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nave-porto di Norma Ferrara - 8 febbraio 2013
Era la “punta di diamante” di una inchiesta sul traffico internazionale di rifiuti tossici e radioattivi. Il “motore” dell’indagine che stava per portare magistratura e forze dell’ordine a scoprire un sistema criminale in grado di affondare navi con a bordo rifiuti tossici, generare un business illegale, con coperture istituzionali e mafiose. Così quando il 12 dicembre del 1995 il capitano Natale De Grazia morì per un “malore” durante un viaggio di lavoro, con lui, si fermarono le indagini sulle “navi dei veleni”.

A riaprire una partita che sembrava chiusa, quasi vent’anni dopo, è una  relazione della Commissione d’inchiesta sulle ecomafie guidata da Gaetano Pecorella. «Un ampio documento dedicato alla morte del capitano che ha parecchi meriti e fra questi – spiega Enrico Fontana di Legambiente – riaprire il caso, fornire  una  perizia sull’autopsia e togliere il segreto su molti documenti relativi all’indagine . Leggendo quelle carte, infatti, è finalmente possibile scoprire i contorni di una inchiesta delicatissima sulla quale il capitano De Grazia lavorò senza sosta, insieme ad un team di investigatori guidati dal magistrato Francesco Neri, a loro volta sottoposti a pedinamenti e controlli. Era stata archiviata come “una morte improvvisa adulta” quella del capitano ma i familiari e Legambiente (che fu la prima a denunciare nel ’94 il traffico illecito di rifiuti generando questa inchiesta sulle “navi dei veleni”) chiedono oggi che il caso venga riaperto. Perché non rimanga «un caso destinato ad iscriversi fra i misteri irrisolti di questo Paese» – come viene descritto nelle ultime righe della relazione presentata dalla Commissione ecomafie. Ne abbiamo parlato con Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente.

Quali elementi di novità sono emersi dalla relazione della  Commissione ecomafie sulla morte del capitano De Grazia?
Quello appena presentato dalla Commissione  è un ampio documento che ha parecchi meriti. Primo fra tutti quello di togliere il segreto sugli gran parte degli atti relativi all’inchiesta  e sulle indagini effettuate dal capitano sulle navi dei veleni e sul traffico internazionale dei rifiuti tossici. Questo permette, fra l’altro, di venire a conoscenza del clima di intimidazione e “controllo” che ha accompagnato il periodo di inchieste del team guidato da Francesco Neri, Francesco Scuderi e Nicola Maria Pace di cui De Grazia era – senza ombra di dubbio – “la punta di diamante” , “il motore”. Permette  di sapere, inoltre, che dopo la morte del capitano De Grazia il plico che conteneva i documenti di lavoro del capitano di marina, era stato danneggiato da un lato e delle 21 carpette numerate rinvenute, 11 erano prive di documenti. La nuova analisi dei referti autoptici – infine – commissionata dalla Commissione al medico legale, permette di confermare i dubbi avevamo espresso, insieme ai familiari,  in questi anni circa la morte del capitano. Secondo il medico, infatti, le due precedenti autopsie  non sono sufficienti a constare la “morte improvvisa”. De Grazia, ricordiamolo, muore durante un viaggio di lavoro verso La Spezia, mentre è in macchina dopo aver cenato in un ristorante poco prima di Nocera Inferiore, con i colleghi (il maresciallo Moschitta e il carabiniere Francaviglia, ndr). Pur sapendo delle delicate indagini che stava conducendo nessuno dispose una autopsia (che fu chiesta solo dopo dal procuratore Scuderi) e la ricostruzione di quella notte è affidata solo alle testimonianze degli investigatori.

