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familiari-vittime-mafia-palermo-170613-1di Lorenzo Baldo - 17 giugno 2013
Palermo. Di fronte alla presidenza della Regione Sicilia, sotto un sole cocente, arrivano alcuni familiari delle vittime di mafia. Sono una quarantina di persone, vengono da diverse parti della Sicilia, alcuni hanno affrontato lunghi viaggi. Tra loro ci sono alcuni ragazzi e diversi bambini, alcuni piccoli, altri poco più che piccoli. I loro grandi occhi scrutano gli agenti di polizia schierati davanti all’ingresso del palazzo con la tenuta antisommossa pronta da tirare fuori. Questi bambini sono figli o nipoti dei familiari delle vittime di mafia. A modo loro hanno già ingerito il sapore amore dell’ingiustizia, della frustrazione e della rabbia. Quella stessa rabbia nei confronti di uno Stato che non tutela come dovrebbe chi ha già pagato un prezzo troppo alto e che si vede costretto a manifestare per i propri diritti. In strada, tra gli altri, ci sono: il figlio di Beppe Alfano, Chicco; Salvatore Montalto e la sua famiglia; Lucia Calì e suo marito Salvatore La Porta; i familiari di Giuseppe Castellino; Giuseppe Ciminnisi, Angela Ogliastro; Antonio Castelbuono, Tiziana Ficalora, Luigi Furitano, Placido Rizzotto, Antonina Azoti, i familiari di Giuseppe Montalto e poi ancora Angelo Cellura dell’associazione Vittime della criminalità e del dovere.

