Le stragi del 23 maggio e del 19 luglio 1992, rappresentano due degli eventi più tragici e oscuri della storia repubblicana recente
Professor Musacchio ci spiega in parole molto semplici il concetto di “menti raffinatissime”?
Su questa definizione Giovanni Falcone fu chiarissimo. “Sono soggetti che eterodirigono la mafia dall’esterno”. Il che, ovviamente, non esclude margini di manovra autonomi di quest’ultima. Falcone però aveva compreso, in anticipo su tanti, l'esistenza di concorrenti esterni all’associazione mafiosa che si muovevano nei gangli della politica, dell'economia, della finanza, delle associazioni segrete, dei servizi deviati e delle massonerie. Professionisti intelligenti e in grado di elaborare strategie criminali complesse e occulte.
Secondo il suo parere queste persone hanno avuto un ruolo nelle stragi in cui morirono Falcone e Borsellino?
Secondo me furono parte integrante di quegli eventi stragisti in combutta con la criminalità organizzata, una parte infedele dei servizi segreti e la massoneria deviata. Queste "menti raffinatissime" hanno avuto un ruolo decisivo nelle stragi di Capaci e via D’Amelio e non solo in quelle.
Cosa la porta ad una simile affermazione?
Un evidente comune denominatore: i depistaggi. Pentiti manipolati, silenzi, omissioni e false testimonianze che hanno caratterizzato i vari processi sulle stragi e impedito, di fatto, che si potesse raggiungere la verità e ottenere giustizia. Vogliamo parlare delle manomissioni e delle mancanze di dati contenuti nei computer e nelle agende di Falcone? Dell’utilizzo dei falsi pentiti per depistare le indagini (Scarantino per tutti)? Della sparizione dell’agenda rossa di Borsellino? E mi fermo qui ma potrei ancora continuare poiché credo che i depistaggi non siano ancora terminati.
A cosa si riferisce?
Ad esempio alle indagini in corso presso la Procura della Repubblica di Caltanissetta e di Firenze. Alle perquisizioni disposte per verificare se Arnaldo La Barbera consegnò l'agenda rossa e la borsa di Paolo Borsellino all'allora procuratore Giovanni Tinebra. Ai verbali ritrovati dell'epoca che stranamente non furono mai esaminati e allegati alle indagini passate. Alla ricerca di prove che Tinebra sarebbe stato iscritto a una loggia massonica coperta. E questo sono solo alcuni piccoli spunti.
In conformità a quanto abbiamo detto, esiste un perché sulle stragi di Capaci e via D’Amelio?
Le stragi di Capaci e via D'Amelio, come tantissimi altri attentati, rappresentano un capitolo oscuro della storia italiana che temo resterà tale ancora per molto tempo. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a mio parere, furono assassinati perché rappresentavano un ostacolo insormontabile per la mafia e soprattutto per i suoi concorrenti esterni. Le loro indagini stavano conducendo a esponenti politici, per cui le stragi sono diventate un “atto dovuto” per impedire nuove indagini che avrebbero potuto coinvolgere ambienti politici e imprenditoriali di alto livello istituzionale.
Lei quindi è scettico sul perseguimento della verità su queste stragi?
Se vedo il presente e mi volto indietro guardando al passato, sono molto scettico. Vorrei essere ottimista e fiducioso per il prossimo futuro. Il mio scetticismo, purtroppo, rimarrà granitico fino a quando i mafiosi e i loro sodali siederanno in Parlamento, saranno ministri e presidenti di Regione, banchieri, finanzieri e saranno perfettamente integrati con i vertici della politica, dell’economia e della finanza. Mi auguro tantissimo che un giorno i nostri giovani supereranno il decadimento morale e culturale in cui è sprofondata l’Italia. Solo allora forse potremo anelare verità e giustizia su quel momento storico oggi purtroppo sempre più oscuro.
Vincenzo Musacchio, criminologo, docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro ordinario dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.
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