Il Colle nutre profondi dubbi di incostituzionalità sul ddl anti-Roberto Scarpinato e anti-Federico Cafiero de Raho, rispettivamente ex procuratore generale di Palermo, oggi senatore, e l'ex procuratore nazionale antimafia e oggi deputato.
Oggi ci sarebbe dovuta essere la votazione del testo al Senato, ma, per il Quirinale il testo violerebbe il principio del libero esercizio del mandato parlamentare (articolo 67 della Costituzione). 
Ma oltre al Colle anche l'Ufficio studi del Senato ha espresso forti perplessità. 
Anche perché, come ha sottolineato il costituzionalista Roberto Zaccaria, il conflitto di interessi prevede la contraddizione tra una funzione pubblica e un tornaconto privato. Nel caso di due ex magistrati eletti nella commissione bicamerale Antimafia non esistono tornaconti personali. 
Per questo il voto è stato rinviato a data da destinarsi. 
Il ddl ha l'obbiettivo, palese ed ammesso dalla stessa maggioranza di governo, di estromettere dai lavori dell'Antimafia i due ex magistrati mettendo nelle mani della maggioranza di governo una 'rivoltella' (simbolica ovviamente) che potrà usare a piacere per buttare coloro che verranno ritenuti scomodi. 
Non ripeteremo i difetti di questo disegno di legge 'patacca': già l’esame del testo alla commissione affari costituzionali del senato ne aveva individuato falli grandi quanto una casa.
Per fare un esempio il professore Michele Ainis, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso l'Università Roma Tre, ha “un bersaglio con nome e cognome ed ha un sapore persecutorio”; “siamo di fronte ad una legge ad personam, o meglio, contra personam, perché questo lo dichiara la stessa relazione illustrativa al disegno di legge” ha continuato spiegando che è illogico escludere un magistrato antimafia dalla Commissione poiché sono richieste per legge competenze specifiche per i membri, creando un paradosso, come se si vietasse ad avvocati o ingegneri di partecipare a Commissioni pertinenti.
Sono quindi comprensibili le proteste di ieri in aula delle opposizioni: “Questo Ddl è un insulto alla memoria e alle istituzioni. Prima ancora che contro Scarpinato e Cafiero De Raho, è un provvedimento contro la verità storica sulle Stragi del 1992-93”, ha detto la senatrice M5S Gabriella Di Girolamo, “strano che a portarlo avanti sia chi ha scelto di impegnarsi in politica dopo la Strage di via d’Amelio. Siamo a uno dei punti più bassi della democrazia parlamentare. Siamo al paradosso in base al quale Antonio D’Ali e Nicola Cosentino, condannati per concorso esterno in associazione mafiosa, hanno fatto i sottosegretari di stato, mentre Scarpinato e De Raho, che mafia e camorra le hanno combattute, non possono lavorare in commissione Antimafia”. 
Veramente i colleghi della maggioranza pensano che dietro le Stragi di Capaci e via d’Amelio ci sia una brutta storia di appalti?”, ha continuato Di Girolamo, riferendosi alla tesi sostenuta dal generale Mario Mori e abbracciata in toto dalla presidente della Commissione Chiara Colosimo, secondo cui Paolo Borsellino non è stato ucciso perché indagava sulle relazioni Stato-Mafia, con ramificazioni nei rapporti tra Cosa nostra e frange neofasciste (la cosiddetta Pista Nera), ma per una vicenda di appalti truccati.
Si spera che il Quirinale butti nel cestino questo disegno di legge e che aiuti due uomini che hanno servito fedelmente lo Stato di rimanere a fare quello per cui i cittadini li hanno votati: dare un contributo alla ricerca della verità. 

Foto © Imagoeconomica 

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