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Caos e morti nella Palermo dimenticata

Le statistiche sono bugiarde e non raccontano la Palermo nera di oggi. Né quella verso il basso né quella verso l'alto, la sanguinosa movida e la mafia silenziosa, la paura che insegue tutti per le strade (che prima d'ora non c'era mai stata) e la paura di un potere impalpabile che è tornato a regnare sulla capitale della Sicilia. Sono le due facce di Palermo. Una che semina terrore, l'altra che implacabilmente comanda e non come aveva sempre co-mandato, non nel territorio, nel 'suo" territorio.
E' questa l'originalità della Palermo violenta di oggi, che adesso viene paragonata a un selvaggio Far West ma sino all'altro ieri è sempre stata controllata centimetro dopo centimetro dai suoi padrini e dai suoi padroni, soffocata dal dominio incontrastato dei boss quartiere dopo quartiere, borgata dopo borgata.
Le sparatorie degli ultimi mesi, gli assalti ai turisti, le scorribande, gli scippi, gli omicidi e i tentati omicidi che si susseguono capovolgono l'immagine di una città che al contrario di altre ha sopravvissuto "tranquillamente" ribaltano luoghi comuni, confondono.
E cosa fa la mafia, che ha bisogno di quiete per i suoi affari, davanti a tutto questo rumore? Come reagisce a questo clamore, che pone seri problemi di allarme sociale e di ordine pubblico? Niente, non fa niente. Perché non c'è più (o non è forte come lo era una volta) o perché si mostra disinteressata perché, sempre di mafia, ne primeggia ormai un'altra a Palermo che non è più quella delle facce sconce che abbiamo imparato a conoscere dietro le gabbie dei maxiprocessi.
L'assassinio, avvenuto nella notte fra sabato e domenica, di Paolo Taormina, appena ventuno anni, è solo l'ultimo episodio di una lunga serie di scorrerie della vita notturna fra i vicoli della Vucciria o dietro il Teatro Massimo. Il ragazzo voleva sedare una rissa e l'altro — ventotto anni, Gaetano Maranzano – l'ha ammazzato come un cane e poi ha postato su TikTok una frase del capo dei capi Totò Riina. La realtà che sconfina nella fiction di una Palermo disperata che, da quanto stiamo vedendo, non ha più quel "rispetto" nemmeno per i capi famiglia o i capi mandamento.
È un liberi tutti, liberi di sparare e di andare in giro con tante armi e chiedere anche solo 50 euro di pizzo alla bottega, di uscire le pistole alla festa patronale di Sferracavallo, allo Zen, a Brancaccio.
Una Palermo fuori controllo per tutti tranne che per il prefetto Massimo Mariani, perfetto esemplare di burocrate ministeriale dei nostri tempi che qualche tempo fa rassicurava così la cittadinanza: “Palermo, più che fuori controllo, è una città sotto il costante controllo delle forze dell'ordine. Altrimenti non assisteremmo a una risposta immediata ai reati…”. Dopo l'omicidio di due giorni fa in molti lo attaccano, il prefetto avrebbe anche detto che la nuova criminalità palermitana “è un problema di percezione”.
Con a fianco il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, durante un comitato provinciale per l'ordine pubblico e la sicurezza, il prefetto il 7 agosto scorso ha comunicato che “nei primi mesi del 2025 i reati a Palermo e nell'area metropolitana sono calati del tredici per cento, mentre sono aumentati in modo significativo i servizi di controllo”. Numeri che portano fuori strada, lontano, numeri sconfessati dal terrore e dal dolore quotidiano che attraversa questa Palermo così inedita, così sconosciuta.
Qui si sta consumando, più che altrove, il fallimento della politica di sicurezza della destra propagandata con roboanti parole d'ordine. Qui, più che altrove, è il fallimento di un sindaco, Roberto Lagalla, che si riempie ogni giorno la bocca di educazione alla legalità quando lui è stato voluto come primo cittadino dai condannati per mafia Totò CuffaroMarcello Dell'Utri. Qui, più che altrove, neanche la retorica più molesta riesce ormai a distorcere o seppellire i fatti. Qui non è vero, come dicono in molti con i loro toni trionfalistici, che lo Stato ha vinto. 

Tratto da:Il Domani del 14 Ottobre 2025 

Foto © Imagoeconomica 

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