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L’azienda spiega di aver rescisso il contratto con l’Italia perché le autorità hanno scelto di non procedere con le verifiche 

 “L'azienda - si legge nella nota di Paragon - ha offerto al governo e al Parlamento italiano un modo per determinare se il suo sistema fosse stato utilizzato contro il giornalista in violazione della legge italiana e dei termini contrattuali. Ma, poiché le autorità italiane si sono chiamate fuori, Paragon ha rescisso i suoi contratti in Italia”.  È questa la ricostruzione fornita dall’azienda israeliana Paragon Solutions, produttrice del software di livello militare “Graphite”, utilizzato per spiare diverse utenze in Italia, tra cui quella del direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato. Quando la questione è emersa, le autorità italiane hanno subito escluso ogni loro responsabilità. In un secondo momento, tuttavia, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (COPASIR), dopo aver condotto un’indagine, ha dichiarato in una relazione al Parlamento che i servizi segreti italiani - Aise e Aisi, rispettivamente per l’estero e per l’interno - avevano interrotto i rapporti con Paragon dopo aver scoperto che lo spyware era stato utilizzato su dispositivi non autorizzati, incluso quello di Cancellato. Peccato che, di recente, sia intervenuta la stessa Paragon a fornire una versione completamente opposta. L’azienda israeliana ha infatti spiegato di aver deciso di rescindere il contratto con l’Italia proprio perché il governo italiano avrebbe rifiutato di collaborare a una verifica per accertare chi avesse usato il software contro Cancellato, altri giornalisti e attivisti, e soprattutto in che modo. Paragon ha inoltre smentito un’altra affermazione del COPASIR, secondo cui l’azienda non avrebbe alcun controllo sull’uso dei suoi strumenti e non saprebbe chi venga spiato. Al contrario, la società ha lasciato intendere di avere almeno un margine di consapevolezza, o di possibilità di verifica, sull’impiego del proprio software. 
Nella stessa relazione, il COPASIR ha comunque confermato di aver spiato alcuni attivisti, tra cui Luca Casarini, Giuseppe Caccia e David Yambio, sottolineando che alcuni dispositivi sarebbero stati intercettati per ragioni di sicurezza nazionale. In particolare, per motivi legati all’immigrazione clandestina, alla lotta al terrorismo e al contrabbando. Resta il fatto che lo stesso Casarini ha sollevato un ulteriore punto: il suo nome risulterebbe sotto osservazione da ben cinque anni. Ha inoltre fatto notare che l’attivazione del contratto con Paragon è avvenuta proprio nel periodo in cui si preparava a partecipare al Sinodo voluto da Papa Francesco, lasciando così intendere una possibile connessione politica o ideologica. 
Insomma, la verità sembra ancora lontana. Da un lato c’è Paragon, che accusa l’Italia di non aver voluto davvero indagare su chi abbia spiato illegalmente determinate utenze, tra cui quella del giornalista di Fanpage. Dall’altro, il Copasir difende l’operato dei servizi segreti italiani. La domanda, dunque, resta ancora senza risposta: chi ha spiato chi? 

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