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Nel mirino della procura di Reggio Calabria, guidata dal procuratore facente funzioni Giuseppe Lombardo, quattro organizzazioni criminali

Dai 4000 ai 12000 euro per salire, costipati, su imbarcazioni inidonee, attraversare il Mediterraneo, e sbarcare sulle coste calabresi. E’ questo il prezzo che quattro organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani imponevano ai migranti che dalla Turchia partivano per raggiungere, via mare, l’Italia. Questa mattina la Polizia di Stato ha dato esecuzione ad un’ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Procura della Repubblica - Dda di Reggio Calabria, guidata dal procuratore facente funzioni Giuseppe Lombardo, che ha disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di 25 soggetti di nazionalità turca, irachena, georgiana, russa, moldava e ucraina, tutti gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di migranti e del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in concorso, con l’aggravante della transnazionalità, nonché del reato di ricettazione. Denunciati in stato di libertà altri 43 soggetti. L’operazione, denominata “Medusa” è il risultato di una lunga e complessa indagine coordinata dalla Dda di Reggio Calabria e condotta dal Servizio Centrale Operativo e dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, in sinergia con il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia e l’Agenzia Europea EUROPOL. L’indagine è stata avviata nel 2019 analizzando le dinamiche criminali sottese al fenomeno degli sbarchi clandestini di migranti provenienti dalla Turchia e diretti, lungo la rotta del Mediterraneo orientale, verso le coste di Roccella Jonica (RC), Crotone, Lecce e Siracusa, con l’impiego di imbarcazioni a vela condotte da scafisti per lo più russofoni. Di fondamentale importanza si è rivelato il coordinamento tra le Autorità Giudiziarie dei Paesi coinvolti, con l’importante contributo di EUROJUST, e le collaterali Forze di Polizia. Un’attività investigativa complessa, dato l’ampio spazio di azione e i vari paesi coinvolti. Tutte le attività, infatti, sono state svolte all’estero con le immaginabili difficoltà connesse alla traduzione delle numerose lingue straniere intercettate. Sono state, infatti, impegnate decine di interpreti che, quasi in tempo reale, sono stati chiamati ad interpretare i dati derivanti dalle numerose intercettazioni disposte dalla Procura di Reggio Calabria. Emblematica, in tal senso, è stata l’istituzione di ben tre Squadre investigative comuni (Joint Investigation team) con le omologhe Autorità giudiziarie e di polizia georgiane, ucraine e greche. Le investigazioni hanno evidenziato consolidati schemi operativi di traffico di migranti, rispondenti a strutture capaci di gestire l'intera filiera dei viaggi clandestini intrapresi da quanti, desiderosi, come hanno dichiarato  i migranti sbarcati sentiti dagli inquirenti, di migliorare le proprie condizioni. Questi hanno affidato la propria vita ed il proprio denaro a dei trafficanti mossi dall'unico intento di lucrare sul bisogno, sulle speranze e sull'affidamento altrui. 


Dalle coste turche a quelle italiane

L’itinerario cominciava con l’arrivo in Turchia dai vari paesi d’origine, quindi avveniva la sistemazione logistica e la concentrazione in diverse safe houses nella disponibilità del sodalizio criminale, e poi il trasferimento verso l'Italia a bordo di natanti inidonei a contenere il numero dei trasportati. Dalle dichiarazioni assunte dai trasportati è infatti emerso un primo sistema che consisteva nel depositare, in dedicati uffici localizzati nei paesi di origine, delle somme di denaro corrispondenti a svariate migliaia di euro “a garanzia del viaggio"; altre volte il prezzo veniva invece pagato in contanti direttamente ai trafficanti. 
All’esito delle indagini, è stata ricostruita l’operatività di quattro distinte associazioni criminali, tutte con basi all’estero, specializzate nel trasferimento dei migranti – per lo più iracheni, iraniani, afghani e siriani – dalle zone di imbarco turche fino alle coste italiane. In seno alle associazioni, i trafficanti operavano in maniera sinergica fra le molteplici cellule operative ubicate nei diversi Stati, nell’ambito di una rete transnazionale orientata esclusivamente al perseguimento del programma criminoso incentrato sul traffico clandestino di migranti. In particolare, la “frangia ucraina” e la “frangia moldava” avevano il compito di reclutare gli scafisti; la “frangia georgiana” era composta da intermediari finanziari e istruttori della navigazione (la Georgia, infatti, era luogo di addestramento degli scafisti e sede del gruppo operativo, oltre che terminale dei finanziamenti/pagamenti). In ultimo, la “frangia turca”, operativa fra la città di Istanbul (dove venivano raccolti i migranti provenienti dall’Asia Occidentale) e i diversi luoghi di imbarco delle coste turche, con il compito di organizzare le partenze e gestire i rapporti con i migranti da trasportare ed i loro parenti. Gli skipper venivano inviati nelle zone di imbarco, situate principalmente nelle aree costiere vicine alle città di Bodrum, Izmir e Marmaris, dove venivano nel frattempo convogliati i migranti intenzionati a raggiungere le coste italiane. Le traversate venivano affrontate a bordo di barche a vela di circa 12/15 metri, che venivano sovraccaricate di migranti in modo da massimizzare i profitti. Per un giro d’affari quantificato nell’ordine dei dieci milioni di euro a fronte di più di trenta sbarchi ricostruiti e quasi duemila cittadini stranieri irregolari approdati sulle coste nazionali. Sotto il profilo economico, il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva a carico di 22 partecipi delle diverse associazioni il sequestro delle somme di denaro costituenti profitto del reato, per un ammontare complessivo di 3.360.000 Euro.

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