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Figura chiave tra ultras, criminalità e ambienti neofascisti, Piscitelli ha pagato con la vita la sua ascesa criminale 

Dopo sette anni di indagini e processi, la sentenza sull’omicidio di Fabrizio Piscitelli - noto come Diabolik - ha chiarito le ragioni alla base della sua esecuzione. Alla guida di una rilevante organizzazione criminale attiva soprattutto nel narcotraffico, Piscitelli non era solito rispettare le “regole”, anche gerarchiche, dell’ambiente criminale romano. Non si piegava, ad esempio, all’autorità di Michele Senese, detto ’O Pazzo, boss storico che, pur detenuto da anni, continuava a incassare una parte dei profitti della droga grazie ai suoi sodali.

La sentenza di primo grado relativa all’omicidio, avvenuto il 7 agosto 2019 al Parco degli Acquedotti, ha condannato all’ergastolo Raul Esteban Calderon, ritenuto esecutore materiale del delitto. Una condanna basata su un consistente impianto probatorio composto da testimonianze, messaggi, video, analisi balistiche e biometriche, oltre alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. La Corte - secondo quanto riferito da Repubblica - non si è limitata a identificare il sicario, ma ha ricostruito con chiarezza il contesto criminale, offrendo anche una lettura delle reazioni scatenate dalla morte di Diabolik.

Piscitelli non era soltanto il leader degli Irriducibili, la frangia ultras della Lazio, ma anche una figura legata all’estrema destra e al crimine organizzato romano, in particolare, la “batteria degli albanesi di Ponte Milvio”. Aveva assunto un ruolo centrale come mediatore tra fazioni in conflitto, ma il suo atteggiamento esuberante e provocatorio aveva iniziato a infastidire molti, al punto da renderlo un bersaglio mobile. Così, la sera del 6 agosto, fu deciso il suo destino. Il giorno dopo, venne freddato con un colpo alla nuca. 

Resta ora da chiarire tutto quello che gravita attorno ai mandanti. Con ogni probabilità, dietro la sua morte si celano motivazioni di grande peso criminale, come rilevanti sono le persone che l’hanno decisa. L’agenda ritrovata nella Jeep del suo autista offre uno sguardo prezioso sul mondo in cui si muoveva: una rete di contatti che spaziava dalla criminalità all’imprenditoria, dai neofascisti ai trafficanti, includendo anche incontri con figure istituzionali. Tra le annotazioni più significative compaiono appuntamenti con personaggi come Alessandro Capriotti, noto narcotrafficante, e persino il nome di Luigi Ciavardini, ex terrorista dei Nar. 

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