Italia, Ticino e Sudamerica: il nuovo “oro rosso” che genera profitti illeciti nel settore alimentare
Campione d’Italia, un pezzo di territorio italiano incastonato nel Canton Ticino, a un passo da Lugano, che ha preso il nome dal noto Casinò riaperto dopo il fallimento del 2018, sembra essere diventato anche il luogo di un’economia illegale fatta di traffici illeciti. Negli ultimi anni, infatti, proprio in questa zona si sarebbero consolidati interessi criminali che ruotano attorno alla carne, al punto da farla diventare il nuovo “oro rosso”. A gestirne i flussi - si apprende dal Fatto Quotidiano - sarebbe una banda collegata alle cosche italiane e a imprenditori svizzeri insospettabili, con base in una delle aree più torbide del mondo: la Triple Frontera, una terra di nessuno dove prosperano traffici illegali di ogni tipo tra Argentina, Brasile e Paraguay. È da lì che partono numerosi traffici di droga, armi e denaro sporco che da anni alimentano le casse delle organizzazioni criminali. Ed è sempre da lì che comincia anche il percorso della carne sudamericana, che approda in Italia attraverso canali perfettamente legali come navi, porti, dogane e con tanto di documenti in regola. Una volta sbarcata, la merce prende la strada di Campione, con furgoni refrigerati che la trasportano in modo tale che, almeno sulla carta, tutto sembri in ordine.
Si tratta di un affare altamente remunerativo. I dati emersi, anche solo a partire dal 2023, sono impressionanti. Negli ultimi due anni, infatti, le dogane hanno sequestrato oltre 500 tonnellate di carni e frattaglie dirette al mercato nero. Se in Italia quei 500mila chili valgono circa dieci milioni di euro, in Svizzera la cifra si quintuplica. È in questo contesto che il divario di prezzo - dovuto anche ai dazi imposti da Berna per tutelare il mercato interno - diventa un banchetto ghiotto per le mafie, che, grazie anche all’evasione fiscale, riescono a ottenere profitti impressionanti. Per rendersene conto basta pensare che solo la carne sequestrata durante i controlli e le operazioni più recenti avrebbe potuto generare guadagni illeciti per oltre 40 milioni di euro.
A complicare la situazione in Svizzera è anche la sua capacità produttiva. Pur essendo autosufficiente in suini e pollame, il Paese elvetico produce soltanto l’80% della carne necessaria al proprio fabbisogno. Ciò che serve per colmare il gap arriva dall’estero. Così, un chilo di manzo può costare anche cento euro, cinque volte più che in Italia. E sebbene i salari svizzeri siano alti, il costo della vita è proporzionalmente elevato: comprare carne è diventato quasi un lusso. Non stupisce, dunque, che molte famiglie preferiscano attraversare il confine per fare la spesa nei vari paesini italiani confinanti con la Svizzera.
Per questo motivo, la legge elvetica consente di portare con sé quantitativi limitati, oltre i quali scattano multe salate. È proprio su questo terreno che prospera il mercato nero. Ristoranti e locali, soprattutto, si rivolgono agli spalloni - i contrabbandieri di oggi - per rifornirsi di carne a prezzi stracciati, pagando in contanti e senza ricevute.
Solo nel 2024 la Svizzera ha intercettato 208 tonnellate di carne di contrabbando, portando a 500 il totale degli ultimi tre anni. Ma, come ammettono gli investigatori, quella sequestrata è soltanto una minima parte: la “fettina” di un mercato molto più grande, ormai controllato da reti criminali strutturate. Le stesse che, tra le pieghe della frontiera e del commercio internazionale, continuano a trasformare un bene di consumo quotidiano in un’arma di profitto mafioso.
Foto d'archivio © Imagoeconomica
