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mori-mario-web7L’appello del sostituto procuratore generale di Palermo Luigi Patronaggio
di Miriam Cuccu - 6 gennaio 2014
La motivazione con cui la IV sezione del tribunale di Palermo ha assolto in primo grado gli ex ufficiali del Ros Mario Mori (foto) e Mauro Obinu, accusati di non aver arrestato Bernardo Provenzano a Mezzojuso, è caratterizzata da “contraddittorietà e illogicità”. Così si esprime il sostituto procuratore generale di Palermo Luigi Patronaggio in un appello nel quale, facendo eco al documento precedentemente scritto dal pm Nino Di Matteo, parla di una sentenza priva di ogni logica e buon senso. Una sentenza che ha sistematicamente smontato la testimonianza del colonnello Michele Riccio, teste chiave nel processo in questione e che, a ridosso del mancato blitz a Mezzojuso, aveva raccolto le confidenze di Luigi Ilardo, mafioso di notevole spessore che stava per fare il salto e diventare a tutti gli effetti un collaboratore di giustizia. Ilardo era riuscito a farsi dare appuntamento dal padrino corleonese, un’occasione d’oro grazie alla quale i carabinieri del Ros avrebbero potuto procedere all’arresto di Provenzano 11 anni prima della sua effettiva cattura.

Poi dal vertice arrivò l’ordine di non procedere e la copertura di Ilardo saltò, provocandone inevitabilmente l’uccisione il 10 maggio 1996. Secondo i giudici, però, Riccio non avrebbe detto tutta la verità, né informato in modo tempestivo la magistratura delle scelte operate dai suoi superiori. Scrive Patronaggio: “Il Tribunale ha ridotto questo processo ad un processo fortemente indiziario... non si spiega altrimenti la fiera opera di demolizione del teste Riccio... appare fin troppo evidente che cercare di provare la responsabilità degli imputati attraverso la prova certa dell'esistenza della Trattativa, oggetto per altro di un altro processo, è impresa ardua oltre che errata da un punto di vista logico-giuridico”. Il magistrato spiega infatti che la IV sezione penale “lungi dall'esaminare le prove articolate a dimostrare l'esistenza dell'elemento materiale del reato di favoreggiamento personale contestato agli imputati ha viceversa speso ben 853 pagine su un totale di 1318 per confutare l'esistenza della trattativa Stato-mafia”. Invece, prosegue Patronaggio, era necessario accertare prima se “la condotta degli imputati nella gestione di Ilardo fosse stata una continuazione della condotta gravemente omissiva che aveva connotato la mancata perquisizione del covo di Totò Riina”, una responsabilità sempre di Mori, che per questo venne processato e successivamente assolto. O se la mancata cattura a Mezzojuso sia stata generata da “un piano di azione volto ad una più sicura cattura del latitante ovvero una operazione per finalità non istituzionale, connotata da volontari, gravi e grossolani errori ed omissioni”.

Patronaggio sottolinea inoltre l’assenza di una “valorizzazione ed armonizzazione con altri elementi di prova” come appunto l’aver lasciato incustodito il covo di Riina per ben 18 giorni o, nel 1993, la mancata cattura di Nitto Santapaola, boss del catanese arrestato alcuni mesi dopo. Sulla vicenda Di Matteo aveva precedentemente sostenuto che anche in quella circostanza Mori avrebbe avuto l’intenzione di favorire un mafioso, in questo caso Santapaola.

Stando all’assoluzione risalente al luglio scorso, invece, il comportamento adottato da Mori e Obinu sarebbe stato caratterizzato unicamente da “condotte opache” e “scelte discutibili”, ma neanche l’ombra di una qualsivoglia volontà di proteggere la latitanza dorata di ‘zu Binnu’. Eppure nel suo appello Patronaggio non scarta “ove non si ritenesse provato che gli imputati abbiano agito per favorire l'ala stragista di Cosa nostra, al fine di fare cessare la strategia stragista dei corleonesi, di potere fare ricorso ad una richiesta subordinata di affermazione della penale responsabilità degli imputati per favoreggiamento personale aggravato dall'articolo 7”.

Difficile non scorgere, dietro questa fitta trama di palesi omissioni e complicità, un filo che lega più vicende accomunate dalla medesima intenzione, quella di favorire i boss mafiosi a discapito della giustizia e della parte sana del Paese.

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