Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

borsellino-via-damelio-c-barbagallodi Aaron Pettinari - 21 luglio 2013 - VIDEO ALL'INTERNO!
E' una sensazione strana quella che lascia via D'Amelio a ventuno anni da quella strage in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. Ogni angolo di strada riporta alla memoria quei momenti apocalittici del 19 luglio 1992. C'è chi li ha vissuti dal vivo e che ogni volta rivive quel dramma, c'è chi li ha vissuti da lontano e chi all'epoca neanche era nato, o era troppo piccolo per capire. Tutti pero si trovano qui a chiedere giustizia e verità, chiedendosi perché si sia arrivato a tanto. Sono tanti, troppi, i perché che restano senza risposta per una strage che più passa il tempo più assume i colori della strage di Stato. Ciò non si manifesta soltanto dal depistaggio messo in atto e svelato dalla Procura di Caltanissetta, grazie alle importanti rivelazioni di un pentito come Gaspare Spatuzza, che ora si trova a celebrare un nuovo processo sull'attentato. Lo si evince anche da tutto quello che è accaduto nell'ultimo anno. Molti addetti ai lavori dicono che il clima che si respira sia molto simile a quello del 1992. Al centro del mirino, tra intimidazioni, minacce, provvedimenti disciplinari e conflitti di attribuzione, vi sono ancora una volta i magistrati. E l'intento delle manifestazioni del 19 luglio non è solo quello di ricordare la memoria dei martiri, ma anche quello di schierarsi a difesa di quei giudici che con tanti sacrifici e abnegazione si adoperano affinché venga disintegrato quel muro di gomma che non permette di conoscere la verità su certi fatti della nostra storia. La verità su Capaci, via D'Amelio, la trattativa Stato-mafia sono tanti pezzi di un puzzle che piano piano va componendosi.


