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rapido-904-5di AMDuemila - 9 dicembre 2014
Firenze. Per la strage del treno rapido 904 fu usato il Semtex (esplosivo di produzione cecoslovacca di cui era vietata l'importazione in Italia, ndr), "lo stesso esplosivo della strage di via D'Amelio" in cui morì il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Questo quanto emerge nella seconda udienza del processo sulla strage del rapido 904, che si sta svolgendo a Firenze. Giulio Vadalà, consulente del pubblico ministero, chiamato in aula come teste, ha spiegato che la composizione chimica dell'esplosivo Semtex, composto da T4 e Pentrite, nitroglicerina e tritolo che fece saltare in aria la Fiat 126 il 19 luglio 1992 era la stessa di quella che esplose nel rapido 904 il 23 dicembre 1984. Analogie sui materiali esplosivi che si ritrovano anche “nella strage di Capaci e nelle stragi del 1993 a Roma, Milano e Firenze", nonché nei i falliti attentati all'Addaura e allo stadio Olimpico di Roma.

Inoltre, rispondendo al pm Angela Pietroiusti, il consulente Vadalà ha riferito anche di analogie con materiali esplosivi scoperti e sequestrati in arsenali e depositi nella disponibilità di mafiosi legati a Cosa nostra: in particolare ha fatto riferimento ai sequestri del 1985 a Poggio San Lorenzo (Rieti) e in un appartamento a Roma - depositi entrambi nella disponibilità di Pippo Calò, già condannato per la strage del rapido 904 - e al sequestro dell'arsenale gestito da Giovanni Brusca a San Giuseppe Jato (Palermo).

Nella strage del rapido 904, chiamata anche di “Natale” morirono 16 persone e 267 rimasero ferite. Totò Riina, il capo di Cosa Nostra è imputato a processo con l’accusa di essere stato il mandante di questa terribile strage. A quanto detto dall’avvocato Luca Cianceroni, difensore di Riina, il capo  della cupola "sta malissimo e a giorni faremo un'iniziativa per la sua salute".

Totò Riina, detenuto in carcere a Parma, ha avuto due infarti, ha una forma di Parkinson e problemi al fegato.
A margine dell’udienza, per la prima volta dopo 30 anni, una superstite, Loretta Pappagallo, ha ricordato pubblicamente l'attentato in cui rimase ferita. “C'è stato un lampo, un tuono indescrivibile, è saltata la luce, ci furono urla, la gente gridava, qualcuno diceva 'Può esserci un'altra bomba'".

“Non ebbi consapevolezza di cosa succedeva, venni catapultata fuori dal vagone- ha raccontato Pappagallo - C'era panico ma non persi lucidità. Ero ferita a una gamba e avevo escoriazioni. Ma mi trascinai sui binari per uscire fuori dalla galleria, volevo salvarmi, solo dopo persi conoscenza". La superstite ha anche spiegato che "Per tanti anni non ne ho parlato in pubblico perché ho rimosso questa vicenda.

Nella prossima udienza, fissata per il 13 gennaio 2015, sarà ascoltato come teste il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca. Lo stesso Brusca avrebbe raccontato agli inquirenti della procura di Napoli (prima che l'inchiesta sul rapido 904 passasse alla procura di Firenze, ndr)che nel periodo 1985-1986 circa, fu contattato da Pippo Calò per spostare il deposito di esplosivi che Cosa nostra gli aveva affidato a San Giuseppe Jato nel timore che venisse scoperto. Brusca ne parlò col suo capomafia Toto Riina il quale, però, gli disse che non c'era bisogno e che l'arsenale poteva rimanere dov'era.

Il deposito di ordigni bellici e materiale esplosivo di San Giuseppe Jato rimase attivo fino al 1996, quando fu scoperto e sequestrato. Per la strage del treno rapido 904, con sentenza definitiva sono già stati condannati i mafiosi Pippo Calò, Guido Cercola e Franco Di Agostino, e l'artificiere tedesco Friedrich Schaudinn.

Fonte ANSA

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