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di Aaron Pettinari - 15 ottobre 2014

Il magistrato, assieme ad Antonio Ingroia, intervenuto alla presentazione del libro “Bouche de la loi? Imparzialità del giudice e pensiero plurale”.
“Ci chiamano eversori ma mai nessuno ha potuto dimostrare che la Procura di Palermo stia violando la legge”. Antonino Di Matteo, sostituto procuratore titolare dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, ricaccia indietro ogni polemica intervenendo alla presentazione del libro di Stefania Mangiapane, “Bouche de la loi? Imparzialità del giudice e pensiero plurale”, tenutosi ieri pomeriggio al palazzo “Steri”. “Quante volte ho letto o sentito, rispetto ad iniziative processuali o a pareri espressi dalla Procura, piogge di critiche ed attacchi – ha detto ancora il pm - Mai nessuno però che abbia dimostrato che le iniziative della Procura siano al di fuori della legge. Tanta veemenza era emersa nella vicenda delle intercettazioni, si era poi proseguito durante le iniziative processuali comunque avallate dal giudizio della Corte d'assise per l'ammissione a testimonianza di certi testi. Nessuno ha mai potuto osservare o dimostrare che la Procura della Repubblica di Palermo ha violato la legge o non applicato correttamente la stessa. Nonostante questo le critiche sono proseguite, anche se non so se chiamarle così, dipingendo le nostre iniziative come eversive o frutto di un intento persecutorio, facenti parti di un processo commedia. Più che critiche queste appaiono come un qualcosa di diverso”.

Di Matteo ha poi parlato di quel concetto di solitudine, evidenziato nel libro rappresentando il pensiero del giudice milanese Clementina Forleo, di aver vissuto “una solitudine indescrivibile che arriva non solo dall'esterno ma anche, e lo dico con amarezza, anche dai suoi colleghi. Ebbene guardo a quanto accaduto in questi anni nell'inchiesta trattativa e che continua in questi giorni. Possibile che non si è mai assistito ad una presa di posizione a tutela del lavoro della magistratura, a fronte delle critiche, da parte del Csm e dell'Anm? In questi giorni in cui autorevoli opinionisti affermano falsamente di aver ascoltato il contenuto di affermazioni segrete attribuendo alle stesse un contenuto falso ed offensivo su Ingroia e Di Matteo, possibile che nessuno si sia mosso a tutela dell'onorabilità dei magistrati o anche all'attività di magistrati?” . “E' chiaro – ha aggiunto Di matteo – che in un paese normale il magistrato non dovrebbe parlare dell'attività del proprio ufficio. Però credo che in certi frangenti il magistrato che ha a cuore la tenuta della giustizia ha il diritto, se non il dovere etico, di intervenire nel dibattito pubblico, denunciando con determinazione certe situazioni. di matteo-bouche-de-la-lo-3Azioni che venivano svolte anche da Falcone e Borsellino, con il primo che rilasciava interviste ed aveva una rubrica sul quotidiano La Stampa, mentre il secondo intervenne con forza quando vi fu la distruzione del pool antimafia, rilasciando dichiarazioni che lo esposero e lo portarono di fronte ad un procedimento disciplinare nei suoi riguardi. Borsellino rilasciò interviste anche su indagini in corso su Mangano, su Dell'Utri. In molti dimenticano le loro azioni. E il diritto di un magistrato assume ancor più rilevanza quando si preannunciano riforme che mettono a rischio l'effettiva indipendenza della magistratura e l'uguaglianza dei cittadini davanti la legge. Perché c'è questa volontà di far diventare il magistrato un burocrate al servizio del potere. E quando questo non è accaduto in passato abbiamo assistito a profonde campagne di delegittimazione. E' avvenuto per De Magistris, per la Forleo, per la Fiorillo più di recente”.

Ingroia: “Magistrati ultimi difensori della Costituzione”
Al convegno, moderato dal direttore di Telejato Pino Maniaci, è intervenuto anche Antonio Ingroia. L'ex pm, ripercorrendo le fasi che lo hanno condotto alla scelta di abbandonare la magistratura tentando la strada della politica ha ricordato: “Presi questa scelta per gli stessi motivi che portarono Falcone a dire sì alla proposta giunta per dirigere l'ufficio degli Affari Penali del Ministero, e che indussero Borsellino a chiedere il trasferimento alla procura di Marsala. Avevo capito che era arrivato il momento di spostare la lotta su un altro campo perché gli attacchi ed i bastoni che venivano messi per evitare l'avanzamento delle indagini erano troppo forti. Eppure fino a quel momento, nel dopo stragi, c'erano stati importanti risultati. Basti pensare che solo dopo gli attentati del 1992 e del 1993 si arriva a processare figure istituzionali come Andreotti, Contrada e Dell'Utri.
A quel punto però è iniziato ad avanzare questa nuova immagine, il dare la figura del magistrato politicizzato quando in realtà, come dissi, il magistrato è non altro che partigiano della Costituzione al di là di ogni libero convincimento che possa avere”. E sul processo trattativa ha aggiunto: “In questo momento si è di fronte ad un nuovo gradino. E le polemiche che si sono susseguite, con tanto di studiosi che senza conoscere atti si sono messi in gioco per demolirlo, dimostrano il timore che si nasconde su questo processo dove non si giudica la collusione di questo o quel funzionario di Stato ma si giudica la scelta di scendere a patti con la mafia. E guai a dire che quella scelta fu fatta per salvare vite umane perché così non è stato mentre si salvarono solo le vite di pochi politici. Per avere questa verità però non possono bastare solo i magistrati dalla schiena dritta.di matteo-bouche-de-la-lo-2 Di fronte a questa democrazia dimezzata servono soprattutto cittadini impegnati e l'impegno deve essere per un rinnovo della politica”. Ad intervenire al convegno anche il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e l'avvocato Antonio Lo Bue, Giuseppe Verde, Ordinario di Diritto costituzionale, oltre all'autrice Stefania Mangiapane che nella sua introduzione ha detto: “Gli anni difficili che stiamo affrontando ci devono ricordare ogni giorno che troppi magistrati sono oggetto di ripercussioni e minacce, ‘colpevoli’ di adempiere al proprio dovere senza essere asserviti al sistema dei ‘poteri forti’. Il coraggio dimostrato da Roberto Scarpinato, Nino Di Matteo e Antonio Ingroia con le loro inchieste e attraverso la loro esposizione mediatica risveglia le coscienze dell’opinione pubblica, ma al contempo scatena azioni punitive da parte della politica troppo spesso condizionante una certa stampa, non più paladina della condizione dei magistrati nel mirino di imputati eccellenti, ma spesso rinchiusa in un silenzio assordante”. Allontanando ogni ideologismo, l’analisi dell’autrice mira a focalizzare l’attenzione su come la sentenza nasca da un processo motivazionale autonomo e completo, frutto di una personale elaborazione, dettata dalla capacità di discernere le proprie convinzioni dal caso concreto. Con il suo libro intende offrire un percorso ragionato per capire cosa ha realmente destabilizzato, quasi irrimediabilmente, l’equilibrio tra potere giudiziario e potere politico nel nostro Paese. E a dare ancora più valore all'opera realizzata anche un fine sociale. Il 50 per cento del ricavato della vendita del volume, infatti, sarà devoluto alla “Missione Speranza e Carità” di Biagio Conte.

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