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lombardo-raffaele-web2di Monica Centofante - 26 aprile 2012
“Non sono qui per difendermi o assolvermi” ma perché “è doveroso che io comunichi all’Assemblea nazionale e al popolo siciliano la situazione della mia vicenda giudiziaria”. E’ iniziata così, questa mattina, la relazione del Presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo. Intervenuto nel corso della tanto attesa seduta All’Ars. Ordine del giorno: le sue dichiarazioni sulla vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto per concorso esterno in associazione mafiosa.

E contrariamente alla premessa si è difeso, eccome, il Governatore Lombardo. Entrando nel dettaglio delle accuse mosse contro di lui nel documento del Gip Barone, che lo scorso 29 marzo, respingendo la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura di Catania, ha disposto l’imputazione coatta per lui e per il fratello Angelo. Colpevoli, secondo il giudice, di aver “direttamente o indirettamente sollecitato – ed ottenuto – dalla famiglia catanese di Cosa Nostra di ricercare voti, in loro favore o in favore del partito politico di cui Lombardo Raffaele è il leader, in occasione delle elezioni europee del 1999; di quelle amministrative provinciali del 2003; delle europee del 2004; delle regionali del 2006; delle nazionali, comunali e regionali del 2008”.
“Deve essere chiaro – ha detto questa mattina Lombardo, a gran voce – che la pubblica accusa ha chiesto l’archiviazione e documentato con dovizia questa scelta, rifiutata poi dal Gip. Con grande impiego di uomini e mezzi tutto su di me è stato vagliato”. E “sappia quest’aula che nelle risultanze di questa lunga indagine non c’è un video, un contatto illecito, non una relazione di servizio, non una telefonata, né un solo fatto, né uno scambio o favore e non un procurato vantaggio che mi leghi agli esponenti del crimine organizzato”.
In merito ai contatti suoi e di suo fratello Angelo con il boss Rosario Di Dio, ritenuti accertati dal gip Barone, il Governatore ha proseguito la sua arringa: “Ho solo conosciuto il titolare di un distributore di carburante (Di Dio è titolare di un Agip ndr.), incontrato casualmente nel suo esercizio commerciale”.
Molto diversa la versione del Gip, che nel dispositivo del 29 marzo ripercorre “le risultanze concernenti il rapporto tra Di Dio ed i Lombardo” puntualmente ricostruite anche dai pubblici ministeri nella richiesta di archiviazione. E considerate, dagli stessi pm e dal Gip, elementi indiziari della “costante richiesta di voti del Lombardo presso esponenti di clan mafiosi e del relativo appoggio ottenuto dal Di Dio”.
Anche la pubblica accusa quindi, contrariamente a quanto sostenuto da Lombardo, aveva riscontrato l’esistenza di questi rapporti, pur chiedendo l’archiviazione. Ma il Presidente, questa mattina ha insistito: “Con questi soggetti non ho avuto nessuno scambio, contropartita. E sono d’accordo con chi pensa che sia riprovevole anche il solo contatto o il solo rapporto con questa gente”.
In ogni caso, ha proseguito, “io non sono un garantista e non mi converto oggi, che potrebbe essere a mio vantaggio”. E visto che inizia l’ultimo anno della legislatura “lo dico a chi verrà: la si smetta di invocare le dimissioni prima che un processo abbia persino inizio”. Anche se, “è una scelta mia, mi dimetterò prima che un verdetto venga pronunziato”. Verdetto che “raggiungerà il cittadino” Lombardo, “non il presidente”, “scelta dovuta al rispetto che nutro per le istituzioni” e alla “stima di voi deputati e del governo fatto di gente pulita e trasparente”. Da qui il comizio su un governo “mai sfiorato da alcun sospetto” e la lunga lista dei risultati positivi ottenuti da questa amministrazione, poi la richiesta di differenziare le elezioni regionali da quelle nazionali: “L’incastro porterebbe a un’omologazione degli schieramenti che non potrà fare bene alla Sicilia. Che andrebbe nella direzione opposta a quella intrapresa con il processo riformista e autonomista. Visto che il governo Monti finirà la legislatura, si anticipino le elezioni regionali ad autunno”.
Divisi i pareri dei parlamentari presenti all’Ars, sia sulle proposte politiche che sulle dichiarazioni riguardanti i problemi giudiziari del Presidente della Regione. E il prossimo capitolo della vicenda è atteso per il 9 maggio, quando i fratelli Lombardo si troveranno davanti al giudice Marina  Rizza che dovrà decidere sul rinvio a giudizio formulato dai pm dopo l’imputazione coatta.
In quell’occasione il gip valuterà anche le conclusioni del collega Barone, che nel dispositivo del 29 marzo aveva sottolineato: “Il quadro indiziario, cristallizzatosi negli elementi acquisiti in atti, appare idoneo… a sostenere con successo in un eventuale dibattimento l’azione penale nei confronti degli odierni indagati”.

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