A rendere ancora più particolare la commemorazione di quest'anno la scomparsa, pochi mesi fa, di Agnese Borsellino, moglie e madre che ha lottato fino all'ultimo respiro affinché si facesse luce su certi fatti.
Anche il suo ricordo è stato celebrato in via D'Amelio durante la manifestazione che ha chiamato a raccolta il popolo delle Agende Rosse e non solo. Sul palco, accanto a Salvatore Borsellino che non smetterà mai di urlare la propria indignazione e la propria voglia di verità, si sono alternati magistrati, politici, giornalisti, artisti, per una giornata che è stata di testimonianza. Al mattino erano stati i bambini a prendere possesso della via dilaniata dall'autobomba 21 anni addietro. In centinaia l'hanno “occupata” trasformandola in un luogo di vita e gioia, senza dimenticare. Ai giovani Rita Borsellino ha detto: “oggi è stato ucciso Paolo, ma non dobbiamo essere tristi perché voi siete la speranza che ci farà ricostruire la memoria”.
Ci sono i giovani in via D'Amelio, ci sono le famiglie e cittadini di quell'Italia che non vuole più far finta di non vedere.
Poi c'è spazio per il ricordo e la riflessione grazie alle parole dei giudici. “Troppi buchi neri, troppi pezzi mancanti, troppi depistaggi, troppi interrogativi nella strage di via D'Amelio” - dice il gip di Palermo Piergiorgio Morosini, il giudice per le indagini preliminari che ha rinviato a giudizio gli imputati del processo per la trattativa tra Stato e mafia. E poi ha aggiunto: “Paolo Borsellino ci ha lasciato la sua grande capacita' di stare anche da solo in campo. E' rimasto sempre con le sue idee”.
Successivamente è stata la volta del pm Antonino Di Matteo, accolto da uno scrosciante applauso e al grido “Sei tu il nostro Stato”. “La fierezza e la dignità con la quale andò incontro alla morte rappresentano un magnifico dono che ha voluto dare al suo prossimo, purtroppo anche ai tanti farisei che non lo meritano” ha detto per poi aggiungere - “la lontananza dal potere di Paolo Borsellino l'amore vero per il proprio Paese, la capacità di esporsi e rischiare sempre in prima persona per lottare contro il potere mafioso e per scuotere, con le sue pubbliche denunce, le tante coscienze addormentate e piegate alle perverse logiche del potere del più forte rispetto al diritto del più indifeso”. “Occorre difendere il fondamentale principio della separazione democratica dei poteri - ha concluso Di Matteo - nessuno può assistere indifferente alla sempre più squallida violazione dei principi della nostra Costituzione - della quale tutti, per primi, dovrebbero dimostrare di essere fieri difensori, a tutti i costi, anche quando il pericolo della violazione deriva dalle condotte di uomini che indegnamente ricoprono cariche istituzionali. Continueremo a cercare la verità, anche nel pericoloso clima di macerata ostilità e indifferenza che si sta creando”.
E mentre il magistrato parla al cielo vengono alzate le Agende Rosse. In questi anni è stato importante il loro sostegno. Agende Rosse che vengono sollevate al cielo anche a partire dalle 16.58, l’ora esatta dello scoppio dell’autobomba. Su via D'Amelio scende il silenzio innalzando il ricordo dei martiri che il 19 luglio 1992 sacrificarono la propria vita. L'applauso sincero, seguito dalla commovente poesia “Giudice Paolo” recitata con passione struggente dalla poetessa Marilena Monti. “Noi ti faremo giustizia” è la promessa che viene ripetuta più volte anche dal pubblico.
Prima della commemorazione in via D'Amelio c'è stato spazio anche per la protesta silenziosa con le Agende rosse che hanno voltato le spalle ai rappresentanti dello istituzioni che si sono recati a depositare una corona di fiori all'albero di ulivo che ha attecchito le proprie radici nel punto esatto dello scoppio della bomba. Pochi minuti di presenza per il neo presidente del Senato Piero Grasso, il quale ha comunque precisato di essere qui “solo per esigenza intima e non come istituzione”, che dopo il minuto di silenzio si è allontanato così come il sindaco Orlando e il presidente Crocetta. La serata è proseguita con l'assegnazione di alcuni riconoscimenti a quelle persone che da sempre sono state vicine a Salvatore Borsellino ed ai suoi ragazzi nella lotta di richiesta di verità. Tra questi magistrati come Sebastiano Ardita, che ha raccontato dello stimolo che ha portato con sé il sacrificio di Borsellino in ogni magistrato per “essere degni di indossare la stessa toga del giudice palermitano”. Ad essere premiato anche l'avvocato Fabio Repici, che ha ricordato con emozione come “le Agende rosse siano una delle cose più meritorie viste in questi anni in questo sbandato Paese”. Le targhe dell'Agenda rossa sono state consegnate anche alla giornalista Silvia Resta (purtroppo assente), a Rossella Guadagnini che ha letto “una telefonata mai intercettata perché mai esistita, un dialogo immaginario con Paolo Borsellino a commento degli ultimi vent'anni di storia”. Anche alla nostra testata è stata consegnata un' “agenda rossa” e di questo non possiamo che ringraziare lo stesso Salvatore ed i suoi ragazzi, nella promessa che non ci tireremo indietro. “Noi pensiamo – ha detto il direttore Giorgio Bongiovanni – che è come se tra mafia e Stato si sia chiusa una cerniera. Oggi esiste un'organizzazione di potere all'interno della quale la mafia è partecipe. Contro di essa combattono alcuni uomini di Stato che ancora oggi seguono le orme di Falcone e Borsellino, nostri amici e fratelli che dobbiamo proteggere. Sono partigiani della Costituzione, l'ultimo baluardo da difendere. Un giorno la verità uscirà fuori. Ad aver ucciso Borsellino e gli uomini della scorta sono stati personaggi che oggi sono al governo del nostro Paese, e sono loro che vogliono fermare le indagini ad ogni costo. E questo lo dobbiamo impedire con tutto noi stessi”. Ma tra i momenti di maggior emozione vi è sicuramente stata la premiazione ai familiari di Antonino Di Matteo che da anni ormai si trovano a vivere una vita blindata e di lotta. La sensazione è davvero quella di essere in una dura guerra.
