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muos-web5Dalle denunce di complotti alle capriole sul muos. "Se il presidente lo vuole dobbiamo darglielo"
di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza - 2 agosto 2013
Palermo. Obama? Non ho mai detto che ha chiamato Letta, quella scena dell’Ars è totalmente inventata. So però che l’ha incontrato al G8, e so anche che hanno parlato del Muos. Obama lo vuole e dobbiamo darglielo’’. Non ci sta a essere chiamato il Pappagone di Sicilia: Rosario Crocetta rilancia rivelando l’ultimo retroscena dietro l’affaire Muos, e alternando con i giornalisti un registro tra il tragico e il grottesco. La Sicilia, dice, è condannata al Muos: gli insediamenti militari li decide il governo, lui non può più far nulla.

NEL PALINSESTO Crocetta, come il giornalista Pietrangelo Buttafuoco ha definito il programma politico del governatore, descritto come un virtuoso del trasformismo, rivoluzionario per finta e parolaio per vocazione, è tempo di effetti speciali. Dal Muos alla retromarcia sull’aumento del-l’Irpef, prima negato e poi imposto, le piroette del governatore siciliano coprono mediaticamente una rivoluzione interrotta negli abbracci con gli ex lombardiani, e cuffariani, e persino fedelissimi di Miccichè, stampelle quotidiane della maggioranza dopo il divorzio dai grillini, e nel riciclaggio degli alti burocrati regionali che reggono le leve della spesa, ereditati dai governi precedenti e oggi lasciati a decine da Crocetta nei posti di comando. Il suo fiore all’occhiello era la sfida antiamericana: nel marzo scorso, quando ancora era considerato l’eroe della rivolta “No Muos’’ per aver revocato ai militari americani il permesso di costruire il “grande orecchio Usa’’ nel cuore della Sicilia, il suo riferimento era Enrico Mattei, per il suo ruolo di rottura negli equilibri atlantici. “Sono seduto su una polveriera – diceva Rosario Crocetta - già dai primi giorni dal mio insediamento sono partiti i dossier nei miei confronti; ed è chiaro che a muoversi, in questi casi, sono i poteri forti, gli stessi che in passato furono responsabili della sparizione del presidente dell’Eni’’. Oggi, dopo aver revocato la sua stessa revoca, Crocetta è diventato il nemico numero uno del sindaco di Niscemi, dei pacifisti, delle mamme mobilitate contro l’antenna, dei deputati grillini all’Ars e di tutti gli attivisti che da sei mesi stazionano in segno di protesta davanti alla base Us-Navy di Niscemi, per impedire la realizzazione di un impianto elettromagnetico che provocherebbe gravi danni alla salute. “Io – dice - non posso più far nulla’’. E ha passato la palla all’assemblea regionale, invitandola a discutere un disegno di legge presentato un mese dal governo regionale sui rischi delle emissioni elettromagnetiche. Peccato che al varco lo ha atteso il Pd Fabrizio Ferrandelli, che lo ha accusato di avere ritirato quel ddl. “Ma quando mai, Ferrandelli si è inventato tutto’’, è la replica di Crocetta che non spiega chi o che cosa gli ha fatto cambiare precipitosamente idea sul ruolo della Sicilia nello scacchiere degli equilibri atlantici. Che ruolo ha – se davvero ne ha uno – Obama nella vicenda del Muos di Niscemi? Quanto hanno influito quei “poteri forti’’ a cui lo stesso Governatore alludeva, nella sua precipitosa retromarcia sul radar Usa? Non è una domanda da poco, a sentire l’ex Idv Sergio De Gregorio che nella sua ricostruzione fatta recentemente ai magistrati sui retroscena della campagna acquisti responsabile nel 2007 di aver affossato il governo Prodi, ha disegnato uno scenario da spy-story internazionale, svelando come quella maggioranza cadde per le pressioni di altri poteri, ovvero la Cia, che avrebbero - a suo dire - messo nel mirino l’esecutivo di centro-sinistra soprattutto per l’ostilità manifestata nei confronti del Muos. Eccessi verbali del governatore pirotecnico? Esagerate le sue paure dei poteri forti? Ma di quali poteri forti, poi? E che c’entra la Cia evocata da De Gregorio? “Non è mafia – diceva Crocetta indicando i suoi più pericolosi nemici senza volto - o meglio, non stiamo parlando solo di mafia. Figuriamoci se si preoccupano di intervenire su un presidente della Regione”.

DI CERTO, fino a pochi giorni fa il Governatore siciliano conduceva la sua battaglia anti-americana senza timidezze. A Gela, il 10 luglio scorso, intervenendo alla cerimonia per il 70° anniversario dello sbarco in Sicilia, Crocetta ha letteralmente gelato l’ambasciatore Usa David Thorne. “Dopo lo sbarco – ha detto il presidente siciliano – la nostra casa in via Mallia fu abbattuta dagli americani e così i miei genitori restarono senza tetto’’. Subito dopo ha innescato l’ennesima polemica sul Muos. Sconcertato, Thorne ha dovuto ricordargli l’inopportunità del discorso, perché “oggi è la giornata della memoria per ricordare i morti americani che sono venuti qui a liberare questo Paese’’. Poi, di colpo, il dietrofront e il precipitoso allineamento all’atlantismo più ortodosso. A questo punto, perché non invitare Obama in Sicilia per fargli toccare con mano i rischi causati dal Muos alla salute dei siciliani? “E voi pensate che se io lo invito lui viene? – conclude Crocetta - non mi fate apparire più megalomane di quanto non facciano già gli altri’’.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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