La Camera dei deputati salva tutti. I tre agirono per un preminente interesse pubblico"
La Camera dei deputati ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano, coinvolti nel cosiddetto “caso Almasri”. La premier Giorgia Meloni, presente in Aula, ha voluto testimoniare la compattezza dell’esecutivo e sostenere i tre esponenti del governo. L’esito era previsto: tre votazioni separate, tre risultati identici, tutti contrari al processo.
Le accuse riguardavano, a vario titolo, favoreggiamento e peculato per Piantedosi e Mantovano, mentre per Nordio era ipotizzata anche l’omissione di atti d’ufficio. La maggioranza, da giorni mobilitata per garantire la presenza in Aula e scongiurare imprevisti legati allo scrutinio segreto, ha tenuto la linea senza defezioni significative.
La premier, dopo la lettura dei risultati, si è complimentata con i suoi ministri. Alla prima votazione, quella su Nordio, Meloni gli ha dato una pacca sulla spalla; il ministro della Giustizia ha risposto con un baciamano. Terminato il voto, la presidente del Consiglio ha lasciato l’Aula tra gli applausi del centrodestra.
Non sono mancati momenti di tensione. Il deputato del M5s Riccardo Ricciardi ha criticato la presenza della premier solo per “salvare i suoi ministri dal processo per aver salvato con i soldi pubblici uno stupratore”, invitandola a “tornare in Aula per parlare di cose vere”, come il genocidio o la crisi dei dazi.
I numeri parlano chiaro: 251 sì e 117 no per Nordio, 256 sì e 106 no per Piantedosi, 252 sì e 112 no per Mantovano. Poiché il voto segreto era espresso sulla relazione della Giunta per le autorizzazioni — che proponeva di negare il processo — il “sì” equivaleva a un voto contrario all’autorizzazione. L’ampio margine dei voti favorevoli fa pensare che parte dell’opposizione abbia scelto di sostenere, almeno in parte, la linea della maggioranza.
“Da modesto giurista lo strazio che il Tribunale dei ministri ha fatto delle norme più elementari del diritto è tale da stupirsi che non gli siano schizzati i codici dalle mani, ammesso che li abbiano consultati”, ha dichiarato Nordio dopo il voto. Il ministro ha sottolineato come il risultato “sia andato numericamente oltre le aspettative della maggioranza”, segno che “anche da parte dell’opposizione vi è riluttanza ad affidare alle procure competenze squisitamente politiche”. Ha poi espresso l’auspicio che “il capitolo Bartolozzi si chiuda così come questo”, riferendosi alla sua capo di gabinetto, indagata per false informazioni al pm.
In Aula, il relatore Pietro Pittalis (Forza Italia) ha ribadito che i tre agirono “per un preminente interesse pubblico” e che, per questo motivo, la Camera doveva negare l’autorizzazione a procedere. Ha aggiunto che la richiesta andrebbe estesa anche alla capo di gabinetto del ministro Nordio, Giusi Bartolozzi, “coindagata laica” nel processo.
Dall’opposizione, le critiche sono state aspre. Angelo Bonelli (Avs) ha accusato il governo di aver “costruito una strategia della bugia e della menzogna”, mostrando in Aula immagini di persone torturate e dicendo a Nordio: “Le ha mai viste queste immagini? È inutile che volti la testa… voi avete liberato questo uomo: vergognatevi”.
“Non c’è alcun preminente interesse pubblico in quella liberazione”, ha affermato Enrica Alifano (M5s), secondo cui “il pericolo per l’incolumità degli italiani in Libia era estremamente eventuale e fumoso” e “non era configurabile alcun pregiudizio agli interessi economici dell’Eni”. Consegnare Almasri alla Corte penale internazionale, ha aggiunto, “avrebbe ribadito che l’Italia aderisce a un sistema di valori che non tollera l’impunità di un criminale di quella portata”.
Anche Antonella Forattini (Pd) ha definito la vicenda “una scelta politica consapevole, maturata ai massimi livelli dell’esecutivo, in violazione degli obblighi internazionali dell’Italia”. E ha concluso: “Concedere l’autorizzazione a procedere non significa emettere una condanna, ma riaffermare un principio fondamentale: nessun ministro è al di sopra della legge. La giustizia internazionale non è un optional, ma un dovere morale e giuridico. In democrazia, la forza dello Stato non risiede nella paura, ma nella fedeltà alla legge e alla Costituzione”.
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