E in ogni guerra sarebbe importante che anche la politica facesse la sua parte. Solo pochi rappresentanti però, in questi ventuno anni hanno saputo trovare il coraggio di urlare la verità e chiedere continuamente giustizia cercando anche di tramutare ciò in azioni. Così ad essere premiate per il loro impegno vi sono state anche figure come Angela Napoli, Sonia Alfano e Rita Borsellino. La prima con emozione ha ricordato l'impegno di Borsellino che era consapevole di esporsi al sacrificio spronando tutti a non smettere mai di chiedere la verità. Sonia Alfano, a tenuto a precisare che la sentenza Mori, di pochi giorni prima, “ci lascia si sconcerto ed amarezza, ma che non si tratta affatto di una sconfitta perché nessuno si tirerà mai indietro. Una sentenza di cui dovremo leggere le motivazioni e che va discussa perché ci sono elementi importanti che emergono dal processo. Ma questo lo può sapere chi lo ha seguito in questi 4 e più anni”. Quindi ha mostrato una copia esatta dell'agenda che è stata sottratta nel giorno della strage al giudice Borsellino. “Questa è la dimensione dell'agenda e la mostro affinché qualcuno possa ricordare la grandezza e recuperare la memoria. E come si vede non ha le dimensioni di un parasole”. Quindi ha concluso: “Dobbiamo lottare, siamo in una battaglia che non è finita. Basti pensare che, pur dopo tanti sforzi, stiamo arrivando all'approvazione in Europa di un testo unico antimafia. Una vittoria che dedichiamo a tutte le vittime della mafia”. A chiudere questa serie di interventi Rita Borsellino che ha raccontato con grande commozione l'impegno compiuto nel corso degli anni dopo la scomparsa del fratello. “Lui mi ha sempre stimolata in vita, stuzzicandomi e aiutandomi a venire fuori da quel mio guscio di timidezza. E' anche per questo che dopo quel 19 luglio ho deciso di scendere in strada. Con mia madre, così come facevamo quando ci veniva a trovare mi affacciavo sempre per guardare mentre si allontanava, quasi a proteggerlo con lo sguardo. Noi sapevamo dei pericoli che correva, ma mai abbiamo fatto mancare il nostro sostegno. Lo chiedeva nostra madre affinché non lo indebolissimo. E lui è sempre rimasto accanto a noi con amore e solo dei vigliacchi potevano approfittare di questo per toglierlo di mezzo”. Poi ha aggiunto “da ventuno anni aspettiamo di conoscere la verità. Noi vogliamo sapere chi ha ucciso Paolo e non parlo degli esecutori materiali ma degli altri, quelli di cui parlò ad Agnese (“sarà la mafia ad uccidermi ma altri saranno a volere la mia morte”). Non troverò mai pace finché non saprò chi ha voluto uccidere mio fratello, perché, e a chi è servita. A 21 anni siamo ancora qui con i miei figli che con maggiore lucidità rispetto a me hanno deciso di vivere in questo luogo. E in questi anni abbiamo continuato a vegliare su questa strada, su quell'albero d'ulivo giunto dalla Palestina. Lo abbiamo visto crescere forte, diventare simbolo per tanti che ogni anno vengono qui a lasciare un pensiero, un ricordo. Un segno di vita, così come voleva nostra madre. In quell'albero c'è un pezzo di ogni persona che si ferma qui. Ed è importante essere nuovamente qui e insieme raggiungere gli obiettivi. Perché se non siamo uniti non si va da nessuna parte”. E poi via un caloroso abbraccio con il fratello Salvatore, mentre calde lacrime rigano il viso. Pochi attimi di un abbraccio a cui si è stretta tutta via D'Amelio tra un applauso ed un grido: “Paolo Vive”. In serata, attorno alle 21.30, c'è stato l'arrivo della tradizionale fiaccolata del Forum XIX luglio, seguiti dagli interventi di Vauro e Sabina Guzzanti, capaci con le loro riflessioni di suscitare più di un pensiero tra la folla di persone, circa un migliaio, rimasto ad ascoltare. La conclusione finale è spettata a Marco Travaglio. Il vicedirettore de Il Fatto Quotidiano ha messo in scena un'ironica contro-storia della Trattativa Stato-mafia. “Non c'è stata nessuna Trattativa, erano i mafiosi a pensare che ci fosse: per questo Vito Ciancimino cercava in tutti i modi di farsi ricevere dai politici, è per questo che al posto di Martelli diventò guardasigilli Conso, uomo di biblioteche e noto eroe antimafia. Conso era talmente efficiente da scrivere subito il cosiddetto decreto salva ladri e lasciare scadere qualche mese dopo il 41 bis per oltre trecento detenuti mafiosi”. Non poteva mancare l'accenno all'ultima sentenza Mori e a quella trattativa che non si fa reato nei pensieri di alcuni giuristi ed intellettuali: “La Trattativa non è reato: lo dicono tutti no? - ha ironizzato Travaglio - Provenzano non è stato arrestato ma non c'è nessun reato, hanno detto i giudici assolvendo Mori e Obinu. Come il covo di Riina: non è stato perquisito, ma il Ros mica lo fece con dolo. La trattativa non esiste e infatti i boss mafiosi, noti critici d'arte, decisero, a un certo punto di colpire i beni architettonici dello Stato: non quelli principali, quelli minori, meno conosciuti come le basiliche romane, il padiglione d'arte contemporanea a Milano o la Torre dei Pulci in via dei Georgofili. Roba da intenditori”. E poi ancora: “La trattativa non esiste, ed è per questo che appena inizia l'indagine, Mancino cerca subito di farsi tutelare dal Quirinale. Come tutti i normali cittadini, ha subito pensato di poter finire indagato, logico no?” E così Napolitano diventa l'innominabile “Npltn” con Grasso che appena poche ore prima di recarsi in via D'Amelio aveva censurato Nicola Morra, il capogruppo dei Cinque Stelle reo di aver citato “l'uomo del colle” a Palazzo Madama. “La trattativa – ha concluso il giornalista - non è mai esistita, ne erano convinti solo i mafiosi, che infatti sciolsero il loro partito, Sicilia Libera, subito dopo la nascita di Forza Italia, e dal 1994 si videro approvare una serie di leggi che sembrano fatte su misura per loro. Ma la trattativa non c'è stata e se vi siete convinti di quello che ho detto, allora è il caso di scrivere a Giovanni Fiandaca”.

Foto © Giorgio Barbagallo

ARTICOLI CORRELATI

Via D’Amelio non si arrende. Parola d’ordine: “Insistere, insistere, insistere!”

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos