A guardia del magistrato c'era anche un civile. Fu visto in via D'Amelio
di Giuseppe Lo Bianco - 1° maggio 2013
C’era un uomo in via D’Amelio il pomeriggio del 19 luglio 1992 che si aggirava assieme ad alcuni esponenti delle forze dell’ordine e che qualche giorno dopo la strage prese servizio nella scorta del giudice Giuseppe Ayala.
Quell’uomo, che non era né un carabiniere, né un militare, di mestiere faceva il commerciante di caramelle: si chiama Roberto Campesi, e a riconoscerlo in fotografia, ieri mattina in aula a Caltanissetta nel processo per la strage di via D’Amelio, è stato l’appuntato dei carabinieri in pensione Rosario Farinella, ex capo-scorta di Ayala, che ha smentito la versione del giudice sui movimenti attorno alla borsa del magistrato ucciso da cui sparì, probabilmente quel pomeriggio, l’agenda rossa. Fu Ayala a volerlo nella scorta, ha detto ieri Farinella, e quando il suo caposcorta gli fece presente che la presenza di un civile in una scorta armata di un magistrato antimafia era quantomeno inopportuna, Farinella fu sollevato dall’incarico e trasferito ad altro servizio. Campesi rimase invece nella scorta del magistrato e cinque anni più tardi venne arrestato con l’accusa di millantato credito e truffa nei confronti dei figli di Gianni Ienna, un imprenditore arrestato per mafia nel ‘94 ritenuto un prestanome dei boss Graviano. In quell’occasione Campesi si sarebbe fatto consegnare 160 milioni con la promessa di organizzare una campagna di stampa in favore di Ienna, con l’aiuto dei deputati Tiziana Maiolo e Vittorio Sgarbi che hanno negato di conoscerlo. Nell’udienza di ieri Farinella ha più volte smentito la versione fornita dal giudice Ayala e dal giornalista Felice Cavallaro, sostenendo di avere preso lui la borsa di Borsellino e di averla consegnata, su indicazione di Ayala, a una persona “che Ayala conosceva”. “È una persona che conosco io – mi disse Ayala – ma non ricordo se disse che era un ufficiale o un ispettore. Non era però il capitano Arcangioli”. L’ex caposcorta ha detto di essere stato in via D’Amelio con Ayala “in auto” (e non a piedi, come aveva sostenuto il giudice), e di non ricordare la presenza sul luogo dell’esplosione del giornalista Cavallaro (che però non conosceva, ndr). Si riprende il 6 maggio con la deposizione del tenente Carmelo Canale e del magistrato amico di Borsellino Diego Cavaliero.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano