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di Lorenzo Baldo - 16 ottobre 2014

Palermo. Un’ora e mezza dopo l’orario previsto è ripresa questa mattina l’audizione in videoconferenza del collaboratore di giustizia Angelo Siino al processo sulla trattativa Stato-mafia. Alla scorsa udienza il suo legale, Alfredo Galasso, aveva chiesto alla Corte uno slittamento di orario per un suo “impegno” davanti al Gip. Di fatto alla stessa ora l’avvocato dell’ex boss doveva essere davanti al giudice Giovanni Francolini in una causa per calunnia che lo vede indagato insieme ad Antonia Bertolino (titolare dell’omonima distilleria di Partinico, nonché cognata di Angelo Siino), a seguito di una denuncia di Enrico Somma. Il giornalista era stato a sua volta querelato per diffamazione quindici anni fa dalla Bertolino in merito ad un suo articolo apparso nel 1999 sul quotidiano “La Sicilia”. Nel 2008 il giudice monocratico Antonio Tricoli aveva prosciolto Somma stabilendo che il fatto non costituiva reato. Nel frattempo il cronista aveva denunciato la titolare della distilleria e il suo legale.

L’uomo per tutte le stagioni
“Quando ci fu l’accusa di vicinanza mafiosa del Mannino – racconta Siino – immediatamente partì l’input di mettersi a disposizione di Mannino da parte di Guazzelli (Giuliano Guazzelli, il maresciallo dei Carabinieri assassinato il 4 aprile 1992, ndr), me lo disse Rosario Cascio che sapeva della sua conoscenza con Mannino”. Rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo il pentito spiega che “Guazzelli non mi disse di essere amico di Mannino, ma che se gli avesse chiesto una cortesia gliel’avrebbe fatta”. Siino evidenzia quindi che nei primi anni ’70 c’era una certa vicinanza tra lo stesso comandante dei carabinieri ed i mafiosi: “L’ho visto incontrarsi con esponenti di Cosa nostra, con Rosario Cascio, una persona avvicinata dalla famiglia mafiosa di Castelvetrano Francesco Messina Denaro e da suo figlio, un confidente dei carabinieri. Guazzelli era un uomo per tutte le stagioni a volte era un amico altre volte era un nemico. Una volta l’ho visto uscire dopo aver incontrato Totò Di Gangi, reggente della famiglia di Sciacca, mi preoccupai ma mi dissero di non preoccuparmi, era la fine degli anni ’80”. guazzelli-giuliano-omicidio-ritmoQuindi aggiunge: “C’erano rapporti anche con Peppe De Caro, mi disse che non c’erano problemi con Guazzelli, me lo disse quando De Caro era latitante in contrada Grassa, contrada di Canicattì, questo episodio risale a qualche anno prima dell’uccisione del De Caro da parte degli stiddari. In quella giornata ero con Peppe Capizzi, con Di Gangi, e con Antonio Guarneri famoso latitante. Guazzelli l’ho visto che usciva da una stradella che era vicina a delle case dove si incontrava il De Caro con tutta la società mafiosa di Agrigento. Ho visto uscire una macchina dopo che è uscito Guazzelli ho visto che c’era De Caro. Ho chiesto a De Caro se c’era Guazzelli e lui mi disse di non preoccuparmi”. Ad un certo punto però l’opinione su Guazzelli cambia in Cosa nostra. “Cominciai a guardare Guazzelli non più come amico del colonnello Russo, e quindi amico mio, ma lo guardai con sospetto – ricorda Siino – De Caro mi disse si è un poco sbirro, è uno che si mette a disposizione. A Rosario Cascio dissi: ‘questo qui non mi piace perché sta domandando di me’”. (segue)

In foto: il maresciallo Giuliano Guazzelli e la Fiat Ritmo in cui è stato assassinato

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