Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Esiste una strategia di lungo periodo, orchestrata principalmente dagli Stati Uniti e dalle potenze occidentali, volta a preservare un ordine globale unipolare incentrato sull’egemonia statunitense, contrastando l’ascesa di potenze rivali come Cina, Russia e i Paesi BRICS. L’Iran, in questo contesto, rappresenta un obiettivo strategico cruciale per diverse ragioni.
È quanto sostiene Francesco Sylos Labini in un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano in cui si riassumono gli eventi facendo parte di questo “Filo Rosso” che conduce verso la guerra atomica.
“Gli Stati Uniti dopo la débâcle in Ucraina – oggi praticamente scomparsa dall’orizzonte mediatico – devono riaffermare la propria forza militare per sostenere l’economia nazionale e il ruolo del dollaro negli scambi internazionali e come bene rifugio, un ruolo che sta visibilmente perdendo terreno. Per un Paese la cui economia si fonda sul predominio finanziario, ciò è semplicemente inaccettabile. La vera domanda, dunque, non è fino a che punto i governi occidentali siano disposti a spingersi con politiche belliciste e fallimentari, ma se abbiano ancora la capacità di immaginare un’alternativa”. “Tutto lascia intendere che altre opzioni non vengano nemmeno prese in considerazione. Si tratta di una visione claustrofobica e pericolosamente autoreferenziale, espressione di una ristretta élite sempre più scollegata dalla realtà storica, sociale ed economica del mondo contemporaneo. A questo punto, la questione che resta aperta è drammatica: sarà davvero capace di condurre il mondo verso una guerra nucleare?”
C’è una data di inizio: gli attentati dell’11 settembre 2001 avrebbero fornito il pretesto per un piano statunitense di intervento militare in sette Paesi (Iraq, Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan, Iran) con l’obiettivo di rimodellare il Medio Oriente e altre aree strategiche. Questo piano è stato motivato non solo da questioni di sicurezza (come il terrorismo o il nucleare), ma da interessi geopolitici ed economici, in particolare il controllo delle risorse e il contenimento di potenze emergenti.
“L’Iran figura come ultimo obiettivo di questa lista: tutti gli altri Paesi hanno già subito profondi sconvolgimenti, cambi di regime e devastanti guerre civili. L’esportazione della democrazia, come oggi il pericolo nucleare iraniano, si è rivelata una tragica copertura retorica per legittimare, agli occhi dell’opinione pubblica occidentale, una strategia imperniata su interessi geopolitici ed economici che rispondono a un obiettivo ben definito: il contenimento della Cina e, più in generale, del rafforzamento economico e politico dei Paesi Brics”.
Destabilizzare l’Iran, come già fatto con altri Paesi della lista di Clark (es. Iraq, Siria, Libia), servirebbe a contenere l’espansione economica e politica della Cina, che dipende fortemente dal petrolio iraniano, e a rallentare l’ascesa di un mondo multipolare. “Zbigniew Brzezinski, ex consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente Carter, nel suo celebre libro La grande scacchiera, sosteneva che l’Eurasia rappresenta la chiave per il dominio globale, in virtù della sua estensione geografica, delle sue immense risorse naturali e della densità della sua popolazione. Brzezinski identificava in una possibile alleanza tra Russia e Cina l’unica vera minaccia all’egemonia globale statunitense. Per questo motivo propose una strategia articolata in cinque fasi: il controllo dell’Ucraina, la separazione dell’Europa dalla Russia, la sottomissione della Russia, la neutralizzazione dell’Iran e infine l’isolamento della Cina” scrive Francesco Sylos Labini. Inoltre, sempre sul lato del Medio Oriente, Israele viene descritto come un attore regionale che agisce in coordinamento con gli interessi occidentali, ma con risorse limitate che lo rendono dipendente dal supporto economico e militare dell’Occidente per affrontare un conflitto con l’Iran.
Il tutto accade mentre “un leader come Netanyahu ha sia un interesse personale di sopravvivenza politica sia l’obiettivo di eliminare i rivali regionali” per continuare ad innescare nuove guerre. Il cancellerie tedesco, Merz, ha dichiarato che Israele “fa il lavoro sporco per noi”, con “i suoi 9,7 milioni di abitanti contro i 91 dell’Iran e un Pil paragonabile a quello della Lombardia”. Ergo prima o poi l’America sarà destinata a entrare in guerra, con tutta la Nato al suo seguito.

Fonte: Ilfattoquotidiano.it

ARTICOLI CORRELATI

Oltre la sconfitta, anche la beffa: l'Iran sospende la cooperazione con l'AIEA

Cessate il fuoco tra Teheran e Tel Aviv. La Terza Guerra Mondiale va in stand by

Iran-Israele: Trump annuncia tregua dopo l'attacco alla base Usa, ma già traballa

L’Iran pronto a una dura risposta: il parlamento approva la chiusura dello stretto di Hormuz

  

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos