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punto-di-domanda-webdi Luigi Grimaldi - 12 maggio 2012
Che fine ha fatto Unabomber?
Perchè dopo 12 anni di attentati, e cioè dal 1994 al maggio del  2006, è scomparso improvvisamente nel nulla? Forse una risposta c'è e per trovarla, con qualche sorpresa che fa riflettere, bisogna partire da lontano. Già perché nonostante il silenzio improvviso del Bombarolo del Nord Est non mancano le novità. Ai primi di marzo infatti la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza con cui veniva condannato Ezio Zernar, il poliziotto del LIC, laboratorio scientifico di Venezia, sospettato di aver alterato un reperto tratto da un ordigno di Unabomber con lo scopo di accusare ingiustamente, Elvo Zornitta, uno dei sospettati dagli investigatori di essere il “famoso “ Unabomber.

Quanti Unabomber?
Tutto da rifare dunque con un giallo nel giallo. Il Pubblico ministero di Trieste Frezza, a suo tempo lo ha messo nero su bianco: « L'obiettività non indica affatto un unico attentatore. Esistono invece sottogruppi di attentati nell'ambito dei quali è plausibile supporre che l'attentatore fosse unico» e ancora: «Ipotizzare un'unica mano dietro alcuni rudimentali tubi-bomba privi di nitroglicerina, abbandonati su una spiaggia o in una vigna e un vasetto di Nutella collocato in un supermercato due anni più tardi, è null'altro che un'opera di intuizione creativa, indimostrata e indimostrabile».
Il magistrato è convinto che non esista un solo Unabomber e che si tratti invece di più persone: tre, quattro,  forse cinque diversi attentatori. E allora, a meno di non ipotizzare una “follia infettiva”, non esiste uno psicopatico bombarolo ma un gruppo di attentatori. E allora, se di gruppo si tratta è plausibile che esista un criterio, una organizzazione, una strategia: uno scopo insomma dietro le decine di esplosioni che hanno insanguinato il nord est per oltre un decennio.

Perché a Nord Est?
Un gruppo che per qualche motivo, non immediatamente evidente, ha sempre colpito a cavallo delle provincie di Udine, Pordenone, Treviso e Venezia.   
Qualcosa di molto diverso dall’improbabile bombarolo geniale e imprendibile, esperto esplosivista, sinora ritratto soprattutto dalla stampa. Fatto sta che i Bombaroli del Nord Est si sono permessi di prendersi gioco di 4 procure, di un super pool di investigatori e di un bel drappello di profiler e criminologi che hanno, negli anni, accreditato la tesi dello psicopatico seriale. Non è tutto: negli anni ostacoli alle indagini, depistaggi, prove sparite e inspiegabili errori costituiscono ormai un caso nel caso. Ed allora è difficile non notare qualche coincidenza talmente evidente da chiedersi per quale ragione non si sia potuto indagare, nell’arco di 18 anni di inutili investigazioni di vastissime e inusitate proporzioni, con decisione in direzioni diverse.

"Stay Behind"
Unabomber compare infatti nel bel mezzo del clamore suscitato, nella stessa zona, dall’esplodere del caso “Gladio”. Unabomber inizia la sua attività nello stesso momento in cui cessa la sua azione un altro misteriosissimo e mai compiutamente individuato gruppo dedito al terrorismo psicologico: la “Falange Armata”. Ancora: Unabomber compare nel momento in cui cessa nel paese l’azione militare e strategica mafiosa di attacco allo Stato, messa in atto per la prima volta nella storia del Paese con una teoria di attentati sanguinosi non in Sicilia ma sul continente. Macroscopiche coincidenze troppo a lungo ignorate. Perché a ben vedere, a ficcare il naso in certe faccende di “trippa per gatti” se ne trova a iosa.

Palermo, Ciancimino e Gladio
Tra i documenti che sarebbero stati conservati in uno sgabuzzino da Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo, c'è anche una lettera, scritta forse nel 1993, al Governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio. La lettera, porta la firma autografa del padre, Don Vito (la scientifica ne ha confermato l'autenticità). L'ex sindaco mafioso di Palermo parla di un fantomatico "regime" che avrebbe ideato un "piano eversivo" perpetrato le stragi del '92-'93. E scrive che la mediazione in corso con l'allora colonnello dei carabinieri Mario Mori si interruppe dopo l'uccisione di Borsellino, dando così ragione alla ricostruzione fatta in tribunale da  Brusca (Giovanni Brusca 1957 - in carcere dal 20/5/1996).
La lettera si chiude, ecco il punto, con un paragrafo in cui l'ex sindaco mafioso si dichiara organico all'organizzazione Gladio, "Stay Behind": «ritengo che dopo la caduta del muro di Berlino - ha scritto l'ex sindaco mafioso - sia venuto a mancare il vero motivo ed anche i presupposti per i quali io stesso ho aderito a tutto questo».

Le stragi, la mafia e la falange armata
Ora i fatti importanti che possono legare queste vicende a quella di Unabomber sono almeno due:
1) è stato processualmente accertato che i mafiosi autori delle stragi del '92 e '93 avevano la preventiva consapevolezza che gli attentati sarebbero stati rivendicati dalla Falange Armata.

2) Un altro dato pacificamente acquisito è che una delle telefonate di rivendicazione di questi attentati è stata effettuata a nome della Falange Armata gruppo 17 novembre, da Udine, dove in ambito Gladio, inquadrato nella sezione "K" del Sismi, operava il centro Ariete, gemello del centro Scorpione di Trapani, quello diretto dal Maresciallo Sismi Vincenzo Li Causi (morto assassinato in Somalia nel '93). Una sezione sciolta per il sospetto che in quelle strutture si annidasse proprio la “Falange Armata”

Il telefonista delle stragi sospetto Unabomber
L'autore di questa rivendicazione telefonica falangista partita da Udine è noto. La sua identità è però una vera sorpresa.
Si tratta di Andrea Agostinis identificato attraverso una perizia fonica dell’Ingegner Paoloni, perito della procura della Repubblica di Udine. Agostinis è un personaggio che diventerà celebre appena tre anni più tardi, nel 1996, come uno degli ormai storici "ex indagati" nel caso Unabomber.
Il fatto è che il sospetto (ora prosciolto da ogni accusa) unabomber/telefonista della Falange Armata è un personaggio inquietante che a partire dal 1984 ha collaborato con l'ambasciata Libica a Roma tanto da essere poi sentito, nel 1996, come teste, dal Giudice Priore in relazione alla strage di Ustica, per riferire notizie apprese durante i suoi rapporti con funzionari dei servizi segreti libici. E' curioso notare poi come anche l’altro ex indagato storico del caso Unabomber, l’Ingegner Zornitta ex esperto missilistico alla Oto Melara di Genova, ( anch'egli oggi del tutto riabilitato grazie alla vicenda rocambolesca legata alla sparizione e alterazione di forbici e lamierini) abbia in qualche modo potuto aver a che fare con la Libia attraverso la fabbrica di armi Oto Melara di Genova che, ancora nel 1984 e 1985, stava provvedendo alla completa revisione del sistema d'arma in dotazione alla fregata "Dat Assawari", la più importante nave da battaglia della marina libica, dotandola di un sistema missilistico avanzato. Roba da servizi segreti in azione. E infatti proprio tramite una “soffiata” di questi, proprio in ambiente Oto Melara, la figura di Elvo Zornitta entra nell’inchiesta. Ma, Libia o non Libia, il fatto importante è che l'ex sospetto unabomber/telefonista udinese ha effettuato la telefonata di rivendicazione di una delle stragi di Mafia del 1993, utilizzando, a nome della Falange Armata, lo stesso codice numerico di riconoscimento utilizzato (sempre dalla Falange Armata) per attribuirsi la strage in cui era stato ucciso, assieme alla sua scorta, il Giudice Borsellino il 19 luglio 1993.

Da Unabomber alle stragi
Ora il fatto è che alcuni degli attentati di Unabomber, in Friuli e nel Veneto hanno qualcosa in comune: uno è stato messo in atto a Treviso, nei pressi della Telcoma, l'azienda produttrice del telecomando utilizzato per la strage di Via D'Amelio. Un altro, a Pordenone, dentro il Palazzo di Giustizia, nei bagni dell'aula Falcone e Borsellino. In quasi tutte le esplosioni poi, a decine, sono presenti riferimenti ambientali alla data del "17 novembre (come ha rivelato il sospetto unabomber telefonista della Falange Armata)", o alla parola Vittoria (il 17 novembre è il giorno di Santa Vittoria). Una data che il sospetto Unabomber/telefonista nella sua rivendicazione accosta alla Falange firmando il messaggio a nome di un inesistente "Falange Armata gruppo 17 novembre".

Codice 17 11: Roba da servizi segretissimi
Un bel rebus, ma semplicissimo per chi avesse ben presenti le caratteristiche della rivendicazione della Falange Armata in generale e della strage in cui fu ucciso il giudice Borsellino in particolare: il telefonista/ex-sospetto-unabomber ha infatti utilizzato nella sua rivendicazione, accanto alla data del 17 novembre, il codice numerico di identificazione 763321 che è lo stesso appositamente creato, solo qualche giorno prima del 19 luglio '92, per rivendicare la strage di Via D'Amelio. Esistono molti codici numerici di identificazione utilizzati negli anni dalla falange armata (e cioè fino al 1994, anno in cui scompare la Falange e compare Unabomber). Molti di questi hanno in comune una sorta di prefisso: il numero 763. Solo alcuni hanno, ma solo a partire dalla strage di Via D'Amelio, la cifra finale 321: non è un conto alla rovescia ma la chiave di una sorta di codice. Il 321° giorno dell'anno è infatti il 17 novembre, il giorno di Santa Vittoria. Una codificazione che pare senza senso a meno di non considerare il 17 novembre come 17 11. Basta pensare infatti al quadrante dell'orologio per rendersi conto di come le undici siano anche le 23 e le diciassette le 5. 23 e 5, un'altra data, il 23 maggio, il giorno della strage di Capaci e della morte del Giudice Falcone, di Francesca Morvillo e degli uomini della scorta. Anche se tutto questo fosse solo un sistema per intorbidar le acque, per inventare un diversivo, per dissimulare inconfessabili complicità di infedeli servitori dello Stato o per lanciare minacciosi messaggi a chi al tempo aveva la possibilità di interpretarli, questa è comunque roba da servizi segretissimi.

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