Spyware di Stato: dall’Italia alla Grecia, fino alla Spagna, i governi controllano l’informazione 

Il caso Paragon, legato allo spyware israeliano Graphite, capace di infiltrarsi negli smartphone e raccogliere dati, messaggi e conversazioni, fin dal suo inizio si è esteso ben oltre i confini italiani. Infatti, secondo il direttore del Dis, Vittorio Rizzi, sarebbero 61 le utenze colpite in Europa, sette delle quali in Italia, ma il numero reale potrebbe essere molto più alto. Nel nostro Paese l’attenzione si concentra sul presunto spionaggio ai danni dei giornalisti di Fanpage, Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino, sorvegliati senza autorizzazione tramite lo spyware. I servizi segreti italiani hanno negato ogni coinvolgimento.

Dietro questi attacchi si nascondono sempre più spesso governi o apparati statali. Resta il fatto che si tratta di un fenomeno che tocca ormai un po' tutto il continente: dall’Ungheria alla Grecia, dalla Francia all’Italia, fino alla Spagna e alla Serbia.

In questo contesto, la storia del giornalista greco Thanasis Koukakis - come ha riportato “Il Fatto Quotidiano” - è particolarmente emblematica. Nell’estate del 2020 il suo cellulare iniziò a surriscaldarsi in modo anomalo, proprio dopo la pubblicazione di un’inchiesta sul Financial Times che rivelava un piano del governo greco per depenalizzare il riciclaggio internazionale. “È bastato aprire un link ricevuto via messaggio perché il telefono venisse infettato”, ha raccontato Koukakis. Sul suo dispositivo è stato trovato Predator, un software spia prodotto dal consorzio Intellexa, in uso in Paesi come Grecia, Armenia, Egitto, Germania e Filippine. Il suo caso non è isolato. Infatti, tra il 2020 e il 2025, secondo “Media Freedom”, almeno 35 giornalisti sono stati spiati con strumenti analoghi, capaci di carpire persino ricerche web. Nel 19 per cento dei casi, gli attacchi sarebbero riconducibili direttamente a governi o funzionari pubblici.

In Ungheria, invece, è il nome Pegasus a far tremare le redazioni. Il software, sviluppato dall’israeliana NSO Group, era già finito nel mirino del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti per aver fornito strumenti di sorveglianza a governi che li avrebbero poi usati contro giornalisti, diplomatici e attivisti. Tra le vittime ungheresi figurano Szabolcs Panyi e András Szabó, due reporter che avevano indagato sui legami del premier Viktor Orbán con Mosca e Pechino e sulla misteriosa decisione di trasferire a Budapest la sede della Banca Internazionale degli Investimenti.

Anche in Francia, Spagna e Belgio emergono casi inquietanti. La giornalista Lénaïg Bredoux di Mediapart e la collega Rosa Moussaoui sarebbero state spiate da apparati legati al Marocco. Lo stesso sospetto grava sul caso dello spagnolo Ignacio Cembrero, ex El País, autore di inchieste sul re Mohammed VI e sui servizi segreti marocchini.

Il mosaico europeo si completa con la Russia e i Balcani. La russa Galina Timchenko, in esilio, sostiene di essere stata colpita da Pegasus poco prima di un incontro a Berlino tra giornalisti dissidenti. In Serbia, invece, circola un virus locale, Novispy, sviluppato dal governo di Belgrado. Tra le vittime figurano anche Ljubomir Stefanovic, direttore del canale Slavija Info, e Slaviša Milanov, fermata dalla polizia con un pretesto e poi ritrovatasi il telefono manomesso.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

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