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Il monito del direttore Beniamino Fazio durante la presentazione della relazione semestrale

Il ponte sullo Stretto di Messina resta una delle infrastrutture più controverse d’Italia. Ma al di là del dibattito politico, tecnico e ambientale - financo quello geostrategico (visti gli interessi della NATO sul progetto) -, nei giorni scorsi Beniamino Fazio, direttore della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro ha lanciato un allarme: “Nessuna infiltrazione della ‘Ndrangheta nel ponte? Ve lo potete levare dalla mente”.
Durante una conferenza stampa convocata per illustrare la relazione annuale della Dia di Catanzaro, il dirigente ha detto senza mezzi termini: “Voi sapete che c’è un mondo…. io vi dico soltanto che gli appetiti della ‘Ndrangheta sono fortissimi da sempre sullo Stretto. Se voi pensate che il ponte sullo Stretto di Messina si possa fare tranquillamente, senza che la ‘Ndrangheta metta lo zampino ve lo potete levare dalla mente. Perché sullo Stretto di Messina la ‘Ndrangheta ha sempre pesato e inciso nel tempo”.
E non è solo l’ala militare della ‘Ndrangheta ad avere forti interessi sul ponte. E l’influenza non è solo sul versante calabrese. “Lo Stretto di Messina è particolare - ha detto -: non si parla soltanto di ’Ndrangheta militare. Stiamo parlando anche di livelli superiori. Sul ponte voi dovete immaginare che l’influenza della ’Ndrangheta a Villa San Giovanni è pesantissima. E non è un problema solo di Villa San Giovanni”.
Lo scenario delineato dall’investigatore della Dia è quello di una criminalità organizzata strutturata, articolata e trasversale. “Le cosche si mettono d’accordo per la spartizione. Considerate che Messina comunque è una diramazione della ‘Ndrangheta. Messina è un territorio particolare: nel lato nord c’è l’influenza dei barcellonesi e quindi dei palermitani, zona sud influenza dei ‘santapaoliani‘ e quindi dei catanesi. Al centro c’è storicamente l’influenza della ‘Ndrangheta”.
E ancora: “Ci sono queste cosche che in maniera asfissiante controllano il territorio. Ma poi c’è un livello diverso, quelli con giacca e cravatta che rappresentano la dimensione affaristico-imprenditoriale del fenomeno. Poi c’è ancora un altro livello, quello inserito nelle logge massoniche. Non lo dimentichiamo che la ‘Ndrangheta utilizza la loggia massonica da più di 30 anni come strumento attraverso il quale tessere rapporti con le istituzioni deviate, con politici e imprenditori. È da più di 30 anni che funziona così”.

Foto © Imagoeconomica

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