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salvi-giovanni-web0di Miriam Cuccu - 20 novembre 2013
Da poco più di due anni la Procura di Catania ha iniziato a respirare aria di cambiamento, aria nuova di speranza e fiducia nella giustizia, che in questa città, tra solidi rapporti di contiguità con la mafia, la politica, l'imprenditoria, ha sempre faticato a farsi largo. L'inversione di rotta la dà l'arrivo del nuovo procuratore capo Giovanni Salvi (foto), insospettabile candidato “esterno” la cui candidatura è riuscita ad avere la meglio su quella dei concorrenti Giovanni Tinebra, procuratore generale, e Giuseppe Gennaro, procuratore aggiunto. È proprio Salvi, nel corso di una manifestazione organizzata a Catania da Addio Pizzo lo scorso 19 luglio, nella quale ha ricordato i giudici Falcone e Borsellino, a parlare di fiducia, perchè “è questa che ci consente di andare avanti”. A nulla è servito il ricorso, avanzato sempre da Gennaro e Tinebra – quest'ultimo ha gestito le inchieste poi risultate depistanti sulla strage di via D’Amelio e il falso pentito Scarantino – ad appena un anno dalla nomina. Secondo i pm “al momento della scelta del plenum del Csm i due avevano i requisiti per occupare la carica; non li possedeva invece Salvi, che, se ha certamente ampia competenza in materia di terrorismo, anche internazionale, non dispone di particolari esperienze in materia di criminalità organizzata mafiosa". Ma la poltrona di procuratore capo è rimasta al magistrato 61enne romano di origine leccese.

Altro che incompetenza
Sul conto del procuratore Salvi tutto si può dire tranne che sia incompetente in materia di mafia. Nel 1987, ad esempio, si occupò del processo sulla morte di Roberto Calvi, nel quale venne accertato il ruolo della mafia in relazione al suicidio del banchiere dell'Ambrosiano. Insieme alla Procura di Palermo, Salvi ascoltò le dichiarazioni del capomafia Francesco Di Carlo che permisero di ricostruire la morte di Calvi. Salvi scoprì, nell'ambito dello scandalo Italcasse, la presenza di fondi appartenenti a Pippo Calò – mafioso legato ai Corleonesi di cui ottenne anche l'arresto – così come scoprì l'esistenza di certi interessi della banda della Magliana in alcuni appalti del porto di Siracusa. Il pm romano partecipò a diversi delicati processi, tra cui quello sul memoriale di Moro, sull'omicidio di Mino Pecorelli, sulla strage di Ustica, sul terrorismo di estrema destra. Per citarne solo alcuni. E anche se gli erano pressochè sconosciuti gli assetti criminali della mafia catanese, proprio il suo essere estraneo alla città ha determinato una svolta di cui già da tempo si avvertiva la necessità all'interno della procura etnea.

Un inizio di buon auspicio
Proprio pochi giorni dopo la sua nomina, l'11 novembre 2011, gli agenti della Squadra Mobile di Catania avevano scoperto un arsenale durante una perquisizione, un'operazione di polizia che il nuovo procuratore durante la sua cerimonia di insediamento aveva definito “brillante”, una notizia che “in qualche maniera fa da buon auspicio all'inizio del mio lavoro” e che “mi rende ancora più consapevole delle difficoltà del mio compito”.
La Procura di Catania, sotto la guida di Salvi, da allora è riuscita a portare avanti numerosi processi contro la mafia, la cattiva gestione della cosa pubblica, la corruzione, la collusione e le ecomafie, contribuendo inoltre a rinnovare il funzionamento dei meccanismi giudiziari. Dopo che Salvi ebbe preso in mano l'inchiesta su Raffaele Lombardo (al tempo Presidente della Regione) per la quale era stata fatta richiesta di archiviazione, il Gip Luigi Barone spiccò un'ordinanza per l'imputazione coatta del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, che porterà alla richiesta per l'imputato a dieci anni di reclusione, facendo tremare gli ambienti della politica e dei colletti bianchi in affari con la mafia.
La procura etnea prese di mira, con l'operazione “Nuova Ionia”, anche il settore dei rifiuti, un lucroso business per la criminalità organizzata. L'intervento della Dia di Catania avrebbe determinato la scoperta dell'esistenza di “una stabile struttura organizzativa finalizzata a costituire supporto per la continuativa perpetrazione del delitto di frode delle pubbliche forniture e traffico illecito di rifiuti”. Traffico e smaltimento illecito di rifiuti, truffa e frode contestati, nell'ambito di un'altra inchiesta, anche ad alcuni amministratori di Kalat Ambiente, tra cui Vito Digeronimo, presidente del Cda di Kalat Ambiente e commissario del policlinico di Catania.
Con l'operazione “Fiori Bianchi”, invece, ad aprile 2013 la procura ottenne l'arresto di 77 persone, di cui 74 ritenute affiliate alla cosca Santapaola-Ercolano, decimando la famiglia mafiosa grazie anche alle dichiarazioni fornite dal pentito Santo La Causa. Tra i nomi degli arrestati per estorsione, associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni spicca quello di Giorgio Cannizzaro, arrestato a Roma, che secondo gli investigatori faceva da tramite con i grossi imprenditori legati a Cosa nostra e alla Camorra.
È del giugno di quest'anno, invece, l'arresto dei killer del pentito Luigi Ilardo, ucciso il 10 maggio 1996 e il cui delitto è strettamente collegato al mancato arresto di Bernardo Provenzano a Mezzojuso del 31 ottobre 1995. A 17 anni di distanza la Direzione distrettuale antimafia di Catania è riuscita ad identificare i presunti mandanti e killer – Giuseppe “Piddu” Madonia, Maurizio Zuccaro e Orazio Benedetto Cocimano – destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare.
Ottimi risultati anche nell'inchiesta condotta su Angelo Ercolano, incensurato e nipote dello zio Pippo Ercolano, capomafia recentemente deceduto. Le indagini, avviate lo scorso agosto, avevano svelato l'esistenza di un sistema di false fatture per un valore complessivo di oltre cinque milioni di euro emesse da Angelo Ercolano, presidente della Sud Trasporti Srl, insieme a Maria Ercolano, amministratore delegato.

“Abbiamo vinto grandi battaglie”
In breve tempo la Procura di Catania, a seguito dell'arrivo di Salvi, ha saputo reagire dando vita ad un'azione di contrasto che non ha (più) voluto risparmiare nessuno – mafia, corruzione, colletti bianchi, traffici illeciti – portando avanti inchieste, con la collaborazione delle forze dell'ordine, che hanno permesso il raggiungimento di risultati storici. “Abbiamo vinto grandi battaglie” ha dichiarato, sempre alla manifestazione di Addio Pizzo a Catania, il procuratore Salvi “ma non abbiamo ancora vinto la guerra perchè queste associazioni (mafiose, ndr) sono forti, sono radicate, hanno forti legami politici e imprenditoriali che non sono stati ancora sconfitti fino in fondo”. Legami che il nuovo procuratore e i magistrati da lui diretti sono invece decisi a recidere.

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