"Il punto di vista dei familiari delle vittime è assolutamente comprensibile, a loro si può soltanto umanamente dare ragione e nessuno più di me gli è vicino". Lo spiega alla Stampa l'ex magistrato Gian Carlo Caselli che, insieme al collega Alfonso Sabella, catturò Giovanni Brusca il 20 maggio del 1996. Ora il capomafia che azionò il telecomando della strage di Capaci è tornato libero. "Però quando uno Stato emana una legge, questa tra l'altro fortemente voluta da Giovanni Falcone - ricorda -, che promette sconti di pena a chi collabora in maniera significativa, uno Stato credibile rispetta gli impegni". Brusca è stato un assassino spietato, ricorda l'ex magistrato. "È stato colui che, dopo l'arresto di Riina, fu protagonista, insieme a Matteo Messina Denaro e Leoluca Bagarella, della strategia degli attentati continentali a Firenze, Roma e Milano: 10 morti e 106 feriti - prosegue -. Ma è stato anche un capomafia che, durante la sua collaborazione, non ha solo confessato i tantissimi omicidi da lui, e da altri, commessi, ma ha fatto rivelazioni anche sui rapporti tra Cosa Nostra, politica e istituzioni". Inoltre, grazie alla sua collaborazione con la giustizia, è stato possibile accendere un faro sulle connessioni della mafia con la politica. "Rapporti che sono, come tutti quelli con pezzi del mondo legale, la spina dorsale delle organizzazioni come Cosa Nostra garantendo coperture e complicità - evidenzia -. In particolare, durante le udienze del processo Andreotti, ha parlato delle relazioni di Cosa Nostra con l'onorevole Salvo Lima, con l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, coi cugini Salvo. E del rapporto di costoro con Giulio Andreotti". Brusca è anche l'uomo che sciolse nell'acido Giuseppe Di Matteo, un ragazzino di 15 anni, figlio del pentito Santino Di Matteo, punito per aver collaborato con la giustizia. Oggi molti si chiedono se una persona come lui abbia davvero il diritto di rifarsi una vita. "Qui rispolvero la mia componente cattolica. La legge del taglione non c'è più. Bisogna sforzarsi di vincere il male col bene - conclude Caselli -. Non è buonismo, i delitti restano delitti e vanno puniti secondo le leggi, ma bisogna evitare ogni spirale vendicativa che inasprisce i problemi impedendone ogni soluzione".
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