Sono lì in qualità di familiari di vittime innocenti di mafia a manifestare contro la mancata equiparazione al trattamento economico e ai benefici di legge previsti per le vittime del terrorismo mafioso. Di fatto al momento esistono due diverse leggi nazionali, la legge 20 ottobre 1990 che riguarda le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, con determinate previsioni, e quella del 3 agosto 2004 che prevede benefìci per le vittime di terrorismo e stragi. Queste diverse previsioni normative sono a tutti gli effetti contraddittorie e creano vere e proprio disparità di trattamento. Nello specifico alle vittime di mafia e del dovere spettano gli stessi trattamenti delle vittime del terrorismo: 10 anni di contributi figurativi, esenzione irpef per gli invalidi, 2 anni di pensione anticipata per le vedove o per i familiari, così come l’aumento pensionistico del 7,5% per i pensionati e via dicendo. Ma non si tratta di una mera questione economica. Per chi è rimasto ferito nel corpo e nell’anima non basteranno tutti i soldi di questo mondo per recuperare la serenità e la gioia di vivere. Qui si tratta solo di una questione di giustizia che uno Stato di diritto deve garantire loro. Fuori dalla Presidenza della Regione i familiari delle vittime di mafia sono venuti anche per denunciare quella che a tutti gli effetti è “un’ingiustizia voluta”, così come è scritto nel loro comunicato, e cioè quello che è accaduto a Milly Giaccone, figlia del professore Paolo Giaccone ucciso dalla mafia, che, dopo tre anni dall’essere andata in quiescenza, grazie alla mancata equiparazione delle norme che regolamentano i diritti dei familiari di “vittime di mafia” a quelli delle “vittime del terrorismo mafioso”, con sentenza della Corte dei Conti del 28 maggio scorso, si è vista costretta a tornare al lavoro presso l’azienda ospedaliera nella quale ha lavorato per oltre venti anni e che non dispone più del posto in organico. Una burocrazia criminale ha quindi portato Milly Giaccone a trovarsi senza pensione e senza stipendio. Solo pochi mesi fa, dopo una grave malattia, è morta sua figlia di soli 12 anni, l’altro suo figlio è ugualmente segnato da una vita difficile, ma in questi casi lo Stato non manifesta la benché minima umanità e si accanisce ulteriormente trincerandosi dietro ambigue interpretazioni giuridiche. “Tre anni fa – ha raccontato recentemente la Giaccone - mi avevano messo in pensione privilegiata, poi due mesi dopo me l'hanno tolta e mi hanno tagliato pensione e stipendio per tre mesi. I miei figli ed io contavamo gli spiccioli per arrivare a fine mese. familiari-vittime-mafia-palermo-170613Sono poi stata riassunta ma con un mobbing spaventoso, messa a contatto col pubblico a compilare cartelle cliniche, ma almeno entrava lo stipendio. Poi si è ammalata Giorgina, avrei voluto portarla fuori per le cure ma non avevo disponibilità economica... A gennaio, quando la piccola è morta, sono tornata in pensione perché avevo vinto la causa”. Ma è una vittoria che dura pochissimo in quanto la sentenza viene annullata e Milly Giaccone si ritrova senza la minima tutela economica. Di seguito Chicco Alfano spiega che al Parlamento Europeo si è in attesa che venga votata la risoluzione “Per un contrasto europeo al crimine organizzato e alle mafie” promossa dalla commissione antimafia europea (presieduta da Sonia Alfano) che prevede appunto “l’equiparazione a livello di trattamento di tutte le tipologie di vittime (in particolare le vittime del crimine organizzato e del terrorismo e quelle cadute nell’esercizio del loro dovere)”. E mentre il tempo passa i familiari delle vittime di mafia attendono risposte esaustive. Dal canto suo il presidente del Centro Studi Paolo Giaccone, Luigi Furitano, auspica fortemente che la Regione Sicilia si faccia immediatamente carico del mantenimento di Milly Giaccone. Per Furitano è del tutto “ingiusto” che i familiari delle vittime di mafia debbano arrivare persino a incatenarsi per richiamare l’attenzione da parte delle istituzioni. “Se mai sarebbe più giusto che i familiari delle vittime di mafia incatenassero i rappresentanti delle istituzioni nazionali, veri responsabili di queste ingiustizie”, ribadisce provocatoriamente (ma non troppo) il presidente del Centro Studi Giaccone. In attesa di essere ricevuti dal capo di gabinetto di Rosario Crocetta (al momento fuori Palermo), i familiari chiedono al vicepresidente della commissione regionale antimafia, Fabrizio Ferrandelli, giunto sul postopoco prima, di farsi tramite delle loro richieste in commissione. Ferrandelli conferma la sua piena disponibilità. Qualcuno ricorda a voce alta il comunicato stampa dello stesso Crocetta (dello scorso gennaio) nel quale il presidente della Regione annunciava di  voler estendere la tutela delle vittime di mafia a partire dal 1946, anche per parenti di Placido Rizzotto. In molti chiedono che dalle parole si passi ai fatti, chiedono espressamente che Crocetta mantenga i suoi propositi in tema di lotta alla mafia e di tutela dei familiari delle vittime di mafia. Nel frattempo la dottoressa Maria Mezzapelle riceve una delegazione dei familiari. Chicco Alfano ricorda al capo di gabinetto di Rosario Crocetta la precedente manifestazione del 2007 quando, davanti alla Prefettura, alcuni familiari delle vittime di mafia si erano incatenati per alcuni giorni per chiedere l’equiparazione giuridica al trattamento previsto per le vittime del terrorismo. Purtroppo con quella manifestazione non si era ottenuto quanto richiesto, e l’istanza era rimasta inevasa. Subito dopo Luigi Furitano illustra alla responsabile dell’ufficio di gabinetto la gravissima vicenda di Milly Giaccone. “La legge 302 va riformata – chiede in seguito Angela Ogliastro – . Chiediamo una revisione della legge che comprenda intanto il riconoscimento di un diritto soggettivo, lo stesso diritto che riconosce il risarcimento civile, insomma una legge risarcitoria che riconosca lo status di vittima di mafia. La stessa legge, invece, fa si che molte persone che hanno avuto il risarcimento non siano riconosciute dallo Stato”. Di fatto siamo di fronte ad un obbrobrio giuridico. Di seguito Chicco Alfano specifica il profondo senso di solitudine che attanaglia molti familiari di vittime di mafia, alcuni dei quali, per lo stress e la grande sofferenza, sviluppano malattie autoimmuni senza poter contare neppure su un aiuto psicologico; per non parlare dei casi di suicidi di coloro che sentono troppo forte l’abbandono da parte dello Stato. Il caso di Giuseppe Francese, figlio del giornalista Mario Francese ucciso dalla mafia, è alquanto emblematico. Il figlio di Beppe Alfano lo cita come esempio di chi lotta tutta una vita per la giustizia e per la verità e poi sente su di sé un peso troppo grande da reggere da solo e decide di morire. La dottoressa Mezzapelle ascolta e prende nota. Dopo qualche ora giunge la comunicazione ufficiale: Rosario Crocetta incontrerà una delegazione dei familiari di vittime di mafia il prossimo 21 giugno. Negli occhi di queste persone segnate dal dolore e da una profonda dignità c’è tutta la speranza che questa volta il presidente della Regione possa farsi carico di queste ingiustizie riuscendo – come intermediario – a far arrivare la loro voce a chi ha il potere per cambiare lo state delle cose. Tra chi manifesta c’è anche chi pensa che se questi problemi non dovessero ancora risolversi probabilmente occorrerà appellarsi alla Corte Costituzionale. Per poi tornare a chiedersi: “ma in quale Paese ci siamo ridotti a vivere?”.


In foto
I familiari delle vittime di mafia in protesta davanti al Palazzo della Regione Siciliana (© ACFB)

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Per approfondimenti
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