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stragi-servizi-bigdi Pippo Giordano - 26 dicembre 2012
Io so, voi sapete, loro sanno che nelle stragi del 92/93 vi è una reponsabilità dello Stato e mi è parso davvero stupefacente che una persona che stimo, il dottor Paolo Mieli, non abbia compreso l'affermazione del sindaco De Magistris nella puntata di Santoro, poi chiarita. Io penso, che a nessuno passi per la mente di affermare che lo Stato abbia materialmente imbottito le auto di esplosivo o addirittura premuto i telecomandi, ma che lo Stato abbia delle responsabilità oggettive, io lo penso.

Eccome se lo penso! Come penso alle responsabilità in ordine alla “trattativa” tra Stato – mafia, al furto dell'Agenda Rossa di Paolo Borsellino e al “particolare interesse” sulla strage di via D'Amelio. Innanzi tutto nel nostro Diritto la responsabilità oggettiva è ampiamente prevista e che si configura anche se l'illecito non sia la conseguenza del comportamento del soggetto e che non necessariamente deve essere ricondotto a dolo o colpa del soggetto medesimo. Tuttavia, la condicio sine qua non, della responsabilità oggettiva deve configurarsi necessariamente tra il nesso di casualità e il comportamento, che nel caso di specie è tra lo Stato e l'illecito compiuto dai mafiosi. E, non aver posto le basi per evitare le stragi o altri delitti, non è forse riconducibile alla responsabilità oggettiva dello Stato? Ed è esattamente quello che accade nel nostro Paese da oltre cinquant'anni. Infatti. per non mutare il coacervo d'interessi tra certa classe politica e mafia, non ultimo lo scambio di voti, non si è operato con necessaria determinazione per evitare gli eventi stragisti. Affermo, che se lo Stato italiano avesse agito in ossequio alle nozioni di Diritto, ossia adottando gli strumenti necessari per salvaguardare la vita dei propri Cittadini, le stragi del 92/93. non si sarebbero verificati. Ma, vorrei partire da molto lontano. Intanto, mi piacerebbe sapere se c'è ancora qualcuno convinto che le mafie in Italia siano diventate forti soltanto con l'ostentazione del potere d'intimidazioni o minacce, oppure perchè si fanno le fiction come ebbe a dichiarre Silvio Berlusconi. Invero, io credo che le mafie siano state pilotate e comunque benevolmente e amorosamente coccolate da un potere politico: un potere politico che badate bene ne ha tratto giovamento, anche in termini di supremazia su altre formazioni politiche. Le stragi del 92/93 non sono altro che l'epilogo di un percorso, come dicevo prima, iniziato tanti anni fa. Siamo alle fine degli anni sessanta e il gotha mafioso è alla sbarra, prima a Catanzaro e poi a Bari, in due processi istruiti dal PM palermitano Cesare Terranova, poi ahimè assassinato da Cosa nostra: i mafiosi vengono assolti, compreso i capi Totò Riina, Luciano Liggio e Tano Badalamenti, per insufficienza di prove. Assoluzioni rese possibili per pesante minacce pervenute al Collegio giudicante ed anche per “non aver tenuto conto” -a mio avviso volutamanete- della testimonianza contro i Capi di Cosa nostra, resa nel processo dal “corleonese” Luciano Raia: fu dichiarato “insano di mente”. Stessa sorte è toccata a Leonardo Vitale, uomo d'onore di Cosa nostra. All'inizio degli anni settanta, denunciò Toto Riina, Vito Ciancimino e altri alla Polizia e volle parlare solo col dottore Contrada: risultato, che fu ritenuto pazzo e rinchiuso in un manicomio giudiziario per dieci anni. Ottenuta la libertà dopo due mesi fu assassinato, sempre da Cosa nostra. Di contro, negli States Joe Valachi, uomo d'onore della famiglia di Vito Genovese, decide di raccontare la Cosa nostra americana e viene creduto, in Italia, invece, sia per Raia che per Vitale, si aprirono le porte dei manicomi. E qui non c'è la responsabilità oggettiva dello Stato? Facciamo un passo indietro. Nel 1963 Cosa nostra fa esplodere due autobomba: una a Villabate e l'altra Ciaculli, regno della famiglia Greco. Nella prima muore uno sfortunato fornaio, mentre nella seconda sette tra carabinieri e militari. E, lo Stato continua a sonnecchiare, anzi muto sta! Tralascio la guerra di mafia degli anni '70, ove Palermo, somigliava alla Chicago di Al Capone, (e lo Stato guardava), per parlare dell'esperienza personale . Inizio anni '80, dopo l'uccisione del mio collega Lillo Zucchetto, io e Cassarà, contattiamo l'allora Alto Commissario alla lotta mafiosa, che dopo aver ascoltato le nostre lagnanze e segnatamente le mie, che chiedevo, tra le altre cose, mezzi diversi per i pedinamenti, la risposta telegrafica è stata “arrangiatevi”. Non c'è responsabilità oggettiva, quando poi altri quattro del mio ufficio vengono brutalmente assassinati da Cosa nostra a causa anche dei strumenti di lotta non concessi? E che dire del generale Dalla Chiesa, che privo dei poteri promessi viene poi assassinato? A questo punto vorrei elencare tutte le vittime di mafia tra carabinieri, polizia, magistrati, inermi cittadini, non lo faccio perchè sarebbe straziante. La rabbia che attanaglia la mia mente lo impedisce, soprattutto nel constatare come il loro martirio non viene affatto tenuto conto da politici ingrati che sbraitano ai quattro venti l'opportunità di far conoscere la verità sulle stragi e poi chiusi nei loro ambulacri di potere, soprattutto romani, fanno di tutto per negarla e ostacolarla. Ma la Storia, riserverà loro amare sorprese, quando i posteri saranno in grado di giudicarli. In questa mia disamine, la responsabilità oggettiva dello Stato, a parer mio c'è tutta! Qualcuno, mi dimostri il contrario.

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