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il-sogno-di-paolodi Miriam Cuccu - 1° dicembre 2013
Alla fiera del Maghunting la presentazione del libro “Il sogno di Paolo”
Fermo. Chi si chiede cosa leghi la storia delle organizzazioni criminali e le stragi del ’92 con il fenomeno del bullismo a scuola non ha mai ascoltato la storia di Christina Pacella, autrice del libro “Il sogno di Paolo” presentato ieri sotto gli occhi di circa 700 ragazzi – medie e superiori del fermano – alla fiera dell’editoria Maghunting. L’incontro, introdotto dal caporedattore di Antimafia Duemila Anna Petrozzi, ha visto la speciale partecipazione in collegamento skype di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, il cui sogno, sottolinea l’autrice, “prima di ogni altra cosa era un sogno d’amore”. Il sogno di vedere un giorno un Paese libero dalle mafie, ma soprattutto dall’indifferenza che, più subdola, è capace di annidarsi anche tra i banchi e i corridoi delle scuole.

Raramente un argomento di così grande attualità e spesso sottovalutato – è relativamente recente il dilagare del cyberbullismo, il bullismo in rete – viene affrontato con tale attenzione e sensibilità. Christina Pacella, nata in Canada da genitori italiani – da anni vive nelle Marche – porta la sua esperienza diretta di bambina vittima di “sette ragazze, tutte di famiglie italiane” che ad ogni occasione “iniziavano ad insultarmi, a prendermi in giro, ad accerchiarmi”. Finchè un giorno “mi hanno seguito all’uscita di scuola…avevo talmente tanta paura che mi misi a correre, ma questo ha innescato in loro la violenza. Una volta raggiunta mi hanno buttata a terra” mentre io “cercavo di difendermi dai loro sputi, calci, pugni”. Non una persona, in una via di case e negozi, intervenne in quel frangente. Christina è poi riuscita a denunciare le sue piccole aguzzine e ad ottenere una giustizia che le ha permesso, a distanza di anni, di condividere con i ragazzi il dolore che porta dentro e che lascia il segno anche in chi maghuntingla ascolta. “Io sento il dovere – afferma la Pacella – di aiutare la famiglia Borsellino ad ottenere la stessa giustizia di cui io ho potuto godere: questo è il mio sogno”. Giustizia, e verità, sui misteri della strage di via D’Amelio dove 500 chili di tritolo uccisero Paolo Borsellino e gli agenti della scorta, sulla sparizione dell’agenda rossa depositaria dei segreti del giudice, su quel ‘gioco grande’ culminato con il dialogo tra Stato e mafia per proseguire una secolare e pacifica convivenza. Buchi neri frutto dell’omertà, della complicità e dell’indifferenza di chi sa e non parla, di chi vede e volta le spalle. Proprio come chi, a scuola, non denuncia il bullo “per non fare la spia”. Christina però vuole dare un messaggio di speranza: “Ai ragazzi che subiscono atti di bullismo voglio dire: parlate, andate dai vostri genitori, dagli insegnanti, dalle forze dell’ordine. Noi ci siamo, non dovete avere paura di raccontare. E se questo momento può sembrarvi senza via d’uscita, vi assicuro che una via d’uscita c’è, che questo momento finirà e che diventerete più forti. Purtroppo – aggiunge poi – anche nella provincia di Fermo alcuni ragazzi decidono di togliersi la vita. Noi non abbiamo il diritto di spingerli a questo!”, “Il diverso – conclude – non va ghettizzato ma compreso, perché può arricchirci dentro”.
“Il sogno di Paolo” è una delicata sintesi tra la vita della giovane protagonista – divisa tra la scuola, quel compagno di classe straniero isolato e sbeffeggiato dagli altri e il mare azzurro di Palermo – e la mafia, il pizzo, le stragi, il mistero dell’agenda rossa. Temi ai quali è difficile accostarsi ma che, visti con gli occhi di una tredicenne, in una dimensione introspettiva e a tratti quasi onirica, acquistano una nuova e più maghunting 1comprensibile veste pur conservando intatto il loro profondo valore. Lo sconforto, la rabbia che nasce dall’urgenza di arrivare ad una verità da alcuni temuta e negata si fa, proprio per il suo voler guardare ai più giovani, voglia di riscatto e speranza per il futuro. Per poter realizzare il sogno a cui Paolo con un ultimo sorriso donò la vita.
È un lungo applauso quello che risuona nella sala del Fermo Forum a seguito del racconto dell’autrice italo-canadese, che si ripete con maggior vigore alla vista di Salvatore Borsellino, il quale dallo schermo osserva commosso il pubblico in sala e gli studenti che hanno preparato per lui alcune domande. “Paolo sarebbe felice di vedere tutti questi ragazzi che sono lì anche per lui” commenta, per poi spiegare la serie di eventi che l’ha portato, da alcuni anni a questa parte, nelle piazze e nelle scuole di molte città d’Italia per ricordare che la morte di suo fratello – così come quella di Giovanni Falcone – è stata sì progettata da Cosa nostra, ma per ordine di ben altri uomini di potere. “La mafia mi ucciderà quando saranno altri a volerlo” confessava Paolo Borsellino alla moglie Agnese. Di scoprire i nomi di questi ‘altri’ si stanno occupando, nel processo per la trattativa Stato-mafia “alcuni magistrati – Di Matteo, Del Bene, Tartaglia, Teresi – che sono stati minacciati e vivono in condizioni terribili” precisando che “hanno bisogno dell’affetto della gente, di sentire che non sono soli”. Salvatore parla del calvario vissuto dalla sua famiglia nei 57 giorni che separarono la morte di Falcone da quella del fratello, e di “sentimenti che non si possono descrivere”. E ai ragazzi: “E’ importante studiare per capire e conoscere i mali del nostro Paese per poi cercare di combatterli. Cominciate fin da ora ad informarvi per diventare degli onesti cittadini, perché un giorno sarete voi ad avere in mano il Paese. Noi adulti non possiamo insegnarvi molto, solo a non ripetere i nostri errori: l’indifferenza e il silenzio”.

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