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camera-votazioni-webPassa il decreto legge. Importante passo avanti ma lo Stato può fare di più.
di Aaron Pettinari - 28 agosto 2013
Per sconfiggere la mafia non serve “l'impegno straordinario di pochi ma l'impegno ordinario di tutti”. Questo era uno dei concetti in cui credeva fermamente Giovanni Falcone. Ed è anche questo uno dei motivi che ha spinto diversi testimoni di giustizia a denunciare, a non restare a guardare inermi. Storie di semplici cittadini, che non hanno commesso reati, e che dopo aver compiuto il proprio dovere si sono visti rivoluzionare la propria vita.

Nei loro confronti non è stata sempre alta l'attenzione da parte dello Stato ed è proprio per questo che il decreto legge approvato dal governo Letta, con cui si stabilisce che i testimoni di giustizia verranno assunti nella pubblica amministrazione, assume una certa rilevanza.
 Il provvedimento riguarda attualmente 84 persone, di cui 16 sono siciliani. Vi sono nomi noti del movimento antimafia come Giuseppe Carini, uno degli allievi di don Pino Puglisi, Vincenzo Conticello, l’ex titolare della focacceria San Francesco che ha denunciato i suoi estorsori. E poi ancora Valeria Grasso, anche lei impegnata contro i boss del pizzo, Piera Aiello, la cognata di Rita Atria, la giovane che aveva iniziato a raccontare i misteri della mafia trapanese al procuratore Paolo Borsellino.
L'obiettivo, ha spiega il viceministro dell'Interno Filippo Bubbico (che presiede la Commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciale misure di protezione, organismo che ha il compito di definire le speciali misure di protezione per i testimoni e collaboratori di giustizia), “è quello di mettere in campo strumenti di premialità per i testimoni in modo da incoraggiare un atto di responsabile cittadinanza da parte di chi ha potuto assistere a vicende criminose”. Naturalmente, sottolinea, “la priorità è quella di garantire la sicurezza di queste persone, perché un testimone per fatti di mafia corre rischi. Con questo provvedimento - aggiunge - si estende ai testimoni di giustizia la norma già in vigore per vittime del terrorismo e della criminalità organizzata che prevede un percorso preferenziale per l'assegnazione di un posto di lavoro nella Pubblica amministrazione”.  I testimoni di giustizia, ricorda il viceministro, “sono costretti a lasciare il luogo dove vivono e lavorano, ad abbandonare le attività economiche, a subire il trauma dello sradicamento e dunque è giusto sostenerli con un'opportunità occupazionale che consenta loro di ricostruire un proprio profilo professionale superando la precarietà in cui spesso sono costretti a vivere”. Sarà successivamente un decreto del ministero dell'Interno a stabilire le modalità di attuazione del provvedimento.
E la notizia è stata accolta con soddisfazione. “Il governo ha fatto un atto di giustizia, che riscatta anni di isolamento e di sofferenze, ha detto Ignazio Cutrò, presidente dell’associazione nazionale testimoni di giustizia.
Per il presidente di “Libera”, don Luigi Ciotti, “Questo provvedimento riconosce il debito morale dello Stato verso persone che si sono messe in gioco per il bene di tutti, scegliendo di non tacere di fronte a fatti molto gravi di cui sono state testimoni. In secondo luogo il provvedimento estende al testimone di giustizia i diritti giustamente previsti per i familiari delle vittime delle mafie, sottolineando la profonda funzione civile e sociale che gli uni e gli altri portano in termini di crescita della cultura della legalità”.
Ad oggi, secondo il programma speciale previsto dal ministero dell’Interno ai testimoni viene dato un contributo mensile che varia in base alla composizione del nucleo familiare. D’ora in poi, al posto di questo contributo, dovrebbe scattare l’assunzione da parte di Stato, Regioni e Comuni. “La gente non immagina neanche quanti sacrifici abbiamo dovuto affrontare noi e le nostre famiglie – ha spiegato Giuseppe Carini - Per una testimonianza, abbiamo dovuto lasciare la Sicilia, abbiamo abbandonato le nostre occupazioni, gli studi. Ecco perché questa legge rende giustizia a persone che hanno pagato un prezzo altissimo pur di aiutare le istituzioni”. Infine interviene anche Valeria Grasso: “Questo decreto può essere una boccata d'ossigeno importante per tanti, oltre che uno stimolo. In questo modo non solo ci viene restituita la dignità di poter lavorare e non sentirsi dei mantenuti, ma viene anche dato un forte incoraggiamento ai nostri figli che in questi anni ci sono stati sempre vicino ed anno vissuto quotidianamente con le difficoltà che si presentavano in conseguenza alla nostra scelta di vita. Naturalmente, dopo tante battaglie svolte, sono contenta. Ancora non ci è stata data alcuna comunicazione ufficiale ma è già importante che si parli di ciò, sperando che venga messo in pratica senza ulteriori problemi”. Il provvedimento, infatti, se applicato con correttezza può davvero diventare un punto di svolta nella lotta alla criminalità organizzata a dimostrazione che chi compie semplicemente il proprio dovere non è lasciato solo. Un appoggio che, si spera, dovrà esser portato avanti con costanza e non ad intermittenza come troppo spesso è capitato negli ultimi anni e come è stato denunciato a più riprese dagli stessi testimoni di giustizia.

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