Cosa è emerso dalla nuova analisi sui reperti autoptici?
Il colonnello De Grazia, scrive il medico legale, non è morto per “morte naturale improvvisa”. Una attenta analisi delle due autopsie effettuate, fra l’altro solo dopo la riesumazione del corpo, a distanza di alcuni anni l’una dall’altra dimostra che all’epoca, su espressa richiesta, l’esame tossicologico fu fatto solo su sostanze dopanti, su alcolici e non su veleni. Adesso, dopo diciotto anni, è impossibile utilizzare quei risultati o effettuare nuovi riscontri ma il medico esclude che possano essere considerate valide le precedenti analisi effettuate e che di morte “naturale” si sia trattato. Tanti erano i dubbi già all’epoca, considerato il clima in cui si svolgevano le indagini sulle navi dei veleni eppure quando il capitano De Grazia muore di tutto ciò non si tiene conto. Basti pensare anche alla sequenza temporale che porta alla morte del capitano, per nutrire sospetti. Nel 1995 iniziano le indagini, successivamente il capitano dovrà sospenderle perché  richiamato a funzioni amministrative dai suoi superiori, a novembre del 1995 viene nuovamente concesso di riprenderle, a dicembre  il capitano muore misteriosamente. La mattina in cui partì per La Spezia, inoltre, era la stessa in cui aveva comunicato al procuratore Pace che era in grado di indicare il punto esatto in cui era stata affondata una di queste navi che trasportava rifiuti tossici.

Ci sono elementi sufficienti per riaprire il caso?
Noi come Legambiente abbiamo già chiesto che venga riaperto a tutti gli effetti il caso giudiziario archiviato e che l’indagine continui per avere verità e giustizia, per De Grazia e per i familiari che ad oggi non sanno le ragioni della sua morte. Crediamo ci siano tutti gli elementi, anche alla luce delle tante carte cui è stato tolto il segreto e che se lette insieme agli elementi raccolti in questi anni sulle navi dei veleni (la relazione conclusiva della commissione ecomafie su questo argomento sarà presentata nei prossimi giorni, ndr) possono di nuovo riaprire l’indagine sul traffico internazionale di rifiuti tossici. Inoltre, possiamo già anticiparlo e sarà a breve reso noto dalla Commissione ecomafie –  è stato accertato che lo Stato, in questa inchiesta, non ha sostenuto con sufficiente forza chi indagava sulle navi dei veleni.

Nella relazione in diversi passaggi vengono segnalate alcune responsabilità istituzionali e il ruolo dei Servizi Segreti …
La relazione rende noto, difatti, anche il materiale che il Sismi ha prodotto su questa inchiesta relativa alla nave dei veleni. In particolare, un documento dell’agosto del 1994, quindi alcuni mesi dopo la denuncia che come Legambiente depositammo su questi traffici (era il marzo del 94, ndr)in cui i Servizi rintracciano gli interessi della mafia calabrese, della ‘ndrangheta, in questo business di rifiuti tossici fatti sparire in mare. Era l’estate del 1994 ma quella nota del Sismi non arrivò mai ai magistrati. Questo ed altri elementi spiegano  perché le indagini su questo tipo di reati sono state cosi lente, così approssimative, nonostante da anni l’interessamento delle mafie per questo settore e il suo ruolo imprenditoriale, in Campania come altrove.

Secondo Angela Napoli, intervistata da Libera Informazione, sull’inchiesta che seguiva Natale De Grazia è calato un “silenzio di Stato”. Lei concorda?
Si,  aggiungendo un tassello per noi importante. Da un lato, è vero: ci sono state in questi anni istituzioni che hanno preferito, per convenienza che non si indagasse in questa direzione  e hanno avuto interesse a rallentarle, probabilmente. Dall’altro lato, e questo è l’aspetto che denunciamo da anni: a questo silenzio cui fa riferimento l’onorevole Napoli concorre una sottovalutazione sistematica e progressiva di questo tipo di reati. Si è ritenuto,  a lungo,  che queste ricostruzioni sui traffici illeciti di rifiuti tossici fossero “fantasiose”, “troppo complesse” per essere vere.

Tratto da: liberainformazione.org

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