È morto ieri Antonio Franco Cassata (86 anni), ex procuratore generale di Messina: frequentatore di quella loggia paramassonica di Barcellona Pozzo di Gotto, i Corda Fratres, che in pancia teneva mafiosi, generali dei carabinieri ed eminenze grigie, e condannato per diffamazione nei confronti del professore Adolfo Parmaliana, ordinario di chimica a Messina.
Cassata si fece “corvo” nel settembre 2009 scrivendo un fetente dossier con cui aveva tentato di sommergere nel fango l’immagine del professore per tentare di dire come fosse un ceffo spregevole, dedito all’affarismo più scellerato in campo accademico e politico.
Data la grande caratura morale, Parmaliana non perse occasione di denunciare il malaffare e gli inciuci nella sua terra.
Alcune indagini partirono da certe sue indicazioni, ma si arenarono una dopo l’altra. Finché si giunse a un paradosso: una denuncia per diffamazione recapitata a lui stesso. A quel punto, il professore, sentendosi braccato, si tolse la vita la mattina del 2 ottobre 2008, gettandosi nel vuoto da un viadotto dell’autostrada Messina-Palermo dopo aver scritto che “la magistratura barcellonese/messinese vorrebbe mettermi alla gogna, vorrebbe umiliarmi, delegittimarmi, mi sta dando la caccia perché ho osato fare il mio dovere di cittadino denunciando il malaffare, la mafia, le connivenze, le coperture e le complicità di rappresentanti dello Stato corrotti e deviati. Non posso consentire a questi soggetti di offendere la mia dignità di uomo, di padre, di marito, di servitore dello Stato e docente”.
Per questo si aprì un processo: sentenza di primo grado il 24 gennaio 2013, sentenza d’appello il 22 giugno 2015, infine la condanna definitiva del 14 luglio 2016, quantificata in 800 euro di multa e nel risarcimento del danno ai familiari dello stesso Parmaliana.
L’avv. Repici ha ricordato amaramente che, purtroppo, Parmaliana ha avuto ragione nel ritenere che fosse necessaria la sua morte per ribaltare l’onnipotente sistema “barcellonese-messinese” che garantiva impunità inconcepibili e si era prodigato ad avviare una vera e propria vendetta nei suoi confronti.
La condanna del 2013 rappresenta la fine disonorevole per un giudice dal lungo curriculum: nominato magistrato nel 1971, nel 1980 Franco Cassata diviene consigliere d’appello, e poi nel 1986 consigliere di Cassazione. Nel corso della sua carriera Cassata regge la Procura generale di Messina in qualità di membro anziano nel 1999, tra il 2004 e il 2005 e anche nel 2008. Tantissime sono state le battaglie condotte negli anni da Sonia Alfano, figlia del giornalista assassinato da Cosa Nostra nel 1993, Beppe Alfano, e dall’avvocato Fabio Repici, per chiedere al CSM la rimozione dello stesso Cassata dal suo incarico. Appelli e interpellanze che si sono sempre scontrati contro un muro di gomma eretto da una potentissima casta restia a fare pulizia al proprio interno.
Nel 2013 Cassata fece richiesta di prepensionamento, mentre pendevano su di lui due procedimenti disciplinari del CSM per incompatibilità ambientale e funzionale, e il ritiro anticipato dalla magistratura. Cassata è stato anche presidente e “animatore” del discusso circolo culturale Corda Fratres di Barcellona Pozzo di Gotto.
Quel circolo che annoverava tra le sue file anche Giuseppe Gullotti, cioè il capo di Cosa Nostra a Barcellona Pozzo di Gotto e Rosario Pio Cattafi, l'eminenza grigia condannato con sentenza definitiva per associazione mafiosa. Socio onorario del circolo è stato anche Giuseppe Siracusano, generale dei carabinieri con il nome nelle liste della P2 e notoriamente legato al generale dell'Arma Mario Mori. Siracusano (tessera n. 1607 della P2) era stato indicato dalla relazione di minoranza dell’on. Massimo Teodori sulla superloggia atlantica come “fedelissimo di Gelli da antica data”. Tra i cordafratrini “onorari” pure il generale dell’Arma Sergio Siracusa (già direttore del SISMI ed ex comandante dell’Arma).
A futura memoria.
Foto tratta da: messina.gazzettadelsud.it
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