino, che da giovane frequentò proprio questa struttura, l'aula magna. Una cerimonia che ha visto la partecipazione di tanti alunni, pronti ad accogliere con musica e canti i genitori di Nino, Vincenzo ed Augusta, che da troppi anni attendono che sia fatta giustizia sulla scomparsa di proprio figlio. Assieme a loro alcuni rappresentanti delle istituzioni, come il Prefetto Francesca Cannizzo e Marco Anello (Provveditore sgli Studi di Palermo), quindi l’assessore comunale alla Scuola Barbara Evola, alcuni ufficiali ed i pm di Palermo Vittorio Teresi e Francesco Del Bene. Un incontro che è stata anche occasione di riflessione sui temi della legalità e sulla ricerca della verità intervallati dall'emozione fatta vivere dalle immagini di un giovane Agostino, alunno della scuola, donate da Augusta, o dal video del matrimonio dei due giovani uccisi appena un mese dopo.


Quel 5 agosto del 1989 doveva essere un giorno di festa. Assieme alla moglie, incinta di cinque mesi, si stava recando a casa dei genitori, a Villagrazia di Carini, per festeggiare il compleanno della sorella. Agostino venne colpito da vari proiettili, mentre la Castelluccio venne raggiunta da un solo colpo e cominciò a strisciare per terra per avvicinarsi al marito morente. I genitori di Agostino, uditi gli spari, andarono a soccorrere il figlio e la nuora ma non c'era più niente da fare: erano entrambi già morti. Un momento drammatico, sempre vivo negli occhi di Vincenzo e di Augusta che anche quest'oggi hanno ricordato quegli attimi chiedendo ancora una volta che sia fatta giustizia. Una richiesta che viene testimoniata da quella barba lunga che non viene mai tagliata. “Mio figlio nel portafogli portava un biglietto, in cui c'era scritto di andare a cercare dentro il suo armadio nel caso in cui gli fosse successa qualcosa - ha racconta Agostino - ma i suoi appunti sono stati fatti scomparire. Ho chiesto il perché al capo della polizia, al prefetto, al questore, al ministro dell'Interno, ma loro non mi rispondevano. Mi hanno preso in giro, per questo sulle bare di mio figlio e di mia nuora ho promesso di non tagliarmi più barba e capelli fino a quando non emergerà la verità”. E poi ancora “Mio figlio si è sacrificato perché non si è voluto piegare davanti a nessuno, onorando fino alla fine quel giuramento fatto come servitore dello Stato, così come molti altri poliziotti che hanno pagato con la vita”. Nel suo racconto il papà di Nino ha anche ringraziato la presenza di altri familiari di vittime di mafia come Luciano Traina (fratello di Claudio, ucciso nella strage di via d'Amelio) e Ferdinando Domè (figlio di Giovanni Domè, vittima della strage di viale Lazio). Assieme ad Augusta ha poi voluto abbracciare tutti i ragazzi dell'Istituto e gli organizzatori “Perché questo per noi è un giorno di festa perché oggi, qui in questa scuola, in questa stanza, Nino torna a vivere grazie al suo nome che resterà per sempre in questa scuola”. Unica delusione della mattinata la “speranza spezzata” di un “barlume di verità” dopo le indiscrezioni giornalistiche che erano emerse sulle rivelazioni del boss Vito Galatolo in merito alla morte dei due coniugi. “Sono indiscrezioni che non fanno bene – ha detto il pm Francesco Del BeneLo dico con rammarico e sofferenza. Leggendo alcuni articoli di giornale che hanno offerto una possibilità che, purtroppo non è reale. Non è vero che Galatolo ha riferito certe cose di Nino Agostino. Al tempo aveva solo sedici anni. Cosa avrebbe potuto sapere?”. “A me questi articoli danno fastidio – ha aggiunto il pm - perché sembra che siamo lì per fare giustizia, per individuare i responsabili anche se non è così. Noi non possiamo che metterci impegno e non smetteremo certo”. Poi ancora, rivolgendosi ai ragazzi: “Quello che si sta facendo quest'oggi, intitolare quest'aula a Nino Agostino vuol dire aver impresso per sempre nella memoria, nelle nostre coscienze, il ricordo e l'esempio di questa persona. Tutti quelli che negli anni futuri frequenteranno questa scuola dovranno conoscere la sua storia. Si tratta davvero di un evento unico che ristabilisce la memoria di questa persona per la quale ancora non abbiamo raggiunto la verità. Come ho detto però non smetteremo di cercarla”.

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