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maltese-curziodi Curzio Maltese - 31 agosto 2012
Non ho alcun titolo per intervenire sul dibattito intorno al ricorso del presidente Napoletano alla Consulta. Ho seguito come tutti con interesse la discussione su Repubblica fra Eugenio Scalfari e Gustavo Zagrebelsky. Il confronto ha avuto, fra gli altri meriti, quello di elevare di molto il tono del confronto, che stava languendo nella solita palude di fanatismi dietrologici, per cui chi è a favore di una tesi è un guardiano del Quirinale e chi è contrario un eversore implicato in un complotto. Ho anche rispetto dei molti lettori che non hanno ancora ben capito perché una discussione sul '92 sia virata, a un certo punto, in una disputa sulla figura di Giorgio Napoletano.

Il punto è che di una delle pagine più oscure della vita repubblicana sappiamo ancora molto poco, in attesa di conoscere gli esiti dell'inchiesta dei magistrati siciliani. E quel poco lo sappiamo paradossalmente grazie alla mafia, ai pentiti, e non dagli uomini dello Stato, evidentemente legati a un patto d'omertà ancora più ferreo e indegno. Chi non conosce la storia, si diceva, è condannato a ripeterla. Siamo alla vigilia di una elezione decisiva come quella del '92, un passaggio epocale, e nessuno si domanda quale sia qui e oggi il ruolo delle mafie. Nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica la mafia siciliana fece la propria campagna elettorale parallela, a suon si bombe. Non accadrà ancora, si spera. Non sono più tempi di guerre criminali come quelle che negli anni Ottanta e Novanta insanguinarono le strade di Palermo, Napoli, Reggio Calabria, Bari o Taranto con migliaia e migliaia di morti.

Ma la presa e il controllo della criminalità organizzata sulla politica non è diminuito, anzi. Negli ultimi venti anni le mafie sono forse l'unico settore dell'economia nazionale ad aver conosciuto un'espansione continua. La mafia siciliana e la camorra hanno subito duri colpi, con arresti di boss e processi, ma sono state capaci di risorgere e adattarsi alle nuove circostanze, ai nuovi affari. La 'ndrangheta è diventata nel frattempo l'organizzazione criminale più potente del mondo. Eppure l'allarme mafia non pare in cima alle preoccupazioni. Politica e antipolitica riversano montagne di parole su qualsiasi argomento, dalle medaglie olimpiche al caro benzina, al calcio scommesse, ai film di Venezia, passando per la trentina di possibili sistemi elettorali. Ma sul pericolo che le mafie, infiltrate a tutti i livelli e in tutti i partiti, possano stravolgere il voto, non si sente molto. Anzi, quasi nulla. Hanno deciso tutti, compresi i neo moralisti, che con la mafia si può convivere? Pensano gli uni che conti solo lo spread e gli altri, i presunti oppositori, che il governo Monti sia peggio delle cosche, come disse Grillo?

Tratto da: repubblica.it

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