Il presunto killer del giornalista olandese Peter R. de Vries, Delano G., ha preso la parola durante il processo che lo vede imputato: “Non è vero che sono una persona assetata di sangue o che traggo piacere da ciò che è accaduto. Non posso raccontare cosa è successo. Vivo in carcere e ho una famiglia fuori. Capisco che per i familiari sia terribile, ma non posso mettere in pericolo la mia famiglia. Auguro molta forza alla famiglia De Vries.”
Con questa confessione ha implicitamente detto che molto probabilmente, elementi esterni, forse appartenente alla macro mafia, sono pronti al colpire la sua famiglia in caso rivelasse qualcosa di compromettente: sa altro? Altri nomi e altri volti?
Altri imputati invece si sono limitati a chiedere scusa alla famiglia, lanciando messaggi. Kamil E. (39 anni): “Voglio dire alla famiglia di Peter che non volevo essere coinvolto in tutto questo, ma non c’era più via d’uscita.”
Da cosa non c’era via d’uscita? Disse di essere stato costretto dal presunto mandante, Krystian M., a fare da autista al killer Delano G.
Anche Konrad W., accusato di aver fornito il telefono, l’arma e le munizioni, ha chiesto scusa: “Ho riflettuto a lungo su cosa potrei dire alla famiglia De Vries. Mi è diventato chiaro che non esistono parole che possano cambiare qualcosa. Tuttavia, con grande rispetto e compassione, voglio presentare le mie umili scuse per il mio coinvolgimento. Auguro loro molta forza".
Alcuni imputati, invece, hanno negato qualsiasi coinvolgimento.
La Corte d’appello emetterà la sentenza l’11 dicembre.
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