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dali-antonio-web10Depositate motivazioni sentenza
di AMDuemila - 27 giugno 2014
Palermo. Depositata ieri la sentenza (oltre 700 pagine) che riguarda l'ex sottosegretario all'interno di Fi Antonio D'Alì: "Vi è la prova che Antonio D'Alì ha intrattenuto relazioni con l'associazione mafiosa fino agli anni '90, e che ne abbia con certezza ricevuto l'appoggio elettorale in occasione delle prime consultazioni alle quali si è candidato, ossia quelle dell'anno 1994". E' uno dei passaggi contenuti nelle motivazioni della sentenza attraverso la quale il gup di Palermo lo scorso settembre ha dichiarato prescritte le accuse per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Le accuse sono state contestate, fino al '94, ad Antonio D'Alì (in foto), mentre invece per le condotte il giudice ha assolto l'imputato perché il fatto non sussiste.

Le accuse mosse al politico trapanese contestavano il fatto di avere avuto per anni rapporti con le famiglie mafiose e di avere ricevuto il sostegno elettorale da parte dei boss, oltre ad aver anche pilotato appalti pubblici, facendoli assegnare a imprese in odore di mafia. L'accusa è rappresentata dal pm Paolo Guido.
La procura chiese l'archiviazione dell'inchiesta, ma il gip Antonella Consiglio ordinò nuovi approfondimenti al termine dei quali i pm avanzarono la richiesta di rinvio a giudizio per l'ex senatore. I magistrati avevano chiesto la condanna di D'Alì a 7 anni e 4 mesi.
Il gup cita, a riscontro della sua affermazione, le parole del collaboratore di giustizia Tullio Cannella, che è stato definito "pienamente attendibile". Cannella - scrive il giudice - "ha espressamente affermato che Vincenzo Virga (capomafia del trapanese, ndr) aveva dapprima indicato Antonio D'Alì tra le persone da coinvolgere nella nascita di Sicilia Libera, ossia del partito mediante il quale Cosa Nostra avrebbe inteso ottenere diretta rappresentanza politica, per la tutela dei propri interessi senza mediazione con i partiti tradizionali, e che avrebbe dovuto operare per il tramite di personaggi puliti (come sarebbe apparso l'imputato, mai entrato in politica e portatore agli occhi esterni della propria esperienza imprenditoriale di banchiere), di fiducia, ossia che si prestassero ad agire nell'interesse dell'organizzazione". "Nonostante Cannella abbia riferito di non aver incontrato D'Alì - continua poi la sentenza - quest'ultimo ricevette l'investitura da Vincenzo Virga nel corso di una riunione indetta ad hoc, cui partecipò pure Giuseppa Marceca (un altro mafioso, ndr), che in effetti si occupò del progetto fintantoché il sodalizio non decise di convogliare i propri voti verso Forza Italia".

Fonte Ansa

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